Sono tempi duri per il Teatro San Carlo di Napoli. Dopo le dimissioni di cinque membri del Cda della Fondazione su sei (il Presidente della Regione, Stefano Caldoro, l’ex Presidente della Provincia, Luigi Cesaro, l’onorevole Riccardo Villari, il Presidente della Camera di Commercio di Napoli, Maurizio Maddaloni, e Andrea Patroni Griffi), a causa della decisione del Presidente Luigi De Magistris di non aderire al decreto “Valore cultura” che sbloccherebbe 75 milioni di euro per il Lirico, in cambio del taglio del 35% dei salari dei lavoratori e un ridimensionamento della pianta organica, ndr. Così si avvicina sempre di più la possibilità di un nuovo commissariamento per il Massimo partenopeo. Una ipotesi che mette in allarme i lavoratori, che già si sono opposti al decreto, anche perché i conti del San Carlo sono in ordine e, soprattutto, il Teatro vanta ancora crediti per diversi milioni di euro. “Se questo decreto serve per prendere un po’ d’acqua perché siamo assetati – ha dichiarato in una conferenza stampa organizzata da lavoratori e sindacati il corista Paolo Marzolo – se serve per prendere liquidità, allora diciamo che questo Teatro avanza trenta milioni di euro certificati dai bilanci. La Regione, per bocca dello stesso Presidente Stefano Caldoro ci deve cinque milioni di euro certi, liquidi ed esigibili. Cominciamo a incassare questo credito”. Critici rispetto sul commissariamento e sull’adesione al decreto anche rappresentanti sindacali, contestati da diversi lavoratori durante la conferenza stampa. “L’adesione al decreto Valore Cultura per quanto ci riguarda sarà un’adesione in forma coatta”, dichiara Salvatore Topo della Cisl, mentre Massimo Taglialatela (Uil), rincara la dose: “Se impongono il commissariamento ci sarà poco da parlare e molto da fare. Qualcuno dovrà iniziare a tirare fuori i motivi per cui dopo cinque anni di commissariamento il San Carlo vive ancora in questa condizione” di Andrea Postiglione
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