L'Organizzazione internazionale del lavoro avverte che la percentuale di senza lavoro in Italia ha raggiunto nel 2013 il 12,2% e continuerà ad aumentare fino al 12,7% nel 2015 e nel 2016: "Tasso raddoppiato rispetto al 2007". E punta il dito contro l'austerity
Se da una parte i dati Istat sul fatturato industriale mostrano qualche timido segnale di ripresa, dall’altra sul fronte dell’occupazione non si intravedono passi avanti. Anzi. L’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro) avverte che la disoccupazione in Italia ha raggiunto nel 2013 il 12,2% e continuerà ad aumentare al 12,7% nel 2015 e nel 2016. Il rapporto sottolinea inoltre che rispetto al 2007, quando il tasso era al 6,1%, nel nostro Paese la percentuale dei senza lavoro è raddoppiata nel 2013.
La grande emergenza del mercato del lavoro riguarda i “giovani adulti“, ovvero le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni, che hanno subito l’effetto della crisi più dei giovani sotto i 25 anni. La parte della popolazione compresa tra i 55 e i 64 anni, secondo il dossier, ha invece addirittura beneficiato di un aumento dei tassi di occupazione negli anni della crisi, dal 2007 al 2012.
“I giovani adulti sono i primi ad affrontare la perdita del posto di lavoro in tempi di crisi a causa della minore anzianità e della protezione garantita ai lavoratori più anziani”, spiega il documento, precisando che “allo stesso tempo non possono spesso godere dei programmi specifici per l’occupazione giovanile o per la formazione, così da migliorare le loro chance di occupabilità”. L’organizzazione sottolinea quindi che “chiaramente questa concentrazione di perdite di posti tra i più giovani mina le speranze di una ripresa più rapida, a meno che le autorità non assumano iniziative decisive per espandere i loro sforzi anche per l’inclusione dei giovani adulti”.
A livello globale, invece, l’Ilo segnala che tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è passato dal 5,5% al 6% mentre in Europa e nelle economie sviluppate si è passati dal 5,8% del 2007 all’8,6% del 2013. L’anno scorso circa 375 milioni di lavoratori, l’11% dell’occupazione totale, viveva con meno di 1,25 dollari al giorno e 839 milioni (il 26,7% dell’occupazione totale) con meno di 2 euro al giorno. Il numero lavoratori “estremamente poveri” è diminuito solo del 2,7%, un “tasso tra i più deboli” nell’ultimo decennio, ad eccezione dell’anno immediatamente successivo alla crisi.
I segnali di rilancio economico che si intravedono nell’Unione europea disegnano una “ripresa fragile“, dovuta essenzialmente “a politiche di austerità” ma sopratutto slegata da un aumento dell’occupazione che di fatto non migliora. “Esiste il rischio che le politiche monetarie e fiscali continuino a non essere coordinate in quanto l’austerità fiscale è perseguita con la creazione di liquidità non convenzionale e accomodante da parte delle banche centrali degli Stati Uniti, dell’Eurozona e del Giappone”, denuncia l’organizzazione.
E ricorda che la disoccupazione ha continuato a crescere nel 2013 coinvolgendo circa 45,2 milioni di lavoratori e un suo calo sotto l’8% è atteso solo a partire dal 2018. “Nel corso del 2013 sono stati registrati segnali di ripresa economica nell’Ue e nelle economie avanzate”, spiega il dossier. “Tuttavia, i miglioramenti di produttività e competitività non sono ancora abbastanza forti per invertire la tendenza dell’esteso e crescente divario occupazionale“.