Secondo il docente di diritto la soglia del 35% per il premio di maggioranza "non rispetta affatto quello che aveva detto la Corte". Il giurista Bovero, erede della cattedra di Bobbio esprime "sconcerto": "E' una riedizione del Porcellum, con gli stessi vizi. Si avranno elezioni non democratiche"
L’Italicum, la riforma di legge elettorale proposta da Matteo Renzi, “è ancora molto lontana” dal rispondere ai rilievi della Corte costituzionale che aveva bocciato il Porcellum. “Non ci siamo”, commenta il costituzionalista Alessandro Pace. E’ solo l’ultimo dei commenti critici – a dire poco – di esperti di diritto e in particolare di Costituzione. Su tutti si era distinto quello di Giovanni Sartori che aveva parlato di Pastrocchium. L’aspetto che maggiormente rischia di incorrere nuovamente in questioni di costituzionalità e che dunque si allontana parecchio da quanto aveva indicato la Consulta è la soglia del 35 per cento per vedere assegnato il premio di maggioranza. “Questa scelta non rispetta affatto quello che aveva detto la Corte costituzionale”, dice all’Ansa il professore emerito di diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma.
“Con il 35 per cento non siamo di fronte ad una vera e propria maggioranza – insiste il professor Pace -, è una maggioranza relativa, una percentuale da ‘poveracci’ per una coalizione” che vuole governare in base ad un sistema elettorale maggioritario e che dunque punta a superare le larghe intese con il bipolarismo. Per quanto riguarda invece un altro nodo della riforma proposta, quello delle liste bloccate, “in linea teorica la sentenza della Corte costituzionale non le aveva completamente escluse ma dovrebbero essere liste corte, cortissime, al massimo di tre o quattro persone”. Al momento il testo di Italicum prevede invece, sì, liste corte ma con un numero che può arrivare fino a sei candidati, cioè il numero di tutti i seggi assegnati ad un determinato collegio (che variano da tre a sei).
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video di Alessandro Madron
E al coro si aggiunge pure il giurista Michelangelo Bovero, erede della cattedra di Norberto Bobbio all’università di Torino, esprime “sconcerto” per la proposta di riforma elettorale presentata alla Camera. “E’ una riedizione della legge Calderoli – afferma – e presenta gli stessi vizi che hanno fatto in parte dichiarare incostituzionale quella legge”. In una lezione pubblica “In difesa della Costituzione”, Bovero ha sostenuto che “Renzi ha fatto accettare alla destra più o meno la stessa legge che questa aveva già prodotto”, ma che “la bozza attuale è più incostituzionale”. “Le soglie di sbarramento e i premi di maggioranza – ha detto il professore – sono una ferita alla democrazia. Sono come gli specchi deformanti dei luna park a Carnevale, ledono il principio di rappresentanza e il principio che tutti i voti debbano avere peso uguale. Invocare la governabilità è un trucco usato proprio per uccidere la rappresentanza”. “Se il sistema democratico non funziona, nel senso che non si riesce a governare – ha aggiunto – la colpa non è delle regole ma dei giocatori. Se questa riforma elettorale sarà approvata – ha concluso – si avranno elezioni non democratiche”.