I democratici vogliono che siano definiti dal ministero dell'Interno (come sempre), i berlusconiani vogliono una commissione ad hoc. Le circoscrizioni sono 150: riprendono quelle del Mattarellum, ma accorpate. Lattuca: "Sembrano disegnati da Picasso". Intanto è stato fissato a lunedì il termine per la presentazione degli emendamenti. Nuti (M5s): "Prima si vota e poi si sa cosa si vota?"
Via libera in commissione Affari Costituzionali alla Camera al testo base della legge elettorale. Hanno votato a favore tutti i partiti della maggioranza (Pd, Ncd, Sc, Popolari per l’Italia) e Forza Italia. Resta però il nodo della delega al governo per disegnare i collegi elettorali: Forza Italia è contraria, mentre la chiedono tutti i partiti della maggioranza. Ma per qualcuno inizia già a scricchiolare il patto Pd-Forza Italia sulla legge elettorale. Presto per dirlo, ma di certo lo scontro tra democratici e berlusconiani si sta concretizzando in queste ore su chi deve “disegnare” nuove circoscrizioni e nuovi collegi della Camera, una questione già emersa nei giorni scorsi. Il Pd ha chiesto che gli allegati siano delegati al governo, Forza Italia vuole che ai documenti lavori una commissione parlamentare ad hoc anche perché non si fiderebbe troppo che su questi aspetti lavori il ministero dell’Interno guidato dal leader del Nuovo Centrodestra Angelino Alfano. Delegando il governo alla costituzione delle tabelle, spiegano dalla commissione, dovrebbe essere modificato il testo base, non ancora adottato dall’organo parlamentare. Il Partito democratico, sempre secondo quanto si apprende, avrebbe minacciato, qualora le tabelle non fossero fatte dal governo in commissione, di presentare in aula un emendamento per restituire all’esecutivo il potere di costituire gli allegati. Normalmente in tutti i procedimenti gli allegati sono affidati al governo. Ma anche su questo lo scontro avviene anche all’interno del Pd: “Ad una prima lettura i collegi sono stati disegnati da Pablo Picasso” scrive su Twitter il deputato Enzo Lattuca.
Sono 150 le circoscrizioni (per l’elezione della Camera) contenute nella tabella B allegata al testo base della legge elettorale, depositata dal relatore e presidente della commissione Affari costituzionali Francesco Paolo Sisto (Forza Italia). Le circoscrizioni scelte riprendono i quelle del 1993 (legge Mattarella) ma sono state accorpate. La questione circoscrizioni ha suscitato non poche polemiche durante l’ufficio di presidenza di oggi della commissione, quando il Pd (con l’intervento di Emanuele Fiano) ha detto di voler affidare al Governo la delega per la compilazione delle circoscrizioni. Alle 150 circoscrizioni, si dovrebbe aggiungere, l’eventuale circoscrizione estera.
Ma, anche se sembra cosa da poco, decidere chi decide i collegi è tutt’altro che secondario. Per due motivi. Il primo: finora questa operazione è sempre stata fatta dal Viminale dove ci sono tecnici che in teoria non hanno interesse a dividere province e territori con secondi fini. Il secondo: il Viminale farebbe molto prima e perderebbe molto meno tempo. In caso contrario si può immaginare cosa succederebbe con l’ennesimo gruppo di parlamentari pronti a litigare e a tirare le righe dei collegi in un senso o in un altro per svariati interessi. Ieri Gianclaudio Bressa (Pd) portava ad esempio la provincia di Belluno. Poiché i collegi sono calcolati con circa 500mila elettori e Belluno supera di poco i 200mila sarebbe molto diverso se venissero accorpate Belluno e Vicenza (dove sarebbe avvantaggiato il centrosinistra) o Belluno e Treviso (dove sarebbe avvantaggiato il centrodestra).
Nel frattempo l’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali ha deciso di fissare la scadenza per la presentazione degli emendamenti alla legge elettorale per lunedì alle 13. E qui protestano di nuovo i Cinque Stelle: “Prima si vota e poi si viene a sapere cosa si è votato. Mancano le circoscrizioni e i collegi e nonostante ciò Sisto impone una scadenza degli emendamenti. Su cosa? Sul nulla. Hanno già deciso tutto, da tempo” scrive l’ex capogruppo Riccardo Nuti.
Mentre risorge il “Salva Lega” (Verdini ha tranquillizzato Umberto Bossi) ecco un altro problema, da aggiungere a questi appena detti e al tema – ben più complicato – delle liste bloccate e dei ripetuti no di Forza Italia alle preferenze: l’innalzamento della soglia necessaria per il premio di maggioranza. Il Pd ha chiesto di poterla elevare dal 35 al 38 o anche al 40. Secondo alcune fonti Denis Verdini ha dato qualche possibilità a Maria Elena Boschi (responsabile Riforme del Pd), secondo altre fonti anche su questo Forza Italia non retrocederà: “Diventerebbe un doppio turno quasi automatico – spiega un deputato forzista anonimo all’agenzia Public Policy – mentre con il 35% siamo sicuri che probabilmente non ci si vada”. Quindi sul tema del premio “non cambiamo idea” perché “per concedere il ballottaggio abbiamo faticato, non eravamo d’accordo, quindi non si può alzarlo di 5 punti”. Il Pd “sa benissimo in quali termini è stato raggiunto l’accordo”. Il ‘no’ di Fi arriva anche sulla proposta di abbassare lo sbarramento per i partiti che si presentano in coalizione (ora al 5%). “Se noi come il Pd vogliamo il bipolarismo – riferiscono da Forza Italia – le soglie di sbarramento non possono essere abbassate”.