Oscurato da un’ordinanza del Tribunale di Bologna. E’ finita con la vittoria della Rai sancita dai magistrati della Dotta la breve storia di Raiwatch.it, il sito web aperto dal capogruppo forzista alla Camera Renato Brunetta “per una vera democrazia dal basso”. Teatro politico delle tante crociate che l’ex ministro per la Pubblica Amministrazione ha condotto, mese dopo mese, contro gli stipendi di personaggi televisivi e giornalisti pagati dalla televisione di Stato: da Fabio Fazio a Milena Gabanelli, da Maurizio Crozza a Roberto Benigni, sino ad arrivare al direttore generale Luigi Gubitosi. Secondo i magistrati bolognesi, infatti, Brunetta avrebbe utilizzato impropriamente la parola ‘Rai’ nel dare il nome al proprio sito web, Raiwatch appunto, una scelta che gli è valsa un ricorso presentato in tribunale proprio dai vertici di viale Mazzini.
E’ stato il ricorso urgente, ex articolo 700 del codice di procedura civile, della Rai ad attirare l’attenzione del tribunale sul portale dell’onorevole forzista: i magistrati, infatti, hanno accolto le ragioni esposte dalla televisione di Stato oscurando il sito online, già inaccessibile, pagine pubbliche iscritte ai principali social network comprese. Nella decisione, precisano i magistrati nell’ordinanza, non c’entra il diritto di critica, né sono alla base del provvedimento gli strali che regolarmente l’ex generale della campagna contro i “fannulloni” era solito lanciare contro i volti della tv di Stato. E’ il nome stesso della pagina web, Raiwatch, lanciato da Brunetta come “uno strumento di democrazia e cultura senza padroni” “per valorizzare l’intelligenza del telespettatore comune (…) e dare forza alla cittadinanza attiva”, nonché “per un’autentica democrazia dal basso”, infatti, a sancirne la fine. La Rai, del resto, ha spesso utilizzato varianti del marchio storico attribuito alla televisione pubblica per le proprie trasmissioni, da RaiWorld, a RaiLab, elemento che, spiegano i magistrati, avrebbe potuto generare confusione negli utenti che alla pagina online accedevano.
Ora, quindi, il sito – di cui Brunetta non è proprietario, ma che fa capo a un fornitore di connessioni internet di Ravenna che però, garantisce, pubblicava “su mandato” dell’onorevole – è stato trasferito nelle mani di viale Mazzini, che ne ha ottenuto la proprietà provvisoria. Su twitter, tuttavia, la replica del deputato berlusconiano non si è fatta attendere. “Voglio trasparenza – è il primo cinguettio ‘a caldo’ del deputato berlusconiano – io ho solo pubblicato gli atti della Commissione di Vigilanza della Rai e quindi hanno oscurato Raiwatch”. La resa, per il capogruppo alla Camera in quota Forza Italia, non è in programma: “Il mio obiettivo – scrive su Twitter sempre Brunetta – è Sanremo. Io voglio sapere come sono pagate le star. La mia colpa – ribadisce – è voler fare trasparenza”.
Se sul web il topic già spopola, sono miglia i commenti pubblicati su Twitter in seguito alla chiusura di Raiwatch tra chi è favorevole alla decisione del tribunale e chi già parla di “bavaglio”, non mancano nemmeno i primi attestati di solidarietà all’indirizzo del deputato forzista. Come quello del parlamentare, nonché collega di partito, Giuseppe Galati, che in un tweet scrive: “Con un pretesto il tribunale oscura il sito Raiwatch. Parafrasando lo spot della Rai sul canone,‘trasparenza si deve, ma non si vede”.