Da giorni, la stampa estera se ne sta seduta sull’argine ed aspetta di vedere quale cadavere (politico) il fiume Italia si porterà giù per primo: quello di Letta, o quello di Renzi. E, intanto, c’è chi giura d’avere avvistato il cadavere (politico) di Berlusconi, che molti credevano ormai arrivato al mare, risalire la corrente.

I corrispondenti esteri devono ancora trovare il loro latino nel nuovo quadro istituzional-partitico italiano. E né Letta né Renzi sono (già?) personaggi così universalmente noti da fare notizia appena fanno qualcosa, cioè parlano ‘perché fare è un’altra storia’.

Così The Economist s’avvita a cercare di spiegare, nel tentativo di spiegarseli, “i tempi turbolenti del centro-sinistra italiano”, partendo dalle dimissioni del vice-ministro Fassina che “contava più della maggior parte degli altri ministri perché rappresentava la coscienza di sinistra del Pd nella coalizione sinistra-destra di Enrico Letta”.

Chi ha votato Renzi alle primarie di dicembre potrebbe stancarsi – scrive The Economist – se non vede subito il cambiamento – ma basterebbe un cambiamento. Renzi ha, quindi, una motivazione per andare al voto. Ma, per farlo, ha bisogno di una legge elettorale. E, per farne una, ha bisogno di Berlusconi, che, malgrado sia condannato e decaduto, “ha ancora delle carte da giocare”. Il tutto seguendo un percorso un po’ troppo ‘a sistema binario’ per essere italico, che trascura Napolitano e non considera Grillo.

Se sull’evoluzione della politica la stampa estera sospende il giudizio, sull’andamento dell’economia oscilla tra l’ironia, di fronte agli annunci di ripresa puntualmente smentiti dai dati, e la sorpresa, coi mercati che vanno su e lo spread che cala a conferma dello iato tra finanza e realtà.

Sempre The Economist propone un grafico che mostra come, negli anni dell’euro, il pil pro capite della Germania è salito del 20% e quello dell’Italia è calato del 3%. Il Financial Times si fa scherno delle pretese di crescita dell’Italia, citando esperti secondo cui “la risalita sarà lenta e ci vorrà tempo prima che produca posti di lavoro”. Mentre il Wall Street Journal constata che l’anno di Borsa inizia bene per l’Italia, con lo spread che scende sotto 200 per la prima volta dopo 30 mesi. E Le Figaro si stupisce che l’Italia, nonostante le riforme da fare, stia riacquistando la fiducia dei mercati, malgrado l’inerzia strutturale, i 3,2 milioni di disoccupati e un debito pubblico tra i più pesanti, secondo solo al Giappone fra le grandi economie occidentali. Che l’economia sia stupida, comunque vada?

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