L’inchiesta della Procura di Torino sui protagonisti del metodo Stamina, che da mesi sta dividendo l’Italia, è agli sgoccioli e a breve si attende l’avviso di conclusione delle indagini. Sul tavolo del procuratore Raffaele Guariniello, che indaga Davide Vannoni e soci per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di farmaci pericolosi, c’è anche l’indagine condotta dai Nas che suggeriscono la custodia in carcere per il patron. In procura non hanno ancora deciso e al momento tutte le opzioni sono valide, ma, quel che è certo è che i tempi in cui quella terapia veniva salutata come in grado di sconfiggere malattie incurabili sono ormai lontani.

Lo sa bene Riccardo Iacona che ieri sera a Presadiretta ha mandato in onda un’inchiesta sul metodo Stamina. “Spero di aver riparato alla brutta figura che ha fatto la televisione”, dice al Fatto Quotidiano. Sì, perché, secondo lui, il piccolo schermo ha una grave responsabilità: “Quella di aver raccontato senza filtro i drammi dei bambini malati, come Celeste e Sofia, che sono stati la testa d’ariete con cui la metodica di Vannoni è arrivata all’opinione pubblica”. Una spettacolarizzazione del dolore che ha rubato il posto alle evidenze scientifiche. E che, secondo il conduttore, è arrivata a un passo dal piegare la politica: “Tant’è che la prima versione del decreto Balduzzi prevedeva l’ingresso del metodo nel Servizio sanitario nazionale, senza che ci fosse nessuna prova della sua efficacia”.

Al contrario, a Presadiretta va in scena lo scontro fra la comunità scientifica internazionale, che considera il “metodo” una truffa, e la Stamina Foundation, in prima linea a difendere la bontà delle loro cure. Si raccontano le battaglie legali di chi vuole accedere alla terapia e chi invece l’ha fatta e, sentendosi truffato, chiede giustizia. Iacona descrive anche chi è l’inventore di Stamina: “Uno che sostiene di aver creato un elisir in grado di curare 25 patologie diverse”. Sarà anche perché nessuno sa ancora cosa ci sia esattamente dentro quegli infusi di cellule, come sostiene Elena Cattaneo. La senatrice a vita, ricercatrice di fama mondiale nel campo delle staminali, “per la prima volta in televisione” racconta ciò che pensano gli scienziati: all’interno dei protocolli non c’è niente di scientifico perché la ricerca non è ancora in grado di trasformare le cellule mesenchimali in neuroni capaci di riparare i danni provocati da malattie neurodegenerative.

Una tesi che hanno imparato sulla loro pelle i malati e le loro famiglie ai quali Vannoni aveva promesso la guarigione in cambio di cospicue somme di denaro. Come la famiglia De Matteis che paga 50 mila euro per il trattamento senza ottenere risultati per la figlia. Oppure Carmine Vona, ambulante di Cuneo parzialmente paralizzato da un ictus. In cambio di 27 mila euro fa un’iniezione credendo di recuperare tutte le funzionalità, ma subito dopo viene colto da un attacco epilettico e ricoverato. Qualche giorno dopo vede ancora Vannoni che gli presenta un modulo per ritrattare quanto dichiarato ai medici del pronto soccorso: “Dovevo dire che si trattava di un prelievo e non di un’iniezione”.

Ex-paziente Vannoni: “Truffato e spinto a ritrattatare mie dichiarazioni”

Iacona racconta anche le responsabilità di una certa politica che ha dato credito a Stamina. A partire da quella lombarda, unica regione che ha introdotto la metodica in una struttura pubblica: gli Spedali Civili di Brescia. È il 28 settembre 2011 e il personaggio chiave è Luca Merlino, direttore vicario della Sanità del Pirellone che al Fatto Quotidiano assicura di aver mantenuto una posizione di terzietà. Ma è il numero due di Stamina, Mario Andolina, a sbugiardarlo a Presadiretta: “Un dirigente della Regione afflitto da una malattia neurologica ha pensato che potevamo curarlo e ha favorito l’ingresso del nostro metodo nell’ospedale”.

Inascoltati i “saggi” della Sanità di Regione Lombardia

Ora che tutti o quasi si sono resi conto di cosa è Stamina e di chi è il suo inventore è una rincorsa allo scaricabarile. “I tempi sono maturi – conclude Iacona – e da un momento all’altro l’inchiesta di Torino verrà chiusa. Mi auguro che la commissione appena nominata dal ministro della Salute agisca velocemente perché qui è in gioco la salute delle persone”. Dal canto suo Beatrice Lorenzin annuncia battaglia: “Se Vannoni ci ha dato un protocollo diverso da quello di Brescia è una truffa allo Stato”.

Da Il Fatto Quotidiano del 14 gennaio 2014

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