Anche quella che fu la Regione, l’Emilia Romagna, più virtuosa di tutte, continua ad avere i suoi guai giudiziari. E dopo quelli che si sono abbattuti sul consiglio regionale ora tocca anche alla giunta. La Corte dei conti ha infatti condannato il presidente della Regione Vasco Errani e la sua giunta alla restituzione di una somma totale di 150mila euro, erogati ad alcuni dirigenti dell’ente in violazione delle norme. La sentenza, che accoglie in pieno la richiesta della procura, non riguarda l’attuale esecutivo, ma quello della scorsa legislatura in carica tra il 2005 e il 2010.
Errani, che è in carica dal 1999 ininterrottamente, nel 2007 elargì quella somma di “indennità di coordinamento” a diversi funzionari, un compenso secondo i giudici “atipico” e non dovuto. Oltre al governatore, a dover contribuire al pagamento della cifra sono altri 9 assessori della sua ex giunta che firmarono la delibera sotto accusa: Giovanni Bissoni, Duccio Campagnoli (oggi presidente di Fiera Bologna), Anna Maria Dapporto, Luigi Gilli, Guido Pasi, Tiberio Rabboni (unico rimasto da allora), Alberto Ronchi, Lino Zanichelli e l’allora vicepresidente Flavio Delbono, poi diventato sindaco a Bologna e dimessosi a causa dello scandalo Cinziagate. Si salvano dalla mannaia dei giudici Paola Manzini, Marioluigi Bruschini e Alfredo Peri, assessori in carica, ma assenti durante quella seduta. Condannato al pagamento anche l’allora direttore generale, Gaudenzio Garavini.
La “retribuzione di risultato di coordinamento” assegnata a 11 dirigenti apicali della Regione, era un provvedimento assunto, secondo la difesa, nell’ambito di un progetto di miglioramento organizzativo. Al contrario per la procura della Corte dei conti, guidata da Salvatore Pilato, quel compenso erogato agli 11 dipendenti (peraltro nominati direttamente dalla stessa giunta e non più dai direttori dei vari settori), non era dovuto. “Restano imperscrutabili – è stato il parere dell’accusa durante il processo – i criteri in base ai quali la giunta ha illegittimamente fatto queste scelte. Tale modo di operare, in assenza assoluta di trasparenza, oltre a non assicurare l’imparzialità dei comportamenti, è sicuramente inidoneo a tutelare il buon andamento dell’amministrazione”.
E ora, con la condanna, anche secondo i giudici i 79mila euro erogati nel 2007 e i 71mila euro erogati sino al 2009 (quando terminò il progetto) non sarebbero altro che una paga aggiuntiva per una funzione ordinaria, e quindi non dovuta. Tuttavia secondo la difesa (rappresentata dagli avvocati Franco Mastragostino e Roberto Bonatti) il fondo utilizzato era quello destinato alla retribuzione di risultato, e dunque la delibera della giunta Errani non causò alcun danno erariale.
Il governatore Pd dal canto suo ha già annunciato appello contro la condanna: “Siamo convinti della piena legittimità di quella scelta organizzativa – ha commentato Errani – che ci ha consentito di conseguire concreti risultati sul piano del miglioramento dell’attività della Regione e risparmi nei costi”. Poi ha concluso: “Come sempre – ha concluso – ribadisco che le sentenze si rispettano, anche se rimango convinto della correttezza delle nostre scelte, e per questo intendiamo chiedere un nuovo grado di giudizio”.