Straordinaria giornata di dimissioni per il Pd. Gianni Cuperlo si dimette da presidente, dopo la debordante direzione renziana di lunedì scorso. Pier Luigi Bersani, invece, è stato dimesso dal reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Parma. Dimissioni, dimissioni, dimissioni. L’epopea sanitaria dei capezzali rossi è infinita. Flebo e martello. L’ospedale, seconda casa della sinistra italiana. Per Dagospia, Pd significa Policlinico democratico. Nasce il sospetto che anche Cuperlo (Brunetta sul Mattinale lo ha preso in giro così: “Cuperlo si dimette, dunque esiste”) sia stato dimesso, anziché dimettersi da solo. Colpa del segretario, non di un ictus. Ma forse è la stessa cosa, metaforicamente parlando.

La velocità di “Matteo” è come una scossa che ha mandato in tilt la testa della vecchia “Ditta” postcomunista. Renzi è un ictus politico per il Pd, con la controindicazione della resurrezione dell’Unto del Signore che sale i gradini del Nazareno. E adesso che entrambi sono stati dimessi Bersani e Cuperlo potrebbero anche scambiarsi di posto. Il dimesso da Parma potrebbe fare il presidente e il dimesso da Renzi potrebbe ricoverarsi per schizofrenia o esaurimento nervoso.

Al sindaco di Firenze rinfacciano tutto quello che hanno fatto loro per vent’anni. Bersaniani, dalemiani, giovani turchi sono stati i difensori più strenui delle liste bloccate, d’accordo con Verdini (chiedere a Migliavacca, fedelissimo di Bersani) e adesso vogliono le preferenze. Di questo passo finiranno a uno a uno nelle liste d’attesa della politica. In attesa di farsi dimettere.

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