E insomma, se n’è andato Claudio AbbadoOltre ai meriti artistici e all’indiscusso spessore culturale, una cosa sono certo che rimarrà di lui: la sua sconvolgente contemporaneità di pensiero, riuscire a far capire che la cultura è una straordinaria risorsa, non solo umana ma anche economica.

Si diceva che avesse abbandonato l’Italia e a ogni accusa lui faceva notare, con educazione e fermezza, quanto invece fosse presente e quanto l’Italia avesse la colpa di non investire in cultura, nonostante la propria storia, nonostante l’indole naturale del nostro Paese.

Fermo, deciso e cordiale, Abbado prima di tutto ha rappresentato una pervicace resistenza nei confronti del lato più grossolano della politica, quella dei Tremonti e del «fatevi un bel panino con la Divina Commedia», quella dell’assoluta e meschina indifferenza per la qualità della vita e per la limpidezza scintillante delle questioni intellettuali, del risultato immediato come panacea di tutti i mali, dello spread o del Ftse Mib.

Mancherà la contemporaneità di Abbado, dunque. Quella di chi è sempre conscio dei problemi del presente, di chi vive culturalmente sulla propria pelle la consequenzialità di causa ed effetto, cosciente del fatto che l’“indotto culturale” sia una straordinaria risorsa. Lo sanno tutti all’estero. In Italia è calma piatta.

Per dirne una: in Cina la canzone italiana attecchisce che è una meraviglia. In Cina conoscono De Andrè; in Cina Simona Molinari o Francesco Baccini fanno concerti regolarmente e la più grande rockstar cinese, Cui Jian, ha recentemente vinto il Premio Tenco. Quanti sanno queste cose? In Italia non se ne parla. Calma piatta.

Probabilmente il mercato cinese viene considerato poco importante, visto che si hanno difficoltà immani a portare avanti questi progetti.

Musica colta, popular music, musica leggera, musica pesante.

Da anni si fa un gran parlare delle differenze. Differenze che ci sono: io penso che ciò che noi universalmente conosciamo come “musica classica” sia proprio una disciplina differente dal mondo della canzone: Nono e Baglioni fanno due mestieri diversi.

Ma ciò su cui non ci si può sbagliare, ciò su cui non si può transigere è una resistenza ferma e decisa nei confronti della necessarietà dell’arte musicale (in questo caso): su quanto non si possa prescindere da una sonata di Corelli o da Voce ‘e notte.

Dalla politica pare vengano spiragli. C’è una nuova speranza col ricambio generazionale in atto nella classe dirigente. Il fatto è che dall’ultimo consigliere comunale, fino al ministro dei Beni e delle Attività culturali, la lezione di Abbado deve essere quella di valorizzare ed esportare la cultura italiana con programmi precisi, affidandosi alle competenze delle nostre eccellenze, di chi sa cosa vuol dire “fare rete”, portare risultati concreti, prima per la qualità della vita e poi – immancabilmente – per far sì che la cultura diventi una vera e propria risorsa economica irripetibile.

 

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