Il Movimento 5 Stelle rischia molto nel rifiutarsi di vedere le carte di Matteo Renzi, ancor più quelle sulla legge elettorale. Una tale linea politica è stata accompagnata anche da discrete castronerie costituzionali, tipo “questo Parlamento è illegittimo” o “il Mattarellum va ripristinato automaticamente perché è l’ultima legge promulgata da un Parlamento legittimo”. Macché. La Consulta ha detto che questo Parlamento è legittimo (bruttino, ma legittimo) e – come scritto da Travaglio e dal sottoscritto – a essere ripristinato automaticamente non è il Mattarellum ma il proporzionale puro del 1992.
Ieri Gianroberto Casaleggio ha incontrato a Roma alcuni parlamentari M5S. Ha detto che quelle di Renzi sono proposte “astratte ed evidentemente incostituzionali” e che “esiste già un testo M5S e gli unici fino ad ora a depositare una proposta innovativa e fatta bene siamo stati noi”.
Casaleggio ha due caratteristiche. La prima è che, chissà perché, ci tiene molto a essere il frontman della cover band di Yoko Ono. La seconda è che ha sempre questo approccio allegramente democratico secondo cui o la pensi come lui o sei un cretino amico della casta. Il fatto che la maggioranza degli elettori voti M5S “nonostante Casaleggio” e ritenga che la sua cosa migliore sia l’acconciatura, evidentemente non lo tocca. Anche Grillo è spesso criticato, ma la sua figura resta ancora decisiva e sostanzialmente aggregante: gli si riconosce non solo la fama ma anche la coerenza passionale, che lo porta talora a derive odiosamente incazzose. Casaleggio è assai meno amato. E Casaleggio sbaglia in continuazione: per lui Il Fatto Quotidiano avrebbe chiuso subito, per lui la lista civica destrorsa “Per Settimo” di Vito Groccia era il futuro (giugno 2004, Yoko Casaleggio prese sei voti: trionfo), per lui il nome a Napolitano non andava fatto, per lui il reato di clandestinità non andava abolito, per lui lo Ius Soli è il Male o quasi. Proprio non ce la fa ad accettare che la maggioranza di chi vota M5S appartiene ai delusi di sinistra, asserzione banalmente inconfutabile che però cruccia anche brave senatrici come Barbara Lezzi (mi ha dedicato una bella replica; le ho risposto; e al secondo suo intervento aveva già terminato gli argomenti. Peccato, ma resta brava).
Casaleggio è per certi versi un Darko Pancev convinto di essere Van Basten. Sbaglia come tutti, forse anche di più. Ma è certo persona molto intelligente, acuta, scaltra. Senza di lui il Movimento 5 Stelle non sarebbe mai nato. Le sue affermazioni di ieri aiutano a capire la dinamica di una forza politica inedita, che continua a far scrivere bischerate titaniche ai “fenomeni” del giornalismo italiano. Casaleggio ha ribadito che la legge elettorale arriverà dalla base, attraverso una consultazione online cominciata ieri con l’intervento arguto di Aldo Giannuli. La consultazione terminerà a fine febbraio e solo allora si saprà quale legge elettorale vuole veramente il Movimento (anche se un testo esiste già, come è esistito l’appoggio alla mozione Giachetti).
Tale aspetto è decisivo: il Movimento 5 Stelle non fa nulla senza consultare la Rete. Per questo, ad esempio, non venne proposto il nome di Rodotà o Settis o Zagrebelsky a Re Giorgio Napolitano: perché era un nome “ufficioso”, non deciso dalla base. E’ questo il tentativo, o forse il sogno, della “democrazia diretta”. Una democrazia diretta che, secondo Casaleggio, si è già vista proprio con il referendum sul reato di clandestinità. Non concordo con Travaglio quando dice che la consultazione è stata giustamente fatta senza preavviso per evitare attacchi hacker: mi pare una scusa debole e proprio la mancanza di preavviso ha forse contribuito alla scarsa affluenza (neanche un quarto degli aventi diritti al voto). Continuo a lamentare l’assenza di una piattaforma realmente trasparente, che servirebbe anzitutto per le imminenti europarlamentarie, altrimenti qualcuno dirà (certo sbagliando) che “Casaleggio si sceglie i candidati”. E 25mila votanti restano pochi per parlare di democrazia diretta compiuta e per decidere la linea di una forza votata undici mesi fa da quasi nove milioni di elettori. Attenzione, però: 25mila sono pochi, ma non sono niente. La democrazia diretta del M5S è embrionale ma quantomeno in itinere: quantomeno inseguita. La consultazione online può essere criticata da osservatori neutrali, non certo da chi milita o vorrebbe militare (tifosi, giornalisti, giornalai) nel Pd: ha forse chiesto il Pd alla base se voleva Napolitano o Rodotà al Quirinale? Ha forse chiesto il Pd alla base se voleva o no il finanziamento degli F35, se voleva la conferma di Alfano e Cancellieri, se vuole l’allontanamento della De Girolamo? Il Pd si rifà trucco e verginità ogni tanto con qualche lodevole e plebiscitaria Primaria; poi però continua a fregarsene anzitutto del suo stesso elettorato. Umiliandolo, sconfessandolo. Il M5S, se non altro, ci prova. Riconoscerlo non è reato, e magari giova anche alla vilipesa onestà intellettuale di questo paese. E’ un percorso del tutto nuovo per la politica italiana, che va seguito con interesse.
Ho però una grande perplessità, legata proprio alla legge elettorale. Mentre il M5S rifletterà sul da farsi, non senza spunti stimolanti, il tempo passerà. E Renzi, nel frattempo, cercherà di segnare. Guardatelo: il rottamatore nientalista è già in difficoltà. Ha promesso la Luna e per ora ha ottenuto solo le dimissioni di Fassina. Ci sono già indagati tra i suoi apostoli. Ha metà partito contro. Letta non lo sopporta, Napolitano mal lo tollera. Renzi ha un bisogno disperato di ottenere un risultato mirabolante. E quel risultato è la legge elettorale. Ovviamente non sa minimamente di cosa parla: “la spagnola”, il sindaco d’Italia, il Mattarellum. Seeeh, buonanotte. A lui interessa solo fare gol. E per farlo non ha alcuna remora a dialogare con Berlusconi, che è del resto il politico (va be’) a cui più somiglia. Renzi, peraltro, fa benissimo a parlare con Forza Italia: sono gli unici, con M5S, a voler tornare subito al voto.
Peter Gomez sostiene che “i tacchini non possono festeggiare il Natale”, ovvero che gli attuali deputati e senatori non vogliono varare una nuova legge elettorale che li estrometterebbe dal prossimo Parlamento (gente come Alfano o Casini ha il consenso popolare di Povia, anzi meno). Non ne sono così sicuro. Se Renzi farà la legge elettorale “da solo”, diventerà per tutti – persino più di adesso – Faro e Luce del globo terracqueo. Il rischio, per M5S, è quello di discutere lodevolmente dei massimi sistemi, mentre però gli altri scrivono senza perder tempo e concretamente le nuove regole. Regole che, va da sé, avrebbero per primo obiettivo quello di estromettere proprio la forza che ha il merito di restare trasversalmente antipatica tanto ai caimani di “sinistra” quanto a quelli di centro o destra.