Tutto è iniziato da una sorsata di birra con gli amici in un tranquillo sabato pomeriggio del 2005 nel Red,White and Blue Pub di Portsmouth. Ci sono le partite di Premier League e si beve a fiumi nel locale di Karen Murphy. Per risparmiare, la barista compra in Grecia (dove costavano dieci volte meno) schede e decoder per far seguire ai propri clienti le partite di Premier League in chiaro, a patto, ovviamente, di “accontentarsi” del commento in greco.
C’è molta folla al pub e la voce che lì si possono vedere le partite “gratis” fa rumore. Le autorità intervengono, contestando alla titolare di violare le regole in vigore nel Regno Unito sui diritti del calcio in Tv e quelli di esclusiva dei match inglesi comprati dalla BSkyB. Il procedimento arriva all’Alta Corte di Giustizia inglese e i giudici decidono di sospenderlo, sottoponendolo alla Corte di Giustizia europea per una questione interpretativa. Ci si chiede, in sostanza, se sia contrario al diritto Ue (alla libera prestazione di servizi, più in particolare): “Una normativa nazionale che vieti l’importazione, la vendita e l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri sul territorio nazionale che diano accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite provenienti da un altro Stato membro”.
Nel 2011, i giudici del Lussemburgo danno risposta affermativa, accogliendo le ragioni della Murphy. La sentenza fa storia e ridisegna quelli che erano gli equilibri del calcio continentale e non solo, facendo cadere i limiti territoriali nazionali per la ritrasmissione delle partite di calcio in diretta tv. Fin da subito, sono in tanti a paragonare la vicenda del pub di Portsmouth a quella del “dispositivo Bosman” che dieci anni prima aveva deciso lo “svincolo” a fine contratto dei calciatori professionisti Ue.
Oggi potremmo essere, ancora una volta, ad una svolta epocale. In questo caso, ad essere in ballo ci sono le licenze sui film e sui contenuti audiovideo in genere. Gli studios americani e le pay Tv europee sono finite, infatti, nel mirino dell’Antitrust comunitario. Ad annunciarlo è stato lo stesso commissario responsabile Joacquin Almunia, che ha fatto esplicito riferimento proprio alla sentenza Premier League/Murphy.
Ad essere sotto la lente d’ingrandimento, sono gli accordi di licensing tra i grandi studios (Twentieth Century Fox, Warner Bros., Sony Pictures, Nbc Universal, Paramount Pictures) e i maggiori broadcaster a pagamento del Vecchio Continente: BSkyB in Gran Bretagna, Canal Plus in Francia, Sky in Italia, Sky Deutschland e Dts (operante con il marchio Canal Plus) in Spagna. La Commissione vuole accertare se le intese sottoscritte tra le major e le piattaforme pay Tv impediscano alle emittenti Ue di fornire i loro servizi fuori dai confini nazionali, rifiutando potenziali sottoscrittori provenienti da altri Stati membri o bloccando l’accesso al servizio prepagato, una volta oltre frontiera.
Se, ad esempio, si sottoscrive un servizio pay Tv in Germania e si va in vacanza in Italia non si riescono a visualizzare i contenuti prepagati sul proprio tablet o sul computer portatile. I film sono concessi, infatti, dagli studios americani ai broadcaster europei per la diffusione via satellite o in streaming via Internet su base esclusiva e territoriale, con licenza, cioè, relativa una sola emittente in ciascuno Stato membro (o, al massimo, un piccolo gruppo di Paesi-membro dove si parla stessa lingua).
Una “tutela territoriale assoluta” che da qui a qualche anno potrebbe essere superata, permettendo ad ogni cittadino Ue, non solo di vedere i contenuti in mobilità ovunque ci si trovi, ma anche di concludere un contratto con una pay Tv di qualsivoglia altro Stato membro per guardare dal proprio divano di casa film o altri contenuti audiovisivi. “Non vogliamo – ha detto Almunia – chiedere di contrattare una licenza unica per tutti gli Stati, né mettere in discussione il sistema di cessione delle licenze attualmente in atto. Ma vogliamo risolvere il problema dei cittadini europei che si abbonano ad una pay Tv in uno Stato e se si spostano in un altro Stato non possono accedere ai contenuti per cui pagano l’abbonamento”.
A parere della Commissione, le intese oggetto dell’indagine eliminerebbero la concorrenza, frammenterebbero il mercato sulla base dei soli confini territoriali, violando le norme in materia di abuso di posizione dominante che vietano accordi anti-competitivi (Articolo 101 del Trattato Ue).
L’apertura dell’inchiesta non pregiudica certo l’esito in un senso o in un altro, significa soltanto che le istituzioni europee vogliono vederci chiaro in maniera prioritaria. Il concetto di Tv lineare è cambiato, le pay Tv sono un ricco, enorme mercato e le politiche sui contenuti sono sempre più delicate e importanti. I ricavi televisivi in Europea, dal 2001 al 2012, sono cresciuti del 44% con una media europea annua del 3,4% e le pay Tv rappresentano il driver di tutto il panorama commerciale televisivo con il 45 % delle risorse complessive contro il 33 % di quelle provenienti dalla pubblicità, come evidenzia l’undicesimo rapporto annuale Tumining Ditigal di ItMedia Consulting.
E pensare che tutto è nato da una sorsata di birra con gli amici.