Diventa tragicamente faticoso ogni pur pallido rapporto con Silvio Berlusconi, se poniamo come assunto che non lo si può (più) frequentare perché è stato definitivamente condannato e di conseguenza consegnato alla storia come evasore fiscale. Questa infatti sarebbe la pretesa della corrente bersaniana del Partito Democratico nei confronti di Renzi, al quale – ricorderete – non ha mai fatto difetto una certa intraprendenza nell’incontrare il vecchio, caro, Silvio. Lo fece addirittura da provinciale a New York, sbarcando al villone di Arcore da sindaco di Firenze con la scusa un po’ puerile di parlare dei problemi della città, ma con l’intento evidente di rivendersi l’incontro al bar del paese.

Adesso che le condizioni politiche sono un po’ cambiate, soprattutto nella vita di Matteo Renzi che del Pd è diventato trionfalmente segretario, è un po’ più difficile suggerirgli di lasciar perdere ogni contaminazione berlusconiana. Anche perché sembra di tornare alla casella di partenza, pare un secolo fa, quando addirittura ci si incistava in un dibattito sterile sull’opportunità di pubblicare per Mondadori perché Mondadori era del Caimano (D’alema non se ne fece un baffo, per la verità). Ecco, immaginare che quel tempo sia definitivamente passato non sarebbe male.

Ma se Renzi non deve assolutamente vedere Berlusconi, questi bersaniani ci possono almeno chiarire se i cittadini che lo votano possono assicurarsi con Mediolanum, guardare i canali Mediaset, dare una leggiucchiata (niente di più) a un titolo Einaudi, magari stiracchiare un pallido sorriso (essendo rossoneri) se il Milan al ’94 vince su autogol il derby con l’Inter?

Ok, mettiamo pure che non ci si debba parlare. «E chi lo sostituisce», come si chiede ingenuamente all’ufficio postale quando l’impiegato di riferimento è malato? Chi ha titolo per emettere un solo sospiro in un partito dove sono saltate completamente le marcature, dove abbondano, anzi straripano gli esecutori, e mancano tragicamente i portatori di idee, se mai sono esistiti? E poi, cari bersaniani, non è proprio il caso di fare una classifica dei «potabili»: Verdini sì e il Cavaliere no, la signora Garnero sì e Berlusconi no. Dai ragazzi, non ci ridurremo a parlare con Fitto?

Si eviterà, qui, di occupare le prossime quattro milioni di righe per elencare le cointeressenze, i rapporti, gli accordi, gli inciuci, le bicamerali, i conflitti di interessi non risolti, addirittura i governi insieme, che hanno punteggiato questo amarissimo ventennio tra la sinistra e il dottor Silvio Berlusconi. Questa rimozione postuma per via giudiziaria è la plastica dimostrazione del fallimento di una certa sinistra, della politica di una certa sinistra. Alla fine c’è anche un senso di malinconia che, in termini calcistici, si potrebbe definire la sindrome da vittoria a tavolino: la sinistra in tutti questi lunghissimi venti anni ha sempre, al massimo, pareggiato con Berlusconi, vinto un paio di volte acchiappando un democristiano che ci sapeva fare. Il Cav. in fondo si è battuto da solo.

Piuttosto, sarebbe interessante – stavolta sì – che fosse Renzi a chiedere la seduta streaming del suo incontro con il Cav., in modo da rendere tutto plasticamente evidente, palmare, limpido nelle parole se non nelle intenzioni. Berlusconi credo accetterebbe, non mi pare in grado di dettare troppe condizioni in questo momento. E poi la diretta potrebbe esaltarlo, anche se sarebbero inevitabile subire un paio delle sue solite, inconsistenti, barzellette (lui che in elicottero sorvola piazza san Giovanni, bla, bla bla…).

Consolatevi, bersaniani. Qui di eredi del Caimano non se ne vedono all’orizzonte e anche il buon orsetto Toti è stato triturato dai vecchi volponi romani.
Tocca proprio parlare con lui, anche in mezzo a due carabinieri.  

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