I sindaci governeranno il mondo? Se lo chiede Benjamin Barber nel suo provocatorio saggio If Mayors Ruled the World: Dysfunctional Nations, Rising Cities (Yale University Press, 2013).
Un’eventualità possibile se si guarda all’importanza che le città stanno assumendo nel contesto mondiale, negli Stati che hanno perduto la loro funzione, delegittimati dalla crisi del modello post-Westfaliano (che delimitava la sovranità nazionale all’interno di un territorio) e dalla separazione tra politica e potere, cioè la competenza di prendere decisioni e la capacità di realizzarle.
Nonostante le città riassumano in sé i valori positivi della comunità – il legame perduto col territorio, le tradizioni culturali, la solidarietà sociale – devono fare i conti con i problemi creati dai flussi migratori e dalla conseguente urbanizzazione.
Le città sviluppate o in via di sviluppo attirano ampie fasce di popolazione, sia dall’interno che dall’estero, attratte dal miraggio di un miglioramento esistenziale. Sono luci nel buio, fari nella nebbia della crisi economica.
Donald Kaberuka, presidente dell’African Development Bank, in un intervento sul Social Europe Journal, rivela che megalopoli come Mumbai, Nairobi e Kinshasa sono in realtà piccole città circondate da immense baraccopoli – “sacche di ricchezza in un mare di disperazione” – dove si accumula un numero crescente di persone in condizioni di emarginazione, senza alcuna speranza di miglioramento. Una tendenza che interessa da vicino tutte le metropoli mondiali, senza risparmiare New York, Tokio, Londra, Parigi o Roma.
L’effetto più appariscente è la drastica diminuzione della differenza tra nazioni diverse: ma non si tratta di un miglioramento, perché a questo livellamento delle differenze internazionali corrisponde un aumento della disuguaglianza interna.
Per imbattersi in scenari di degrado e miseria non è più necessario recarsi nelle periferie di Mombasa o nelle favelas brasiliane: è sufficiente inoltrarsi ai margini di una metropoli.
Anche di questo sono chiamati a farsi carico i sindaci e le loro città, impegnati a risolvere localmente e con limitati mezzi a disposizione le enormi sfide di un mondo globalizzato, multiculturale e privo di centralità, prossimi a ricreare qualcosa di simile alla struttura organizzativa delle “Città-stato” della Grecia arcaica.