Equitalia si arrende di fronte al buco da oltre 500 miliardi. “Negli ultimi 15 anni si sono accumulati crediti non riscossi per lo Stato per 545 miliardi di euro, ma di questi sono riscuotibili soltanto il 5-6 per cento“, ha detto il presidente Attilio Befera a una audizione alla Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria, sottolineando che “i tentativi di riscossione, lì dove era possibile, sono stati fatti tutti”. Il resto dei crediti sono riferiti a persone decedute, situazioni di fallimento o persone nullatenenti e quindi non c’è possibilità di recupero della somma dovuta.

“E’ un problema molto serio che bisogna assolutamente affrontare”, diceva Befera l’estate scorsa in una intervista al Corriere della Sera. Ma il problema resta più che mai attuale, come confermano le dichiarazioni del presidente di Equitalia, che è anche direttore dell’Agenzia delle entrate.

Non c’è da stupirsi, quindi, se gli incassi della società incaricata della riscossione dei tributi continuano a calare anno dopo anno. L’azienda ha fatto sapere a gennaio di avere incassato nel 2013 soltanto 7,1 miliardi di euro, a fronte dei 7,5 miliardi dell’anno precedente, con una flessione del 5% circa. Un ribasso che, stando al comunicato di Equitalia, va ricondotto a due fattori. “Come rilevato dalla Corte dei Conti, il trend è in flessione a causa della crisi economica ma anche dei numerosi interventi normativi con cui il legislatore ha introdotto misure di più ampio respiro per i debitori”.

Befera, durante l’audizione alla Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria, ha poi parlato della “patologia fiscale” tipicamente italiana che colpisce i coniugi con più case, e porta allo spostamento della residenza di uno dei due, per “non pagare l’imposta di bollo” e ottenere i benefici fiscali sulla prima casa. “Perché Comuni danno residenza se non c’è la separazione tra i coniugi?”, si è chiesto. “E’ il Comune che deve intervenire”, ha aggiunto, perché “questi casi in passato erano abbastanza rari, ora stanno aumentando. Si tratta di una patologia fiscale che andrebbe colpita a monte”.

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