Forse, dopo il Senato, Berlusconi e Renzi pensano di “chiudere” anche la Corte costituzionale, per “accelerare” i processi decisionali ed evitare fastidiose intromissioni nei loro accordi. Se non ci riuscissero, però, è certo che la nuova legge elettorale uscita dall’incontro della settimana scorsa, il Pastrocchium come lo ha subito battezzato Giovanni Sartori sarebbe cancellata dalla Consulta, più in fretta (speriamo) di quanto questa non abbia fatto con il Porcellum varato nel 2005. Per una ragione assai semplice: è molto peggio.
I giornalisti che in questi giorni si sono affrettati a celebrare lo storico accordo evidentemente non si sono dati la pena di leggere le motivazioni della sentenza sulla legge elettorale del 2005: le parti annullate, infatti, “non superano lo scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, al quale soggiacciono anche le norme inerenti ai sistemi elettorali”.
Quindi, qualsiasi legge elettorale deve essere basata su un criterio di “ragionevolezza”: un premio di maggioranza del diciotto per cento (cioè una coalizione prende il 35% dei voti e ottiene il 53% dei seggi senza andare al ballottaggio) è ragionevole?
Lasciamo la risposta sempre alla sentenza della Corte sul Porcellum: “ dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare”. Si può essere più chiari di così?
Altra questione: la soglia di sbarramento all’8% per i partiti non inseriti in una coalizione e al 5% per quelli che, al contrario, ne fanno parte. Anche questa clausola appare non ragionevole, ma soprattutto viola il principio di eguaglianza, così illustrato dalla Corte costituzionale: ogni legge elettorale deve rispettare “l’eguaglianza del voto e cioè la «parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso», in violazione dell’art. 48, secondo comma, Cost.” soprattutto se l’inclusione o l’esclusione di alcune forze politiche non è “un mero inconveniente di fatto, ma il risultato di un meccanismo (…) normativamente programmato per tale esito”.
I costituzionalisti, da Antonio Baldassarre a Michele Ainis a Ugo De Siervo a Cesare Mirabelli, si sono espressi con linguaggio prudente ma che va nello stesso senso: il premio di maggioranza è troppo alto, la soglia per farlo scattare (35%) troppo bassa. I deputati del Pd che hanno giurato di difendere la Costituzione di cos’hanno bisogno per accorgersi dell’orrore che Renzi chiede loro di votare?
@Fabriziotonello