Una incredibile e accurata inchiesta dei giornalisti dell’International Consortium of Investigative Journalists ha mostrato come il segreto finanziario offshore sia ormai diffuso in tutto il mondo. In questo nuovo dossier l’associazione di giornalismo investigativo di Washington ha pubblicato documenti scottanti che rivelano le società offshore utilizzate dai ricchi del nuovo millennio: i cinesi. E per questo ribattezzata “Chinaleaks”.

I files che riguardano la Cina fanno parte del segmento più grande fra i 2,5 milioni di files ottenuti  dall’Icij, e già pubblicati nei mesi scorsi nella serie Offshoreleaks. Un’inchiesta che nel corso dei mesi ha svelato il più grande numero di informazioni privilegiate sul sistema offshore mai ottenuto da una organizzazione dei media. Una dimensione dei files superiore alla fuga di notizie di Wikileaks sul Cablegate. Documenti che hanno avuto un forte impatto portando a dimissioni e cambiamenti politici in tutto il mondo. Ma i dettagli sulla Cina, Hong Kong e Taiwan erano stati fin ora trattenuti.

Quasi 22.000 clienti off-shore con indirizzi in Cina e Hong Kong compaiono nei files. E forniscono dati e cifre precise dei trasferimenti di denaro, ed i successivi legami tra le aziende e i privati. Il quadro che ne viene fuori rappresenta un’elite cinese che ha costantemente utilizzato i paradisi fiscali sottraendosi ai controlli fiscali di Pechino. Tra i titolari di queste società, ci sono almeno quindici degli uomini e delle donne più ricche della Cina. Parenti di alcuni tra i principali leader della Cina. E dirigenti di aziende. Il materiale comprende anche i nomi di circa 16.000 clienti provenienti da Taiwan. PricewaterhouseCoopers, UBS, Credit Suisse e altre banche occidentali e società di revisione contabile hanno invece giocato un ruolo chiave come intermediari per aiutare i clienti cinesi ad istituire trust e società nei paradisi fiscali.

La corruzione cinese presente nell’indagine dell’Icij colpisce anche l’industria del petrolio. I dirigenti petroliferi di alto livello della Cina sono tra i più potenti del paese, e spesso hanno forti legami con l’elite politica. Tre grandi compagnie petrolifere statali cinesi, considerate tra le aziende più grandi del mondo, sono legate a decine di società nelle Isole Vergini Britanniche. L’ex dirigente di PetroChina Li Waring, che è stato licenziato nel mese di agosto, è stato direttore di due società offshore. Ma ad essere coinvolte nello scandalo sono anche la China National Offshore Oil Company, e la Sinopec. Il settore petrolifero cinese utilizza spesso giurisdizioni offshore: per consentire gli investimenti all’estero, e evitare le forti restrizioni burocratiche presenti nel Paese. 

Tutto ciò che rappresenta l’economia cinese appare nell’inchiesta: petrolio, industrie minerarie, pannelli solari, commercio di armi. Nonostante la forte crisi economica mondiale, il denaro sporco continua a crescere e la corruzione ad essere alimentata da queste società offshore. Sarà forse questa la chiave del successo economico cinese?

Alcuni cinesi hanno sfidato la collera del governo sollevando domande circa la ricchezza di oligarchi aziendali, funzionari governativi e delle loro famiglie. Numerose sono state le persone e i gruppi internazionali che hanno lavorato nel corso degli anni per limitare queste truffe fiscali. Il dossier è stato rilasciato in Cina proprio nel giorno in cui si teneva il processo all’avvocato e attivista  Xu Zhiyong.  Xu rischia fino a cinque anni di carcere per la sua campagna legata all’ottenimento di una maggiore trasparenza finanziaria

Da ricordare che la Cina è nota per aver cercato più volte di punire anche i giornalisti che hanno esposto le attività nascoste di alti funzionari e delle loro famiglie; per aver imprigionato 32 giornalisti e blogger soltanto nel 2013. E per le sue frequenti censure ai social network. Come ha riportato Marina Walker Guevara dell’Icij, “con la Cina che tenta continuamente di censurare i media, il fattore della sicurezza è diventato prioritario. Un forum online crittografato è stato quindi usato dai giornalisti che fanno parte del progetto per scambiarsi le informazioni ottenute in modo sicuro”. I giornalisti a novembre furono spinti dai funzionari del governo a interrompere il progetto offshore. E ora le autorità cinesi stanno tentando di bloccare l’accesso online alle notizie correlate all’inchiesta offshore. 

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