La proposta di legge elettorale avanzata da Renzi, Berlusconi e Alfano è peggio del Porcellum ed è più incostituzionale del Porcellum. Questo per due semplici motivi.
Innanzitutto, come il Porcellum la proposta Pd/Pdl è ipermaggioritaria e nei fatti non ha alcuna soglia minima per far scattare il premio. Semplicemente se il primo partito raggiunge il 35% il premio scatta automaticamente, se questa soglia non viene raggiunta il premio scatta dopo un ballottaggio. Quindi la distorsione della rappresentanza che la Corte Costituzionale ha ravvisato nel Porcellum è pienamente confermata dalla proposta Renzi.
Parimenti la possibilità dell’elettore di scegliere il proprio candidato continua a non esistere in quanto le liste elettorali, per quanto più corte, sono fisse ed insindacabili. Quindi anche il secondo rilievo di incostituzionalità sollevato dalla Corte non viene risolto dalla proposta Renzi.
Sin qui ci troviamo quindi di fronte ad una proposta che riproduce gli effetti del Porcellum e i vizi di costituzionalità dello stesso.
Esiste però un motivo preciso per cui il sistema elettorale proposto da Renzi e Berlusconi è peggiorativo del Porcellum. Nel caso del Porcellum la distorsione della rappresentanza riguardava nella sostanza il premio di maggioranza, cioè chi vinceva. Nella nuova legge elettorale proposta la distorsione si concentra invece anche – per certi versi soprattutto – su chi perde. La scelta di fare sbarramenti che partono dall’8%, ma che in realtà sono molto più alti, riduce nei fatti a 2 o 3 grandi partiti la possibilità di accedere alla rappresentanza istituzionale, mettendo fuori dal Parlamento tutti gli altri. La cosa che salta agli occhi è che questa esclusione non ha alcuna giustificazione: se il premio di maggioranza viene giustificato in nome della governabilità, che cosa giustifica il fatto che solo minoranze sopra l’8% possano entrare in Parlamento?
Il punto allora è questo: la logica di Renzi aggiunge all’assolutizzazione del tema della governabilità, quello della semplificazione autoritaria del sistema politico. Il sistema politico italiano nello schema di Renzi e Berlusconi diventa sempre più simile ad un consiglio di amministrazione di una azienda, in cui il “parco buoi” dei piccoli azionisti non ha mai voce in capitolo. È l’assolutizzazione del principio del governo da parte di minoranze oligarchiche con la riduzione al silenzio della maggioranza disorganizzata della popolazione. Oppure se volete una specie di campionato professionista senza retrocessioni e senza nuovi ingressi: chi ha i soldi per stare dentro il campionato ci rimane, ha il suo ritorno di immagine, e non rischia mai di entrare in concorrenza con chi dal campionato è escluso.
Ovviamente questa scelta non ha nulla a che vedere con la democrazia e la rappresentanza delle opinioni del popolo sovrano. L’idea di fondo è che una volta assunte le politiche di austerità come la strada obbligata di ogni governo, si tratta di impedire al popolo di organizzarsi per far valere le proprie ragioni e per costruire una alternativa. La cancellazione dalla rappresentanza parlamentare – e quindi anche dal circuito mediatico che a quella rappresentanza è connesso – diventa la strada maestra per cercare di confinare nella protesta le istanza alternative. Il nodo fondamentale non è più la governabilità – che come vediamo è garantita in tutta Europa da grandi coalizioni – ma l’espulsione dalla scena della comunicazione di massa di tutte le istanze che pongano il nodo dell’alternativa di sistema.
Non è un piccolo salto di qualità e rappresenta non solo la distruzione della democrazia nata dalla resistenza ma della democrazia tout court. Per avere un’idea, la famigerata legge Acerbo del 1924, varata dopo la marcia su Roma e fortemente voluta da Mussolini, determinò un risultato elettorale in cui il fascismo ebbe la maggioranza assoluta ma in cui ottennero seggi: Partito Popolare Italiano (9,01%, 39 seggi), Partito Socialista Unitario (5,90%, 24 seggi), Partito Socialista Italiano (5,03%, 22 seggi), Partito Comunista d’Italia (3,74%, 19 seggi), Liberali centristi (3,27%, 15 seggi), Opposizione costituzionale (2,20%, 14 seggi), Partito Repubblicano Italiano (1,87%, 7 seggi) e così via.
In altri termini, la legge prodotta da Renzi e Berlusconi è molto peggio della Legge Acerbo voluta da Mussolini dopo la marcia su Roma. Con le legge Renzi, Matteotti probabilmente non sarebbe mai stato assassinato, per il semplice motivo che non sarebbe stato eletto in Parlamento e non avrebbe mai potuto denunciare in quella sede le malefatte del regime. Forse è un problema che non riguarda solo i piccoli partiti.