Il testo sottoscritto con Cisl, Uil e Confindustria il 10 gennaio è passato con 95 sì, mentre all'ordine del giorno di Landini sono andate 13 preferenze. Ma il sindacato dei metalmeccanici, che aveva chiesto di sospendere la firma del documento, non ci sta: "La Fiom non si sente vincolata dal voto"
Susanna Camusso vince il braccio di ferro interno contro la Fiom. Terreno dello scontro, l’accordo sulla rappresentanza sindacale. Il direttivo della Cgil ha approvato il testo sottoscritto con Cisl, Uil e Confindustria il 10 gennaio, con 95 sì all’ordine del giorno presentato dalla segreteria di corso d’Italia, mentre all’ordine del giorno presentato dal leader Fiom Maurizio Landini sono andati 13 voti. Ma i metalmeccanici non ci stanno. “Se l’accordo sulla rappresentanza non viene sottoposto al voto di tutti i lavoratori o almeno degli iscritti Cgil, – annuncia Maurizio Landini – la Fiom non si sente vincolata dal voto” del direttivo e quindi dall’accordo stesso.
Il leader dei metalmeccanici, infatti, aveva chiesto alla confederazione di sospendere la firma dell’accordo per poterla sottoporre a una consultazione di tutti gli iscritti. La Fiom contesta, in particolare, il fatto che il testo approvato il 10 gennaio scorso differisca rispetto all’intesa siglata il 30 maggio scorso. Nel merito, Landini punta il dito contro i passaggi del documento relativi alle sanzioni e all’arbitrato interconfederale, accusati di “limitare le libertà sindacali“.
Diametralmente opposta, invece, la posizione della maggioranza del direttivo. L’accordo, secondo l’ordine del giorno passato a grande maggioranza, disegna “un modello di rappresentanza sindacale trasparente, democratico e fortemente partecipato dall’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici”, che inverte “la deriva degli ultimi anni fatta anche di intese separate prive di ogni verifica democratica, di discriminazioni ai tavoli negoziali, di limitazione delle libertà sindacali per chi dissente”.
Un accordo, si legge ancora nel dispositivo al termine delle otto ore di dibattito sindacale, che “estende gli spazi di democrazia e di partecipazione alle decisioni” e che “può realmente determinare le condizioni per la Legge su democrazia e rappresentanza dando forza e vigore a questi principi ed attuando l’articolo 39 della Costituzione, al fine di determinare l’estensione dell’applicabilità in tutti i luoghi di lavoro e l’erga omnes dei contratti“. Il Comitato Direttivo dunque impegna l’intera organizzazione a “proseguire ed estendere l’iniziativa per allargare l’applicazione di regole democratiche ed esigibili a tutte le controparti datoriali e ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutte le nostre strutture nella fase attuativa di quanto pattuito”.
Dura – e non poteva essere altrimenti – la replica di Maurizio Landini. “Il modo in cui è stata gestita la vicenda è grave, perché non si mette il direttivo della Cgil di fronte ad un accordo già firmato”, spiega il leader dei metalmeccanici. E “finché sono il segretario della Fiom non accetto che qualcuno al mio posto, sulla mia testa, faccia degli accordi senza mettere nelle condizioni gli iscritti e i delegati di poter intervenire”. Tutto questo, è tornato a sostenere, “vuol dire che c’è anche un problema di democrazia nella Cgil, si rende evidente che c’è anche una crisi democratica della Cgil”. Landini ha inoltre sostenuto “di essere pienamente dentro le regole e lo statuto Cgil, ne chiedo l’applicazione e denuncio che c’è una scarsa democrazia. Non è democratico firmare un accordo e poi dire a tutti ‘ditemi di sì’ perché altrimenti c’è la fiducia sul segretario. Non si gestisce così un’organizzazione”.