L’indulto è il primo passo per risolvere l’emergenza carceraria. E’ questa la soluzione proposta dal Primo presidente della Corte di Cassazione Giorgio Santacroce nella sua Relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. In attesa di “riforme di sistema” non c’è “altra via che l’indulto per ridurre subito il numero dei detenuti”, scarcerando chi “non merita di stare in carcere ed essere trattato in modo inumano e degradante”.
Un primo passo, prima di realizzare “la riforma delle riforme”: quella della prescrizione, per la quale “veniamo ripetutamente sollecitati da organismi internazionali, da ultimo il rapporto Ocse, che deplorano l’alta percentuale di delitti di corruzione dichiarati estinti per tale causa”.
Per cercare di risolvere l’altra piaga storia della giustizia italiana, la lentezza dei processi, il presidente Santacroce indica la strada tracciata dalle Commissioni Gisutizia. “Meritano consenso” le proposte delle Commissioni istituite presso il ministero della Giustizia per snellire il processo civile e smaltire l’arretrato e, sul versante penale, le proposte tese “a restringere l’area delle sanzioni detentive e a contenere il ricorso alla custodia cautelare, acquisendo una maggiore consapevolezza critica della sua funzione di extrema ratio da utilizzare entro i confini più ridotti possibili”.
Il Primo presidente della Cassazione interviene anche sui ripetuti attacchi della politica contro la magistratura: “Lo stato di tensione tra magistratura e politica, nonostante i suoi ripetuti interventi, non accenna a spegnersi, e il suo persistere, rappresenta una vera e propria spina nel cuore per noi magistrati”. “Il risvolto più doloroso – continua Santacroce – “è una delegittimazione gratuita e faziosa, che ha provocato, goccia dopo goccia, una progressiva sfiducia nell’operato dei giudici e nel controllo di legalità che a essi è demandato”.
Ma non manca un “rimprovero” anche alle toghe. Per dare “credibilità” al loro operato “senza alimentare diffidenze, pessimismi, sospetti” i magistrati devono “sentirsi sempre meno potere e sempre più servizio come vuole la Costituzione”, “abbandonare inammissibili protagonismi e comportamenti improntati a scarso equilibrio” senza “assumere improprie missioni catartiche e fuorvianti smanie di bonifiche politiche e sociali“.
Poi l’allarme: “In molte zone del Paese seguita ad essere un’emergenza il diffondersi della criminalità organizzata, specie di stampo mafioso, che mostra segni di una progettualità volta alla riorganizzazione e alla realizzazione del proprio potere anche attraverso un ricambio generazionale e l’inserimento nelle attività criminali di soggetti di nazionalità straniera”.
E il tema della mafia è al cento anche dell’intervento del procuratore generale Gianfranco Ciani: : “Le minacce di morte a magistrati del pubblico ministero, addirittura dall’interno delle carceri” sono “attacchi dei quali le istituzioni hanno il dovere di darsi carico, con una risposta unanime e della massima fermezza“.
Il pg torna anche sul tema delle polemiche tra magistratura e politica. “Possono essere stati commessi errori: ma sento di poter escludere, – sostiene il pg – con tranquillante certezza, che l’azione penale abbia inteso perseguire finalità che non le appartengono, al di là delle fisiologiche ed inevitabili ricadute politiche derivanti dall’azione di essa, effetto non imputabile” ai pm. Poi la stoccata alla politica: “Non c’è un eccesso di interventismo della magistratura” bensì “un vuoto lasciato dalla politica” che non è stata “in grado di rinnovare” se stessa adeguandosi alle “esigenze dei cittadini”. In materia di giustizia sono “mancate riforme condivise”.
“Mi sono ispirata a un approccio pragmatico” nell’affrontare le riforme per la giustizia: è necessario “un certosino lavoro di analisi delle lacune e degli anacronismi”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Anche il Guardasigilli esprime la propria vicinanza ai pm minacciati dalla mafia.