La Corte costituzionale disfa sistematicamente la tela di Penelope intessuta dai giudici penali. Tribunali, Corti d’appello e Cassazione avevano riconosciuto la possibilità di condannare alcuni dei responsabili del rapimento di Abu Omar, l’ex imam sequestrato a Milano nel 2003 da uomini della Cia, con il sostegno logistico degli agenti del Sismi, il servizio segreto militare. È una delle tante “extraordinary renditions” realizzate nel mondo dagli americani, dopo l’11 settembre. L’unica ad aver trovato giudici che hanno indagato, individuato i responsabili, celebrato processi e comminato condanne. Con gli elogi del Consiglio d’Europa, che nel 2007 approva una risoluzione che condanna la pratica delle “renditions” e l’uso del segreto di Stato per coprire così gravi violazioni dei diritti umani.
Ma i governi italiani (nell’ordine: Prodi, Berlusconi, Monti, Letta) hanno tutti sollevato conflitti d’attribuzione tra poteri dello Stato, sostenendo che i magistrati non possono nei loro processi usare materiali coperti dal segreto di Stato. Sette conflitti d’attribuzione sono stati discussi dalla Consulta su questo tema. Per gli ultimi due, quelli sollevati dai governi Monti e Letta, la decisione è arrivata ieri, con l’accoglimento dei ricorsi avanzati dalla presidenza del Consiglio contro la Cassazione che aveva annullato le prime assoluzioni e contro la Corte d’appello di Milano che, in un nuovo processo di secondo grado, aveva condannato per sequestro di persona cinque uomini del Sismi, tra cui il direttore del servizio Nicolò Pollari e il suo braccio destro Marco Mancini (a 10 e 9 anni).
Ieri, all’udienza pubblica sul caso, era assente uno dei giudici costituzionali, Giuliano Amato, che nel 2007 era ministro dell’Interno del governo di Romano Prodi e con lui aveva sollevato i primi ricorsi davanti alla Consulta contro i magistrati milanesi che si stavano occupando dell’indagine Abu Omar. Gli avvocati dello Stato Raffaele Tamiozzo e Massimo Giannuzzi hanno sostenuto che “la Cassazione ha sbagliato”. I giudici della Consulta hanno accolto la loro tesi e ora, in forza della nuova decisione, è possibile che la Cassazione, chiamata a decidere il 24 febbraio se confermare o annullare le condanne a carico di Pollari, Mancini e degli altri tre ufficiali del Sismi, annulli con rinvio: si dovrebbe così celebrare un nuovo processo d’appello (il terzo).
In questo caso, la prescrizione arriverebbe a risolvere i conflitti che il ping pong tra magistratura e governi non ha saputo comporre. Da una parte la procura di Milano e i giudici di Corte d’appello e Cassazione, che sostenevano la possibilità di condannare gli imputati, perché il segreto di Stato non può coprire un reato così grave come il sequestro di persona. Dall’altra i governi che si sono succeduti, i quali hanno tutti sostenuto che non è coperto da segreto di Stato “il fatto storico sequestro di Abu Omar”, ma lo sono i documenti sugli accordi internazionali in tema di contrasto al terrorismo e sui rapporti tra servizi italiani e stranieri, “ancorché in qualche modo collegati con il fatto storico noto come sequestro Abu Omar”. La Corte costituzionale ha fatto sponda con i governi, di fatto impedendo l’utilizzo nei processi delle prove necessarie per arrivare a sentenze di condanna. In questo palleggio, è probabile che a chiudere il cerchio arrivi, all’italiana, la prescrizione.
Il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2014