Nessuno l’ha mai sentita parlare. Nessuno sa che voce abbia. Se una, nessuna, centomila. Provate ad aprire YouTube, che un minutino di celebrità lo dà proprio a tutti, prima o poi. Lei non c’è, foneticamente è priva d’identità (se non un frammento mentre scende da una macchina). Eppure Marina Berlusconi esiste, ve ne sarebbero prove certe. Al punto che il centrodestra aveva pensato proprio a lei per la successione a paparino. Ma insomma, al di là della strettissima cerchia di collaboratori, alzi la mano chi ha mai sentito la sua voce.
Ora. La voce alta e forte di Marina B. siamo abituati a ‘sentirla’ in modo asettico solo per comunicati, dispacci di agenzia, uffici stampa e relazioni pubbliche. E sempre su un unico tema. Una rete di protezione molto fitta, stesa sulla sua vita di capo azienda. Il tema è: indignazione. La sua indignazione viene generalmente distillata al pubblico in circostanze precise, si direbbe chirurgiche, invariabilmente riconducibili a un sempiterno “evergreen”: l’aggressione a papà. E sotto una triplice visione: l’aggressione giudiziaria, caro, vecchio, tema mai sopito da vent’anni a questa parte, l’aggressione politica di diretta emanazione e, “last but not least”, l’aggressione dell’ingegner De Benedetti alle casse Mediaset, che negli ultimi anni avrebbe prodotto un salasso economico di un certo peso.
Ecco, noi vorremmo dare a Marina Berlusconi l’occasione storica di sottrarsi a questo destino ineluttabile, che inesorabilmente la riporta sempre e comunque sotto l’influenza paterna. Vorremmo darle la possibilità di librarsi in volo, di andare finalmente oltre quell’orizzonte asfittico di rancori e inimicizie, riconsegnando se stessa alla società e ai suoi sentimenti più sinceri e vasti che si compongono (guarda un po’) anche di rapporti umani, sorrisi, solidarietà, attenzione. Insomma, riportarla alla condizione originaria di ‘editore’ che è sensibile a ciò che le accade intorno. Editore di telegiornali, di trasmissioni giornalistiche e paragiornalistiche, di talk show, di tutto quello di cui un vero editore si deve fare carico.
Bene, dopo la lettera aperta che tre scienziati di acclarata serietà, come Elena Cattaneo, Michele De Luca e Gilberto Corbellini, hanno deciso di scrivere sul caso Stamina, entrando in profondità in un problema straziante come questo, sarebbe stato inevitabile per ogni editore moderno occuparsi di una questione così delicata, mettendo a disposizione della comunità scientifica tutte le strutture informative del gruppo (Crippa, lei cosa fa, dorme?) per arrivare a una consapevolezza piena e responsabile della situazione.
Invece, niente. Da settimane sentiamo unicamente la solita litania di Davide Parenti (il capo de Le Iene): “Noi abbiamo solo dato voce e raccontato lo strazio delle famiglie lasciate sole dallo Stato”.
Noi crediamo sia utile che Lei, gentile Marina, si prenda carico di ciò a cui il ruolo la obbliga. Questa sì, sarebbe una vera campagna Mediaset per il sociale. Ma lei è misteriosamente muta (come sempre peraltro quando non si parla di papà).
I tre scienziati attribuiscono all’atteggiamento irresponsabile de Le Iene, una delle sue trasmissioni di punta, buona parte dell’impazzimento collettivo che abbiamo sotto gli occhi, pongono gli innumerevoli servizi mandati in onda in strettissima correlazione con la disperazione dei malati, che in questo modo sarebbero stati tragicamente illusi. Attribuiscono a un mezzo importante come la televisione la capacità di distorcere la realtà scientifica e indirizzare altrove le coscienze.
Le sembra poco, ha bisogno di altre sollecitazioni per intervenire, per farci capire come Mediaset interpreta l’informazione su temi così delicati? Per cortesia, abbandoni per qualche attimo le sue ossessioni, l’ingegner De Benedetti, i giudici, e tutti quelli che non amano papà, e torni a occuparsi dell’azienda. Delle cose serie della sua azienda.
Ps. Alcuni lettori mi fanno osservare giustamente come l’editore di Mediaset sia formalmente Piersilvio Berlusconi e non Marina. La cosa naturalmente mi sfuggiva e non mi sfuggiva. Ho volutamente bypassato Dudi, che in azienda non è granchè considerato, e ho investito del ruolo improprio di editore Marina, la quale è il vero capo azienda, titolata dunque a intervenire su questioni sociali delicate come queste.