In manette anche anche Luigi Pelaggi, ex collaboratore di Stefania Prestigiacomo. Le indagini condotte dal Nucleo operativo ecologico dei carabinieri sull'area dell'ex polo chimico di Pioltello (Milano) sono durate tre anni. Ai rifiuti pericolosi venivano cambiate le etichette e poi venivano portati in discarica. Gli indagati sono 38
Un’area che ospitava un polo chimico da bonificare con urgenza, l’ex Sisas Pioltello (Milano), una pletora di imprenditori spregiudicati, una marea di soldi pubblici e un funzionario del ministero dell’Ambiente corrotto. È così che tonnellate di rifiuti pericolosi nel 2011 solo grazie al cambio di codice risultavano puliti, venivano ritirati e – così come erano brutti sporchi cattivi – smaltiti in discariche italiane o spediti in Germania. Dopo tre anni di indagine i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, guidati dal colonnello Sergio De Caprio già capitano Ultimo, hanno strappato la ragnatela che univa quelli che per il gip di Milano Luigi Varanelli sono sei “consumati professionisti” dello smaltimento illegale di rifiuti pericolosi perché contenenti in alcuni casi benzo(a)pirene e mercurio. Tutti e sei sono stati arrestati, mentre gli indagati sono 38. Truffa aggravata, corruzione, traffico illecito di rifiuti, fraudolenta declassificazione dei rifiuti i reati contestati a vario titolo.
È il 2004 quando il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio autorizza con urgenza l’avvio dei lavori di bonifica con lo smaltimento in impianti autorizzati di tutto il nero fumo contenuto nell’area che si trova nella periferia est di Milano e occupava una superficie di 330 mila metri quadrati. Tre le discariche, denominate A, B e C, da ripulire con circa 280.000 tonnellate di rifiuti industriali – compresi idrocarburi residui della produzione di colle e solventi contaminati con mercurio – di cui 50.000 tonnellate di nerofumo, generati dai processi produttivi e che minacciavano la falda acquifera. Ad aggiudicarsi il primo appalto da 143 milioni era stata la Sadi Servizi Industriali, poi coinvolta in un’altra inchiesta quella sulla bonifica dell’area Santa Giulia-Montecity. Sulla pratica era piombata la procedura d’infrazione avviata dall’Unione Europea e il governo Berlusconi aveva nominato quale commissario delegato per l’esecuzione di ogni necessaria iniziativa finalizzata alla prosecuzione e al completamento delle attività Luigi Pelaggi. E a questo funzionario (indagato anche a Taranto per il caso Ilva in quanto segretario della commissione tecnica che nell’agosto 2011 rilasciò all’Ilva l’autorizzazione integrata ambientale), ex capo della segreteria del ministro Stefania Prestigiacomo, che secondo le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, è arrivata una mazzetta complessiva di 700mila euro. È lui che alle perplessità di un commissario per l’aggiudicazione dell’appalto risponde: “Scusatemi il diritto si inventa pure no!!.. Un po’ di fantasia…”. È lui che per il gip è un “soggetto capace in grado di esercitare forti influenze sia su funzionari di livello ministeriale/governativo, amministratori di enti locali e altri” e che a un certo punto ha saputo che era stata aperta un’inchiesta.
È l’ufficio del commissario che dà l’appalto da 35 milioni alla società Daneco Impianti autorizzando l’avvio dei lavori e l’intervento di messa in sicurezza e rimozione del nero fumo. La contropartita per il funzionario, secondo le indagini, è arrivata da Francesco Colucci, presidente del Cda della Unendo controllante della Daneco, e dall’amministratore unico direttore tecnico Bernardino Filipponi. Che non avevano neanche le autorizzazioni e i requisiti e necessari a eseguire le bonifiche. Tanto che si limitavano a sostituire delle etichette. Un imbroglio reso possibile grazie alla complicità di Fausto Melli e Luciano Capobianco, responsabili della stazione appaltante, Sogesid, società partecipata dal ministero dell’Ambiente, nonché del consulente Claudio Tedesi, ingegnere ambientale. Tutti e tre hanno “chiuso” le verifiche sulla regolarità delle operazioni di smaltimento. Per loro il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari.
Nel registro degli indagati sono finiti funzionari pubblici e titolari di società operanti nel settore del movimento terra e del ciclo dei rifiuti. Tra questi c’è il direttore generale dell’Arpa Regione Lombardia, Umberto Benezzoli, Giulio Serena, direttore del dipartimento Arpa di Brescia, Franco Picco, direttore generale della direzione Ambiente ed Energia della Regione Lombardia, Maurizio Frascarolo, funzionario della direzione generale Ambiente ed Energia della Regione Lombardia, Cinzia Secchi, direttore qualità dell’Ambiente ed Energia della Provincia di Milano, Loredana Mesumeci, direttore del dipartimento di Ambiente e connessa prevenzione primaria dell‘Iss di Roma e Gianni Beretta, presidente della Commissione di collaudo dell’ex area Sisas. Risultano indagati anche imprenditori e manager di società che hanno collaborato allo smaltimento dei rifiuti dall’area Rodano/Pioltello, tra i quali Gilberto Galloni, ad di Fs Logistica, e Edoardo De Visentini, procuratore Trenitalia responsabile divisione cargo filiera chimica di Trenitalia.