Giudici del Lavoro ancora divisi nel decidere sull'accesso alle cure del metodo messo a punto da Vannoni. Il suo vice, Marino Andolina, annuncia di avere trovato un luogo negli Stati Uniti dove effettuare i test clinici del materiale infuso. Resta il problema di come portare il materiale da analizzare fuori dall'Italia, dopo la diffida dell'Aifa. Mauro Ferrari, il presidente in pectore del nuovo Comitato ministeriale, ha iniziato a incontrare le famiglie dei malati
Giudici ancora spaccati in due, nel decidere sulle richieste di accesso alle cure del cosiddetto metodo Stamina. L’ultima bocciatura arriva dal perito nominato dal tribunale di Brescia, a cui avevano fatto ricorso due famiglie per poter far accedere i loro bambini al protocollo avviato agli Spedali Civili di Brescia. “Sottoporsi al trattamento Vannoni può rivelarsi inutile, inappropriato e dannoso anche perché le malattie neurodegenerative sono molto diverse le une dalle altre”, scrive Alessandro Vercelli nella sua relazione, come riporta il quotidiano Repubblica. Il neuroscienziato torinese, vice-direttore del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi di Orbassano, ha firmato la sua perizia il 13 settembre e ora aggiunge: “Parlando con le famiglie sono riuscito a convincerne una a rinunciare al trattamento”. Contattatto dal fattoquotidiano.it dice: “Quando faccio un articolo di ricerca devo descrivere punto per punto le procedute usate. In questo caso, questa parte della procedura è coperta da segreto. Quando ho presentato la mia relazione, i periti di parte chiamati dalle famiglie, tra cui il dott. Marino Andolina, non si sono presentati”. In totale sono 135 le persone autorizzate ad accedere alle cure e attualmente in lista d’attesa, mentre 36 quelli che effettivamente stanno concludendo il ciclo di infusioni. Il primo giudice del Lavoro ad accogliere il ricorso dei familiari dei malati è stato quello del tribunale di Venezia: ad agosto 2012 ha accolto il ricorso presentato dai genitori di Celeste Carrer e ordinato agli Spedali Civili di Brescia la riattivazione del trattamento proposto da Davide Vannoni.
Sulle infusioni manca tuttora una visione unitaria: secondo la relazione del Ministero e dell’Aifa (del maggio 2012), che Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere “non vi era sempre corrispondenza tra il numero di cellule previste dal protocollo stesso e quelle effettivamente infuse”. A non tornare erano i dati sulle quantità: “Su 56 infusioni effettuate, solo in 7 casi i dosaggi previsti corrispondevano a quelli realmente infusi”, e il contenuto delle infusioni. Da un verbale del Nas è emerso che “la popolazione cellulare che si ottiene non è purificata, non è omogenea, non è una popolazione di cellule staminali”, oltre al rischio “di contrarre il morbo della mucca pazza”, a causa del presunto uso di siero fetale bovino (per cui serve la certificazione europea) nelle colture cellulari. Per capire cosa effettivamente ci sia nelle infusioni del cosiddetto metodo Stamina, il professore Camillo Ricordi (diabetologo del Diabetes Research Institute di Miami) si era offerto di fare dei test clinici, che sarebbero dovuto partire il 15 gennaio. Ipotesi poi sfumata, mentre il responsabile scientifico della Stamina Foundation Marino Andolina ha annunciato di aver trovato “negli Stati Uniti un posto” che manterranno “segreto” per avviare i test clinici. Negli Usa non si farà una sperimentazione, ma “una valutazione di qualità”.
Resta il problema di come portare il materiale da analizzare fuori dall’Italia: l’agenzia del Farmaco ha vietato il trasporto delle cellule prodotte dal team di Vannoni all’ospedale di Brescia. “Faremo ricorso contro la diffida dell’Aifa – ha annunciato nei giorni scorsi il fondatore della Stamina Foundation – ma se non potremo avere la disponibilità dei campioni cellulari presenti a Brescia, faremo all’estero dei test ex novo”. Intanto il 29 gennaio partiranno le audizioni sul caso Stamina in commissione Sanità al Senato: i primi a essere ascoltati, saranno i rappresentanti dell’agenzia del farmaco e dei Nas. Il ministero della Salute non ha invece ancora ufficializzato la nomina del nuovo comitato ministeriale, creato dopo la sentenza del Tar del Lazio. La presidenza del comitato dovrebbe andare allo scienziato Mauro Ferrari, che ieri ha incontrato Beatrice Lorenzin: “Io non ho ancora nessun ruolo, non ho ancora ricevuto l’incarico, ci sono tempi tecnici da seguire. Ho dato comunque la mia disponibilità al ministro perché lo ritengo un dovere civico”. Ferrari ha già iniziato a incontrare le famiglie dei malati per documentarsi sulla loro situazione. Ha ricevuto in particolare questa mattina, i genitori delle piccola Celeste Carrer, in un hotel della Capitale: “Vorrei ascoltare più campane possibili e fare in modo che tutti i fatti siano noti. E’ questo il modo che la scienza ha di progredire”.