Il 2 novembre 2013 aveva festeggiato i suoi 55 anni. Da lì a poche settimane avrebbe partecipato al processo dove è accusato di narcotraffico. Prima udienza a porte chiuse per il rito abbreviato. Guglielmo Fidanzati ci è arrivato scortato da due guardie penitenziarie. Dalla prossima udienza (fissata per il 5 febbraio 2014), però, il suo posto nel gabbione resterà vuoto. Fidanzati, infatti, è morto il 16 gennaio 2014 nell’ospedale di Vigevano dove era ricoverato da circa un mese per una grave malattia. Morto da imputato e non ancora da condannato, almeno per le ultime inchieste che lo vedono coinvolto. Prima di lui se ne era andato il padre Gaetano, superboss di Cosa nostra e capo del mandamento dell’Arenella. Don Tanino, narcotrafficante ma non solo, è deceduto il 5 ottobre 2013. ll capomafia aveva 78 anni. Dopo essere stato colpito da un grave ictus, era stato trasferito in un centro di riabilitazione a Bologna. Nel 2009 don Tanino fu arrestato da latitante in via Marghera a Milano. All’epoca il figlio Guglielmo gestiva i suoi affari criminali da dietro i tavolini di un noto ristorante in corso Garibaldi. Affari di Cosa nostra in riva al Naviglio. Cocaina soprattutto, trafficata a fiumi. Anche se negli ultimi tempi Fidanzati junior si era dedicato al reinvestimento di denaro all’interno dei locali della movida milanese. Tanto che nel 2011 durante un processo per riciclaggio un teste definirà il figlio del boss di Cosa nostra come socio occulto di Lele Mora nella gestione del Karma Borgo, la discoteca in cui, tra le altre cose, si esibì Ruby Rubacuori.
Fino ad allora il nome dei Fidanzati era stato legato al traffico di droga. Il padre come il figlio. Tanto che Guglielmo Fidanzati nei primi anni Novanta viene coinvolto nell’operazione Pina colada condotta dal Ros di Milano. Durante l’inchiesta fu scoperta una raffineria in provincia di Bergamo installata in una villetta di Olda, una località della Valtaleggio. All’epoca i militari seguirono tutti i movimenti della banda, formata da ”cellule” autonome, che faceva capo alla famiglia mafiosa dei fratelli Fidanzati a loro volta legati con i trafficanti colombiani del Cartello di Calì.
Nel 2009, poi, il suo nome viene accostato al mondo del terrorismo. Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini che indaga sulle nuove Brigate rosse cita il suo nome durante la requisitoria del processo che all’epoca vedeva imputati, tra gli altri, Alfredo Davanzo, il presunto ideologo del gruppo. In quella sede il magistrato ricordò i contatti dell’organizzazione con esponenti della ‘ndrangheta per entrare in possesso di nuove armi, con uomini di Cosa Nostra, come Guglielmo Fidanzati, “per entrare nel business della droga e finanziarsi”. Durante il processo d’Appello sul caso è intervenuto lo stesso Davanzo spiegando che alcune ”amicizie” possono nascere in carcere”perché si soffre insieme”, ma ”l’amicizia con dei mafiosi non implica altro”.
Incroci pericolosi tra il clan Fidanzati e l’eversione si sono registrati anche nel 2009, quando la squadra Mobile arresta don Tanino. Da quell’operazione emerge che il boss per molto tempo ha passato le sue giornate da fuggiasco in una villa in Valseriana. Nel 2010, infatti, viene arrestato Graziano Bruno Bianchi, ex terrorista dei Colp (Comunisti organizzati per la liberazione proletaria), con precdenti per banda armata ed estorsione.
Nel frattempo, il nome di Guglielmo Fidanzati, già dal 2005 era tornato a riempire le informative della squadra Mobile. In quel periodo, infatti, molti boss di Cosa nostra come Luigi Bonanno e Ugo Martello si trovavano in libertà. Da qui partì un monitoraggio a tappetto che coinvolse anche il figlio di don Tanino. E’ in quel momento che gli investigatori fotografano decine di incontri davanti al ristorante di corso Garibaldi utilizzato come ufficio dal boss. Davanti a quelle vetrine si fanno vedere anche gli uomini d’oro della rapina a Damiani avvenuta il 24 febbraio 2008. Tra gli arrestati anche Franco Scaglione, palermitano già in rapporti, oltre che con Fidanzati, anche con i boss di Villabate. Droga, affari e rapine da prima pagina. E così nel 2012, Guglielmo Fidanzati riceve un’ordinanza in carcere per il colpo alla gioielleria Scavia in via Montenapoleone. L’ultima, invece, arriverà per droga nel 2013 per un traffico di 100 chili in collaborazione con la ‘ndrangheta. Poi la morte, inaspettata. E il funerale che sarà celebrato in una chiesa del quartiere milanese di Affori, dove da tempo il boss risiedeva.