L'esecutivo accelera la pressione diplomatica. Al termine di un vertice con Letta, Bonino e Mauro, una nota di Palazzo Chigi "ribadisce l'aspettativa che il governo indiano tenga fede alle assicurazioni fornite". Il premier: "Proseguiremo la nostra azione anche a livello internazionale"
“In attesa di sviluppi, chiederemo alla Corte suprema indiana di far rientrare in Italia i due fucilieri”. E’ Staffan De Mistura, inviato del governo per il caso marò, a spingere sull’acceleratore dell’azione diplomatica in favore dei militari italiani trattenuti in India. Le parole di De Mistura arrivano al termine di un vertice a Palazzo Chigi, tra il premier Enrico Letta, i ministri della Difesa Mario Mauro e degli Esteri Emma Bonino. Al termine dell’incontro, la presidenza del Consiglio ha diramato un comunicato: “Il governo italiano ribadisce la propria ferma aspettativa che il governo indiano tenga fede alle assicurazioni fornite, coerenti con le indicazioni della Corte suprema, riguardo al fatto che il caso in questione non rientra tra quelli oggetto della normativa antipirateria”. Ed è lo stesso premier Letta a intervenire sulla vicenda: “Registro con soddisfazione le espressioni di solidarietà provenienti dall’Unione Europea e l’intenzione delle nostre Camere di inviare una delegazione parlamentare per manifestare vicinanza e sostegno ai marò. Il governo proseguirà la propria azione anche a livello internazionale“.
Dunque, la sorte dei due fucilieri di Marina dipende in buona parte dal ricorso italiano alla Corte Suprema indiana, il cui esame comincerà il 20 gennaio. Palazzo Chigi spiega che nella petizione “si sollecita la formulazione da parte indiana del capo d’imputazione, si esprime ferma opposizione all’eventuale ricorso alla legge sulla sicurezza marittima (il Sua Act, che prevede la pena di morte, ndr) e si chiede che i marò possano rientrare in Italia in attesa del processo”. Ma De Mistura ha precisato: “Lunedì non ci aspettiamo una decisione della Corte, ma sarà l’occasione per i nostri avvocati di insistere fortemente perché si accelerino i tempi”.
E ancora, l’inviato del governo ha sottolineato “il ritardo inaudito” nella vicenda giudiziaria dei due marò e “l’applicazione della Sua Act (legge antiterrorismo, ndr) come linea rossa inaccettabile non solo per l’Italia ma a livello internazionale”: sono questi i punti della petizione che gli avvocati dei due fucilieri illustreranno lunedì alla Corte Suprema indiana. Nella riunione a Palazzo Chigi è stato notato che “oggi è esattamente un anno da quando (il 18 gennaio 2013) la Corte Suprema indiana ha ingiunto alla polizia investigativa Nia di accelerare i tempi per arrivare in pochi mesi, si era parlato di tre, alla conclusione delle indagini e all’inizio del processo”, ha spiegato De Mistura. Sul tema è intervenuto anche il ministro Mauro: “La posizione che il governo statenendo in questi giorni è molto utile al conseguimento degli obiettivi minimi ma indispensabili affinché sia rispettata la dignità dei nostri fucilieri e garantita nel tempo la soluzione al caso”.
Se nei giorni scorsi l’ipotesi della pena capitale era tornata una possibilità concreta, il quadro delle ultime ore sembra più favorevole ai due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. L’evoluzione in questo senso è stata confermata dalla titolare della Farnesina, che in un’intervista al Corriere della Sera ha spiegato che “l’atteggiamento indiano è cambiato: il ministro degli Esteri ha espresso il suo imbarazzo ed è venuta alla luce la divergenza tra ministero Esteri e degli Interni”.
Una divergenza che apre uno spiraglio favorevole alla causa dei marò, se si aggiunge al ricorso presentato dall’Italia alla Corte Suprema indiana: a partire da lunedì sarà lo stesso presidente del più alto tribunale indiano ad esaminare la ‘petition’ italiana volta a sbloccare l’intricata situazione dei due fucilieri di Marina. Inoltre le ultime indiscrezioni di stampa indiane riferiscono che il ministero dell’Interno locale sta abbandonando l’idea di procedere con l’imputazione per il Sua Act, la legge anti-pirateria che prevede anche la pena di morte. Si intravede quindi un ammorbidimento della linea del ministro dell’Interno Shushil Kumar Shinde, che non ha ancora sciolto la riserva sull’accusa che sarà mossa ai due militari italiani. E’ possibile che abbiano fatto breccia le pressioni del collega degli Esteri, Salman Khurshid, ricordando le assicurazioni dell’India sul fatto che la vicenda dei marò “non rientra nei casi in cui si può applicare la pena di morte”.
Possibile anche che a fare breccia siano stati gli interventi della diplomazia italiana e non solo. A questo proposito, Emma Bonino ha sottolineato che bisogna “rafforzare” l’internazionalizzazione della vicenda dei marò, che “non è più solo italiana”. Nella questione, ricorda il ministro, “è coinvolta l’Unione Europea, il consiglio dei ministro degli Esteri della Ue ne tratta da tempo, gli americani sono stati coinvolti”. ll titolare degli Esteri afferma poi di aver scritto all’alto commissario dell’Onu per i diritti umani “Navanethem Pillay per testare la situazione. E altre strade possono essere esplorate, oltre a quella di arrestare i colloqui di liberalizzazione tra Ue ed India: strade più politiche”.