L’Aquila dal 2009 sembra davvero in preda agli squali. Ilfattoquotidiano.it ha intervistato in esclusiva due protagonisti di questa storia. L’imprenditore Daniele Lago, accusato di corruzione, che ha raccontato alla procura di aver pagato 60mila euro, a un suo socio, per essere aiutato in un appalto. “A l’Aquila non era possibile lavorare in maniera onesta – dice – e nel 2010 la mia impresa ha lasciato la città. Gli unici appalti che ho vinto – tiene a sottolineare – me li sono aggiudicati in maniera onesta”. Secondo l’accusa, per altri lavori in affidamento diretto, mai ricevuti, Lago avrebbe pagato ancora. Mazzette anche all’ex vice sindaco Roberto Riga che, interrogato, ha negato di aver mai commesso alcun reato. Per gli inquirenti invece “Lago, per il tramite di Pierluigi Tancredi, prometteva a Riga, che accettava, il versamento della somma di 30mila euro affinché interferisse, per garantirgli l’acquisizione dei lavori di messa in sicurezza” di un immobile. È un dettaglio importante: l’immobile in questione appartiene all’aggregato del consorzio Alto.Ma.C. e Tancredi, come vedremo, secondo l’accusa è il perno di questo sistema. “Non ho mai ricevuto lavori dagli indagati”, dice Lago, ed è un fatto che Tancredi non fosse soltanto sul suo “libro paga”.
Altri appalti nel mirino della procura
Lo stesso Tancredi viene infatti pagato, con 37mila euro, da un’altra società, la Mancini srl, che si occuperà proprio dell’aggregato Alto.Mac. Ilfattoquotidiano ha provato a chiedere, alla Mancini srl, perché versasse soldi a Tancredi ma non è stato possibile parlare con il titolare dell’impresa a l’Aquila, Massimo Mancini, che non è indagato e ieri è stato interrogato dai pm. Anche questo lavoro, affidato alla Mancini srl, quindi, è nel mirino della procura. E la Mancini srl s’è aggiudicata, soltanto a l’Aquila, appalti per circa 8 milioni di euro. Che a l’Aquila, la sensazione, fosse quella di dover partecipare a un “sistema”, per poter lavorare, lo racconta anche l’ingegnere Massimo Pietrobon accompagnò Lago il giorno in cui pagò i 60mila euro: fu proprio l’imprenditore, che voleva un testimone della “mazzetta”, a chiedergli di stare al suo fianco: “Ho lasciato l’Aquila – dice Pietrobon – perché quel progetto, per il quale pagammo 60mila euro, era tra i migliori che avevo mai realizzato. Non sono fatto per questo tipo di situazioni…”. Pietrobon è stato ascoltato dalla procura aquilana come persona informata sui fatti: la sua è stata una testimonianza preziosa ai fini dell’indagine. E quindi, per raccontare il clima della ricostruzione, partiamo proprio dal racconto di Pietrobon e Lago: c’è una vicenda esemplare, negli atti della procura aquilana: riguarda addirittura una “finta” tangente.
Soldi veri, mazzette finte
La società Steda di Daniele Lago presenta un’offerta per la fornitura dei M.A.P. – moduli abitativi provvisori in legno – e la deposita presso il dipartimento della Protezione Civile. La Steda opera in associazione con la Mercatone Uno Service, rappresentata da Pasquale Macera, e il primo luglio 2009, all’apertura dei verbali, si scopre che l’offerta è stata accettata con “riserva”. A quel punto – secondo la ricostruzione dell’accusa – entra in gioco Macera che “percepisce la possibilità di un affare rapido in danno di Lago”. Qual è l’affare? Far credere a Lago che, con il suo intervento, la “riserva” sarebbe caduta e quindi, la Steda, avrebbe vinto l’appalto. L’intervento di Macera però ha un costo: 60mila euro. “Per rimuovere la “riserva” sarebbe stato necessario ricompensare un pubblico ufficiale, pagando una tangente di 60 mila euro, pari allo 0.2 per cento dell’appalto valutato in circa 30 milioni di euro”. E Lago paga.
Il punto è che la “riserva”, secondo l’accusa, era già caduta comunque: in sostanza Lago aveva già vinto ma non lo sapeva. Scrive il Gip: “É più logico ritenere che Macera, grazie alla sua rete di conoscenze, dopo aver appreso dell’ammissione, abbia semplicemente tratto in inganno Lago, millantando la conoscenza del funzionario, e lo abbia indotto a credere che solo tramite sua corruzione si poteva vincere la gara di appalto. In realtà emerge che era già stato ammesso il Raggruppamento temporaneo d’impresa facente capo alla Steda s.p.a”. Ecco perché Macera ha tanta fretta di convincere Lago: “Questo giustificherebbe anche l’atteggiamento di Macera: da un lato aveva esercitato pressioni per ottenere in tempi rapidi i 60 mila euro (considerando che nel giro di due giorni la commissione avrebbe comunicato alla Steda s.pa. l’esito favorevole all’ammissione alla gara), dall’altro aveva emesso un assegno di 60mila euro, pari al controvalore della somma consegnata da Lago, perché sicuro dell’esito delle valutazioni della commissione che aveva rimosso la riserva all’ammissione alla gara”. Macera, però, non è l’unico uomo al quale Lago si rivolge. C’è anche Pierluigi Tancredi, arrestato dalla procura aquilana, guidata da Fausto Cardella, nelle indagini condotte dai pm David Mancini e Antonietta Picardi.
Un dipendente della Asl molto influente
Ex consigliere comunale del Pdl, Tancredi è un dipendente della Asl di L’Aquila che, però, durante la ricostruzione incassa soldi per la sua attività commerciale: “Procacciava clienti”, spiega Lago, nell’intervista. L’imprenditore non accusa Tancredi, ma è la squadra mobile aquilana, guidata da Maurilio Grasso, che scopre gli intrecci tra Tancredi, Macera e due ex assessori, Vladimiro Placidi (in quota centrodestra) e Roberto Riga (in quota al centrosinistra). Secondo l’accusa, il rapporto tra Lago e Tancredi, non era quello tra un imprenditore e un “semplice” procacciatore di clienti: Tancredi era invece “un punto di riferimento” per “interferire” e “orientare”, secondo i propri interessi, “importanti uffici della Pubblica amministrazione”. L’obiettivo: gli affidamenti dei lavori di puntellamento e la messa in sicurezza degli edifici. Secondo l’accusa, quindi, Tancredi s’impegna a favorire la Steda Spa e in cambio ottiene la promessa – e anche la dazione – di denaro e altre utilità. Con questo fine – ricostruiscono gli inquirenti – nasce persino una società – la DA.MA. Consulting s.r.l. – con il seguente tariffario: un fisso mensile di euro 7.200, un compenso del 7 per cento per lavori fino a mezzo milione di euro, un compenso del 3 per cento per lavori fra i 5 e i 10 milioni. La società – secondo l’accusa – è riconducibile a Tancredi.
Lago ci spiega: “Avevo con Tancredi un normale rapporto di lavoro e, peraltro, non mi ha mai portato alcun lavoro”. Soldi buttati quindi? Secondo l’accusa, qualche vantaggio, Lago l’avrebbe ottenuto comunque: Tancredi è intervenuto per “convincere” alcuni sindaci a non denunciare i ritardi nei lavori affidati alla Steda. Ritardi che potevano costare, all’azienda di Lago, anche 400mila euro al giorno. E secondo l’accusa fu proprio Tancredi a convincere i sindaci di Barisciano, Fagnano e Pizzoli, a “desistere dall’attivare iniziative che avrebbero potuto intralciare i lavori o ritardarli, con notevoli pregiudizi economici e d’immagine per la Steda S.p.A”.
Video di Gisella Ruccia