E alla fine l’Europa trovò l’accordo. Dopo anni di negoziato, mediazione e scontro aperto, l’Unione europea ha definito nella serata di ieri i contenuti fondamentali di quella che il Financial Times ha già definito “la più grande riforma dei mercati finanziari dal 2008”. Un aggiornamento sostanziale della nota direttiva Mifid (Markets in financial instruments directive), la principale norma regolamentare europea in materia, che viene ora estesa a tre fronti chiave del mercato finanziario immuni fino a oggi da qualsiasi norma restrittiva: l’high frequency trading (ovvero una modalità di intervento sui mercati che si serve di software sofisticati che operano ad alta velocità), le operazioni speculative sulle materie prime (agricole ed energetiche) e gli scambi sulle piazze non regolamentate, le cosiddette dark pools.
Le nuove norme dovrebbero entrare in vigore a partire dal 2016. “Anni di battaglie della società civile hanno dato i loro risultati”, ha dichiarato al settimanale tedesco Der Spiegel Sven Giegold, portavoce del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo sui temi finanziari. E ha aggiunto: “Abbiamo approvato limiti molto stringenti alle speculazioni finanziarie sul cibo, mentre le transazioni ad alta frequenza saranno rese più difficili”. Alla fine la Gran Bretagna ha dovuto capitolare. Fino all’ultimo aveva tentato di salvare dalla nuova regolamentazione i derivati su gas, petrolio e carbone per la paura di far perdere competitività alla piazza finanziaria londinese. Ma senza successo.
“Ha prevalso la linea comune europea”, ha commentato Giegold. “Per i britannici è un risultato sicuramente insoddisfacente”. Primo obiettivo della regolamentazione sono le dark pools, ovvero le borse alternative dove si possono negoziare i titoli senza comunicare i prezzi intermedi delle contrattazioni. La norma introduce le tanto attese organised trading facilities (Otf), piattaforme di scambio attraverso cui dovranno passare i prodotti derivati come i credit default swaps (Cds, le assicurazioni contro il rischio fallimento di uno Stato o di una società privata) e gli swap sui tassi di interesse (gli strumenti di copertura dal rischio di volatilità dei rendimenti e del costo del denaro). L’operazione mira a garantire trasparenza nel settore consentendo il monitoraggio di quelle transazioni condotte fuori dalle piazze tradizionali e che hanno un evidente impatto su tutto il mercato (una speculazione al rialzo sui Cds sovrani, ad esempio, determina un rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e degli spread).
Le transazioni, inoltre, dovrebbero essere mediate dalle clearing houses, gli intermediari che garantiscono il buon fine dell’operazione intervenendo in caso di default di una delle parti coinvolte. Novità importanti anche per l’high frequency trading, lo scambio automatizzato attraverso i programmi algoritmici in grado di effettuare operazioni multiple nello spazio di frazioni di secondo per intercettare i margini di prezzo. La nuova norma garantirà ai regolatori la possibilità di testare i programmi prima di autorizzarli imponendo inoltre alle società di trading di registrare e conservare le informazioni sugli scambi. Importante anche l’introduzione del “limite di velocità” che garantisce un intervallo minimo di mezzo secondo tra i singoli ordini (di vendita o di acquisto), un aspetto decisivo per il monitoraggio di quelle operazioni già responsabili in passato di memorabili momenti di panico in borsa come l’indimenticabile giovedì nero del 6 maggio 2010, quando Wall Street finì sotto l’attacco degli algoritmi bruciando 700 punti sul Dow Jones nello spazio di pochi minuti.
Infine il capitolo materie prime (commodities), trattate in borsa con i contratti differiti di acquisto (futures e forwards in particolare). Con la riforma le autorità avranno finalmente la possibilità di introdurre limiti alle posizioni detenute dagli operatori limitando così il loro impatto speculativo. Una necessità, quest’ultima, nota da tempo vista la conclamata capacità delle operazioni finanziarie di determinare impennate senza precedenti dei prezzi sul fronte delle risorse energetiche e delle materie prime alimentari come evidenziato dai picchi registrati nel 2008 nel boom della speculazione. Secondo quanto riferito la norma prevede alcune eccezioni per il trading di petrolio e carbone ma i dettagli devono ancora essere definiti.
L’accordo dovrà ora essere posto all’attenzione dell’Esma (European securities and markets authority) per essere definitivamente convertito in legge. “C’è ancora un rischio residuale che la direttiva possa saltare”, ha precisato Sven Giegold. “I singoli stati membri o il Parlamento europeo potrebbero riaprire la discussione”. Ma intanto si è fatto un primo importante passo avanti. E dopo tre anni e mezzo di contrattazioni con continue imboscate da parte delle lobby finanziarie non è poco.