Semplicemente un preconcetto diffuso fa sì che, per ogni caso giudiziario che divenga notorio, immediatamente nasca un partito anti-giudici che appoggia e sostiene qualsiasi imputato o condannato che lamenti supposte ingiustizie o iniquità. Particolarmente sensibili a questo proposito si dimostrano i politici. Alcuni ipocritamente contrabbandando per interventi umanitari interferenze favorevoli a parenti o amici, come avvenuto nel recente caso Cancellieri-Ligresti. Altri convinti, contro ogni evidenza giuridica e costituzionale, di essere investiti della missione di sanare le supposte iniquità commesse dai giudici, come avvenuto nel recente caso Napolitano-Di Sarno.
Chi è costui? Un assassino: ha ammazzato un uomo nel corso di una lite ed è stato condannato a 16 anni di prigione che poi, per via delle munifiche leggi italiane, diventeranno in concreto circa 7. È dentro da 4 anni e dovrebbe uscire dunque tra 3. Purtroppo per lui si è ammalato: una grave forma tumorale per la quale è stato operato già due volte, senza successo come quasi sempre capita in queste patologie. Naturalmente sta male; la magistratura di sorveglianza lo sa bene, gli vengono somministrate le cure adeguate ed è stato disposto il suo ricovero in ospedale.
Tutto come da legge che, almeno finora, non prevede che un detenuto malato sia automaticamente scarcerato: occorre che le sue condizioni di salute siamo incompatibili con la detenzione. E poiché Di Sarno, per la gravità della sua malattia, dovrebbe comunque essere ricoverato in ospedale, dove in effetti è stato altre volte ed è ora, non si vede in cosa dovrebbe consistere questa supposta incompatibilità. A meno da non ravvisarla nel fatto che la camera dove è ricoverato un assassino è piantonata dai carabinieri.
Ma Napolitano pare non pensarla così. “Il Presidente si augura che sia l’esame della richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena sia la procedura per la grazia siano condotte in tempi commisurati alla gravità delle condizioni di salute” del Di Sarno. E così torniamo al partito anti-giudici. Ma perché il presidente della Repubblica pensa che sia necessario sollecitare la magistratura di sorveglianza? Crede che i giudici italiani, senza i suoi alti moniti, non lavorino con sufficiente rapidità e professionalità? E, soprattutto: per quali motivi e con quale competenza ha ritenuto di indicare ai giudici la soluzione a cui pervenire con la segnalata urgenza, la sospensione dell’esecuzione della pena?
Di Sarno, pare, è in condizioni di salute assai gravi. Deve necessariamente essere ricoverato in ospedale, dove appunto si trova; e se non fosse così il suo posto è in carcere, visto che è un assassino. E comunque la decisione, quale che sia, riguarda la magistratura; il presidente della Repubblica non ha nessuna competenza in proposito. Se poi la scarcerazione di un assassino lo appassiona tanto, gli conceda la grazia: dopo quella concessa alla spia Cia Joseph Romano, non se ne meraviglierà nessuno.
Il Fatto Quotidiano, 17 gennaio 2014