Invito a comparire per il governatore, alcuni assessori e consiglieri. Sotto osservazione dei pm della procura di Pescara, i rimborsi delle missioni e non quelli dei gruppi consiliari sui quali l’indagine é ancora aperta e dovrebbe concludersi entro un paio di mesi
Le inchieste sui “rimborsi facili” toccano anche la Regione Abruzzo. La procura della Repubblica di Pescara ha emesso 25 informazioni di garanzia, con invito a comparire, nei confronti del presidente della Giunta, Gianni Chiodi, di quello del Consiglio, Nazario Pagano e di altre 23 persone, tra assessori e consiglieri. I reati contestati sono truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo, peculato e falso ideologico riguardo a rimborsi per una serie di missioni istituzionali. L’elenco è tristemente simile a quello degli altri scandali nei consigli regionali: biglietti aerei in business class pagati ai parenti, hotel di lusso senza motivazioni o più camere pagate mentre si era soli in missioni, pranzi luculliani, persino una bottiglia di barolo da 95 euro per l’ex assessore alla Cultura Luigi De Fanis, arrestato a novembre per concussione e sottoposto ai domiciliari, così come la sua segretaria, dopo la denuncia di un imprenditore a seguito delle continue richieste di denaro che il politico gli avrebbe fatto.
L’inchiesta partita un’anno e mezzo fa era giunta sul tavolo del pm Giampiero Di Florio alla fine di dicembre scorso: l’iscrizione su registro degli indagati del presidente Gianni Chiodi e altri 24 tra assessori e consiglieri è il primo risultato a cui perviene la Procura, visto che si tratta solo dei rimborsi delle missioni e non dei rimborsi dei gruppi consiliari sui quali l’indagine é ancora aperta e dovrebbe concludersi entro un paio di mesi. Da questa prima tranche di indagine é fuori il 2013, visto che le spese di quest’anno non sono ancora rendicontate. Il reato di truffa aggravata é per il periodo iniziale della consiliatura, quando Giunta e assessori anticipavano le spese e quindi i rimborsi erano a debito. Il peculato é per uso di carta di credito non per fini istituzionale, mentre il falso ideologico é per fatturazioni con dati non rispondenti al vero. Le indagini riguardano il periodo compreso tra il gennaio 2009 e dicembre 2012.
Gli indagati, oltre ai già citati Chiodi e Pagano, sono: Alfredo Castiglione (attuale vicepresidente alla Regione e assessore alle Attività produttive), Paolo Gatti (assessore all’Istruzione), Mauro Di Dalmazio (assessore al Turismo), Carlo Masci (assessore al Bilancio), Mauro Febbo (assessore all’Agricoltura), Gianfranco Giuliante (assessore Protezione Civile), Federica Carpineta (assessore al personale), Luigi De Fanis (ex assessore alla Cultura), Angelo Di Paolo (assessore ai Lavori Pubblici), Lanfranco Venturoni (ex assessore alla Sanità), Riccardo Chiavaroli (consigliere Pdl), Giorgio De Matteis (Mpa), Emilio Nasuti (Pdl), Nicola Argirò (Pdl), Alessandra Petri (Pdl), Antonio Prospero (Rialzati Abruzzo), Lorenzo Sospiri (Pdl), Giuseppe Tagliente (Pdl), Luciano Terra (Udc), Nicoletta Verì (Pdl). Tra i consiglieri d’opposizione: Franco Caramanico (Sel), Cesare D’Alessandro (Idv), Carlo Costantini (Idv).
Lorenzo Sospiri (all’epoca dei fatti contestati, capogruppo Pdl), commenta così l’indagine: “Con vivo stupore ho appreso dell’indagine intrapresa dalla Procura della Repubblica di Pescara inerente la questione dei rimborsi richiesti alla Regione Abruzzo. Le contestazioni, prima che insussistenti nel merito, si presentano fantasiose e inidonee a reggere qualsiasi vaglio, e approfondimento”. “Ho rappresentato l’Abruzzo anche all’estero solo ed esclusivamente a fini promozionali. Le missioni, infatti, sono un valore”, spiega in una nota, il presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo Nazario Pagano. Mentre il governatore dell’Abruzzo Chiodi dice: “Ancora non so precisamente di che cosa si tratti perché non ho ricevuto l’avviso di garanzia. Ho capito che si tratta di rimborsi e, da quello che si apprende, sembrano cose che possono essere spiegate ampiamente, non è come avvenuto nel resto dell’Italia”. E aggiunge: “Prima o poi in Abruzzo doveva arrivare, è un trend nazionale”, facendo riferimento alle inchieste in altre regioni sulle “spese pazze” che hanno portato finora anche ad arresti.