Politica

Legge elettorale, dal “Salva Lega” alle quote rosa: Italicum bloccato alla Camera

L'iter in Parlamento parte al rallentatore dopo lo scontro su alcuni elementi. Tra questi rimane in piedi anche quello delle preferenze. D'Attorre: "Lavoreremo a un emendamento unitario"

Salva Lega“, quote rosa, ripartizione dei collegi, liste bloccate, soglia per il premio di maggioranza, diverso elettorato attivo tra Camera e Senato. Con un ritardo di mezza giornata nell’avvio della discussione. Non male per essere il primo giorno dell’Italicum in Parlamento. Il testo frutto dell’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi da intoccabile in due giorni è diventato un punching-ball. Caos aggravato dall’atteggiamento denunciato da Riccardo Fraccaro (Cinque Stelle): “Pretendono di iniziare una discussione su un testo che non c’è”. E infatti a tardo pomeriggio il testo-base della riforma elettorale non era ancora pronto. Il relatore e presidente della commissione Affari costituzionali Francesco Paolo Sisto (berlusconiano che ha proposto di cambiare il nome della legge elettorale in Sixtus…) alla fine è stato costretto a rinviare tutto a una seduta serale. E Matteo Renzi a cercare per tutto il giorno Silvio Berlusconi per sbloccare l’impasse dovuta anche al fatto che l’intesa con il Cavaliere doveva essere – appunto – un blocco di marmo da non modellare troppo. E invece no. Se il testo base non dovesse essere disponibile entro oggi, la prima commissione di Montecitorio dovrebbe convocare altre sedute venerdì, sabato e domenica per rispettare i tempi di approdo in Aula (lunedì 27). 

Il Pd non vuole “Salva Lega”: “La Padania non esiste”
Il primo problema, il più significativo, è legato al “Salva Lega” che il Pd non vuole, ma neanche i partiti piccoli non “territoriali” i quali si sentono discriminati. Il problema della Lega – con l’Italicum – è quello di tutti i partiti più piccoli: la soglia di sbarramento del 5% per entrare in Parlamento è lontana (e lo è ancora di più nel caso corresse da sola: lì bisogna arrivare all’8%). Nel 2013 la Lega arrivò al 3,9%. Ma a differenza degli altri “partitini” la Lega può vantare, come si sa, percentuali più alte in alcune zone del nord. Ma i democratici non ne vogliono sapere: “Non c’è nessuna ragione per riconoscere le aggregazioni interregionali – dice il deputato Francesco Sanna – la Padania non esiste”. E per essere più esplicito fa il gesto del “marameo”. 

Salvini: “La Lega non ha bisogno di aiutini”
Il segretario federale Matteo Salvini se ne tira fuori e dice che la Lega ne può fare a meno: “Avviso ai dis-informatori di professione. La Lega non ha bisogno di ‘aiutini’ o leggi elettorali fatte su misura: il consenso lo chiediamo ai cittadini, alla luce del sole, non con accordi o accordini salva-Lega”. Salvini conclude: “La Lega si occupa dei problemi del lavoro, lasciamo volentieri al Pd i litigi sulla legge elettorale e le chiacchiere (per fortuna solo quelle) della sciura Kyenge”. Si straccia le vesti anche Roberto Calderoli, ideatore della Porcata che ha eletto gli ultimi tre Parlamenti: “La norma ‘Salva Lega’ non ci serve, la Lega si salva da sola. E non era nel Porcellum: chi lo dice è un ignorante”. Come sempre non manca il controcanto di Umberto Bossi: “Se ci cacciano dal Parlamento, la Lega è pronta a fare una battaglia di liberazione. Lo sbarramento va fatto su base territoriale”.

Il paradosso è che del Salva Lega non frega niente al segretario del Carroccio, ma è dirimente per il capogruppo di Forza Italia al Senato Paolo Romani: “‘Penso sia importante. Se non ci sarà potrà essere un problema”. Romani ha confermato anche la contrarietà dei berlusconiani alle preferenze: “non mi sembra assolutamente che ci siano le condizioni per introdurle”, ha aggiunto sottolineando che “pacta sunt servanda”.

Quote rosa, nella bozza testo modificato rispetto all’intesa
Si aggiunge ora anche la questione delle quote di genere. Nella bozza informale ricevuta dai partiti e su cui sono state sollevate obiezioni risulta modificata la presenza delle donne nei listini bloccati rispetto agli accordi. L’intesa prevedeva l’alternanza uomo/donna mentre la bozza prevede che nei listini “non possano esserci più di due nominativi consecutivi dello stesso genere”.

Spunta anche il nodo sulla ripartizione dei collegi
E poi i problemi tecnici che riferisce lo stesso Sisto. Sono ancora da definire anche i dettagli della ripartizione dei collegi e del raccordo tra le norme per la Camera e quelle per il Senato. In particolare, c’è il tema della ripartizione dei collegi nelle città metropolitane, se si struttura il sistema su base provinciale. La questione è complessa, dunque potrebbe non essere presentato subito l’allegato al testo della legge che dettaglia la ripartizione dei collegi. Quanto al Senato, c’è non solo la questione dell’assegnazione dei seggi su base regionale, ma anche del diverso elettorato attivo rispetto alla Camera (si vota dai 25 anni).

Liste bloccate, D’Attorre (Pd): “Lavoreremo a un emendamento unitario”
Intanto i democratici dichiarano ufficialmente che si lavorerà a un emendamento unitario del gruppo per intervenire sulle liste bloccate. “Berlusconi può convincerlo Renzi – dichiara Alfredo D’Attorre – Con lui ha siglato l’accordo su questa legge elettorale. Abbiamo bisogno della sua forza per convincerlo a dire sì: se il Pd è unito su questo ce la possiamo fare”. 

L’Italicum fa litigare Sisto e La Russa
Il ritardo registrato già ai blocchi di partenza da parte della riforma elettorale è riuscito a produrre anche un inedito diverbio tra il presidente di commissione Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) e Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia). Quest’ultimo ha infatti accusato il berlusconiano di essere solo “un passacarte” del testo della legge. Quando Sisto ha annunciato che il testo non era ancora pronto, La Russa ha accusato il relatore: “Questa è una pietosa bugia; è di tutta evidenza che non è lui a scrivere il testo della riforma e che lui è solo un passacarte, seppur autorevole e degno di rispetto. La legge è chiaramente scritta in sede extra parlamentare”. Sisto a proposito della stesura extraparlamentare del testo, ha replicato dicendo che il relatore si può avvalere di consulenti nella stesure del provvedimento. Poi, visto che La Russa ha alzato i toni, gli ha tolto la parola. “La Russa – ha detto Sisto – non è nuovo a queste esternazioni; quello che non ho tollerato è la bagarre in Commissione, il battere i pugni sul tavolo”. A sua volta La Russa, fuori dalla commissione, ha ribadito l’accusa a Sisto di essere “un passacarte”. “Passacarte dopo 38 anni di onorata attività accademica e professionale? Questa sì è una pietosa bugia” ha replicato Sisto.

I numeri di Montecitorio contro Renzi
Il punto è che la bozza Renzi, uscita fuori dopo l’accordo con Silvio Berlusconi è al centro del mirino del Parlamento. I numeri alla Camera non giocano a favore del segretario Pd. Ciò che non hanno potuto Gianni Cuperlo e i partiti minori, insomma, potrebbero i “colleghi democratici” in commissione Affari costituzionali alla Camera. Questione di numeri. Di cosa si tratta? Scalfire la blindatura di Matteo Renzi sulla bozza della nuova legge elettorale concepita a tavolino con Silvio Berlusconi. Nella giornata di ieri, il segretario democratico ha ripetuto come un mantra un concetto: solo il Parlamento può modificare l’Italicum, non il Pd, che ha approvato a larghissima maggioranza il nuovo sistema di voto nella direzione dem di domenica scorsa. Così non è. O, meglio, la realtà potrebbe essere diversa da quella prospettata dall’ex rottamatore. A ricordarglielo è stata l’ex presidente del Pd Rosi Bindi, che ha sottolineato come nell’organismo parlamentare da cui gioco forza dovrà passare Renzi non ha i numeri per imporre il suo diktat. “Insieme agli altri partiti abbiamo la maggioranza” ha detto. Dei 21 componenti democratici all’interno della commissione, infatti, solo 9 sono di estrazione renziana, mentre i restanti 12 o non si sono espressi oppure rappresentano la cosiddetta sinistra del Pd.

D’Alema: “Parlamento approfondirà e correggerà riforme”
A confermare le possibilità di cambiamento dell’Italicum evidenziate ieri da Renzi (“Il Parlamento può modificare, il Pd no”), da Parigi sono arrivate le parole dell’ex premier Massimo D’Alema, non proprio un alleato del segretario democratico. “Le riforme istituzionali sono necessarie per il nostro Paese, certamente bisogna farle bene. Il Parlamento discuterà e approfondirà” ha detto l’ex ministro a margine di un convegno. Non solo. “Che ci sia la volontà comune di arrivare a delle riforme è certamente un fatto sicuramente molto positivo – ha aggiunto D’Alema – si è aperto un processo che spero si concluda con le migliori soluzioni. Certo, naturalmente nella libertà del Parlamento di approfondire, correggere, decidere, secondo le regole democratiche normali”. Un attacco in più alle certezze di Renzi.