Certo che dopo l’evento al Nazareno sia strano pensare ad un successore per Berlusconi. Ma gli anni passano (oppure arrivano, in caso di condanna) per tutti. E così qualche nome bisogna pur farlo. Questo nome oggi è Giovanni Toti, pensato come anti-Renzi da Silvio Berlusconi, il quale vorrebbe affidargli il ruolo di coordinatore unico di Forza Italia.
Toti è direttore di ben due Tg: Studio Aperto e Tg4, abituato a stare davanti alle telecamere e cresciuto in Mediaset. Un comunicatore, non di certo un politico, proprio come il suo capo. Un comunicatore per annientare un altro comunicatore di talento, Matteo Renzi. Se pensiamo al terzo leader, Beppe Grillo, vediamo come tutta la politica metta sempre più al centro delle competenze le qualità comunicative al posto dell’esperienza politica, delegata ai livelli inferiori dell’organigramma dei partiti.
Valutiamo quindi proprio sul piano della comunicazione personale se la scommessa di Berlusconi su Toti come antagonista di Renzi è vincente o meno.
Partendo dall’immagine, una componente importante della comunicazione non verbale, vediamo che Toti, classe ’68, è di circa sei anni più grande di Renzi. Entrambi giovani, all’insegna del ricambio generazionale, ma qualche capello bianco in più sul capo di Toti fa sembrare maggiore il divario d’età, conferendogli in compenso maggiore affidabilità. Paffuto, più di Renzi, è stato già messo a dieta dal suo editore Berlusconi.
Sugli abiti la prima differenza evidente. Toti indossa sempre giacca e cravatta, si dice che ci tenga molto alla sua eleganza, mentre Renzi soffre la cravatta e tranne nelle occasioni più formali se può ne fa volentieri a meno. In questo possiamo vedere ancora banalmente un cenno d’appartenenza ideologica del vecchio sistema destra-sinistra.
Restando sul non verbale, ma sul linguaggio del corpo, notiamo che durante il dibattito Toti muove molto la testa e le mani. Mette così troppo in mostra la tensione dovuta alla discussione apparendo più agitato del dovuto. Al contrario Renzi controlla in modo impeccabile il proprio corpo. Solo dalla sua elezione a segretatio si sta lasciando andare più spesso, sentendosi al sicuro.
Altro atteggiamento che denota tensione in Toti è il parlare veloce anche in dibattiti poco tesi. Parlare velocemente è una forma di scarico nervoso. In questo modo oltre a confermare di provare agitazione non lascia comprendere tutte le parole che pronuncia.
Andando sul verbale, sulle cose che dice, Giovanni Toti ha nel complesso una buona dialettica, ordinata e chiara. Come Renzi, e in generale tutti i bravi comunicatori, usa spiegare i concetti più articolati dividendoli in punti numerati, ad esempio: “due fattori hanno impedito questo: primo, la burocrazia, secondo la mancanza di risorse economiche…”.
Toti non è mai esitante, sa perfettamente quali risposte dare. Per questo, come Renzi, risponde ampiamente cercando di sviluppare un ragionamento completo. Non permette quindi che si cambi argomento prima che lui finisca il discorso, proprio come è solito fare il sindaco di Firenze. Tuttavia Toti, a differenza di Renzi, in alcune occasioni si lascia interrompere. Questo a causa di un carisma non ancora importante. È probabile che se venisse nominato coordinatore unico di Forza Italia e giocasse bene le sue prime uscite riuscirà ad imporre più decisamente la sua presenza e a non farsi interrompere.
Anche a Toti la battuta pronta non manca. È celebre quella che fece riferendosi alle testimonianze circa la presenza di pali per la lap dance da Berlusconi. Il direttore scherzò “forse erano i pali delle bandiere di Forza Italia, che venivano staccati e usati all’occorrenza”.
Ma Giovanni Toti ha un punto debole importante: la poca espressività del suo volto. Precisamente della parte superiore del viso, fronte e occhi. Questo penalizza soprattutto il suo sorriso che fa a meno della componente che ne attesta la genuinità, gli occhi. Pur senza essere esperti di comunicazione o di micro espressioni facciali è stato dimostrato che tutti siamo in grado di percepire, spesso inconsciamente, quando un sorriso è falso o sincero.
La caratteristica non riproducibile artificiosamente che fa la differenza tra un sorriso sincero e uno di circostanza sta proprio nella zona degli occhi. Se il sorriso è genuino la palpebra inferiore si stira e al di sotto di essa si osservano delle pieghe oblique o orizzontali; ai suoi lati si creano poi le cosiddette “zampe di gallina”. Paul Ekman, massima autorità nel settore, ci spiega inoltre che la pelle tra le sopracciglia e la palpebra superiore si sposta leggermente verso il basso nel sorriso genuino, mentre non si muoverà nel sorriso falso o di circostanza. Questi movimenti non possono essere riprodotti volontariamente, sono quindi rivelatori affidabili della sincerità del soggetto.
La poca mobilità di Toti nella zona degli occhi impedisce chi lo osserva di venir contagiato dal suo sorriso in quanto non sarà mai in grado di percepirlo come genuino. In comunicazione il sorriso è importante, Berlusconi ci ha costruito la sua immagine. Questa è quindi per il suo uomo una grande mancanza.
Toti ha un buon potenziale e fossi stato in Berlusconi avrei optato anche io per lui, costretto dalla scarsa offerta interna a Forza Italia. Ma Renzi è comunicativamente molto più avanti del direttore. Non credo che i tempi serrati della competizione politica permetteranno una rimonta del genere.