Il contenuto del rapporto divulgato dal Mit di Boston è esplosivo, ma tutti fanno finta di niente. Perché smantella l’ennesima balla dell’amministrazione statunitense sugli autori della strage con gas tossici di Ghouta, alla periferia di Damasco sotto controllo dei ribelli, del 21 agosto scorso. Sono già passate più di 72 ore dalla pubblicazione dello studio intitolato “Possibili conseguenze delle errate interpretazioni tecniche dei servizi segreti statunitensi sull’attacco con gas nervino del 21 agosto a Damasco”, ma le istituzioni e i media americani e internazionali non sembrano essersene accorti. Eppure proviene da una fonte indiscutibile, anzi dalla fonte per eccellenza in ambito tecnologico: il fisico Theodore A. Postol, il massimo esperto di balistica al mondo nonché scienziato e professore di Tecnologia e sicurezza nazionale al Mit di Boston, il più accreditato istituto di tecnologia del mondo. Ma è probabile che questa distrazione sia causata proprio dall’esperienza incontrovertibile degli autori della ricerca – con Postol ha lavorato anche Richard Lloyd, ex ispettore Onu – e dunque dall’impossibilità di mettere in discussione gli “scomodi” risultati a cui sono arrivati.
La strage di oltre mille civili avvenuta con uso di gas sarin il 21 agosto scorso alla periferia di Damasco, a Ghouta, una delle zone controllate dai ribelli, non è stata perpetrata dal regime bensì dagli oppositori di Assad, molto probabilmente le brigate islamiste di Al Nusra e Isis. Le più spietate ed equipaggiate che non esitano a giustiziare nemmeno i colleghi laici. Secondo il rapporto, che ha esaminato le stesse prove raccolte dagli ispettori dell’Onu, risulta che i razzi armati di gas sarin erano a cortissimo raggio e quindi erano stati lanciati da una distanza massima di 2 chilometri, fatto che esclude la zona ancora controllata dall’esercito di Assad, Mezzeh, ben più distante.
L’esperto di armi e direttore della Rivista Italiana Difesa, Pietro Batacchi si dice “d’accordo con quanto affermato perché anche noi abbiamo chiesto ai nostri esperti di analizzare le fotografie e le considerazioni scritte nel rapporto Onu e riteniamo che i rottami dei razzi dimostrino che si trattava per l’appunto di assemblati artigianali a brevissimo raggio di fabbricazione russa, facilmente reperibili nel fiorentissimo mercato nero delle armi”. Batacchi sostiene che i pezzi di motore recuperati dagli ispettori sono inequivocabili e dimostrano che queste armi erano di fabbricazione artigianale proprio come quelle usate dai ribelli.
“È anche acclarato che è nelle loro mani un quantitativo ingente di gas sarin, e che avevano già condotto prima del 21 agosto altri attacchi, seppur su scala inferiore”. La prima a dichiararlo fu Carla Del Ponte, membro della Commissione Onu sulle violazioni dei diritti umani. Anche il premio Pulitzer Seymour Hersh scrisse un articolo in cui attribuiva la responsabilità del massacro estivo ai ribelli. Ma il New York Times non volle pubblicare l’articolo. Non dimentichiamoci dunque che, se l’arsenale chimico del regime siriano è ormai in giro per i mari – e approda tanto per cambiare in un porto italiano – uno ancora più pericoloso rimane dentro la Siria, nelle mani dei peggiori criminali: i terroristi-mercenari islamici.
Il Fatto Quotidiano, 17 gennaio 2014