E’ stato fatale lo zampino nel quotidiano l’Unità per il confindustriale Alfonso Dell’Erario: Benito Benedini, presidente del Sole 24 Ore, lo sta mettendo alla porta del gruppo che pubblica il quotidiano economico dell’associazione degli industriali guidati da Giorgio Squinzi. Per ora Dell’Erario ha perso l’incarico di direttore della System, la società che raccoglie la pubblicità per il giornale diretto da Roberto Napoletano, e si è visto sopprimere anche il Comitato Sviluppo che presiedeva. Mantiene quindi la responsabilità della comunicazione aziendale, ma solo “in attesa di chiudere il rapporto di lavoro nell’ambito del piano di crisi aziendale”.
Benedini, come si legge in una lettera del sindacato interno dei giornalisti del Sole, ha motivato la scelta dopo aver letto e poi riverificato la notizia pubblicata dal fattoquotidiano.it del 27 dicembre 2013 secondo la quale Dell’Erario era entrato nel capitale di un altro giornale, l’Unità, con una quota di circa il 14% che gli dava lo stesso peso dell’ex azionista di maggioranza, Renato Soru. Così facendo, secondo il presidente del Sole 24 Ore, “il dirigente ha violato le regole di correttezza e lealtà” nei confronti dell’azienda che lo ha assunto.
Grazie alla società Partecipazioni editoriali integrate, è stato il 15 novembre 2013 che il dirigente di Confindustria è entrato nella Nie (Nuova iniziativa editoriale), casa editrice del quotidiano vicino al Pd e oggi sotto la guida dell’azionista Matteo Fago (al 51%). Dall’associazione degli industriali al centrosinistra la strada è stata breve per Dell’Erario che ha un passato interamente vissuto tra incarichi vicino ai centri di potere. Prima del Sole 24 Ore, ha seguito l’ufficio stampa di Coldiretti, poi è passato alla direzione della sede romana di Montedison e dopo ancora alla responsabilità della comunicazione di Confindustria. Ruoli che ha alternato con passaggi nelle redazioni dell’agenzia stampa Adnkronos, del quotidiano Messaggero della famiglia Ferruzzi (la stessa di Montedison) e come editorialista dello stesso Sole 24 Ore.
Interpellato lo scorso dicembre dal fattoquotidiano.it sull’investimento nell’Unità, il dirigente-giornalista aveva motivato il suo impegno sostenendo che “la quota è di proprietà della mia ex moglie Maria Claudia Ioannucci e io ne sono solo un temporaneo intestatario”. Risposta che ha finito per generare un’altra querelle con i giornalisti del quotidiano del Pd, saliti sulle barricate dopo aver saputo che nell’azionariato della loro testata c’era la Ioannucci, già senatrice di Forza Italia e vicina a Valter Lavitola, l’ex direttore dell’Avanti oggi detenuto nel carcere napoletano di Poggioreale, che lo scorso 8 gennaio si è visto confermare in Cassazione una condanna a tre anni e otto mesi di reclusione per vari reati, tra i quali l’associazione a delinquere e la truffa aggravata sui fondi per l’editoria per 23 milioni di euro corrisposti dal 1997 al 2008. Un altro fronte lo vede invece condannato in Appello a un anno e quattro mesi per corruzione internazionale e per un presunto tentativo di ricatto all’ex premier Silvio Berlusconi.
Non troppo soddisfatti neanche i giornalisti del Sole 24 Ore, il cui sindacato interno, pur apprezzando la tempestività del presidente, in una comunicazione ai colleghi ha fatto sapere di considerare le sue decisioni “viziate da eccesso di prudenza“, visto che “la gravità della vicenda avrebbe ampiamente giustificato un’interruzione immediata del rapporto di lavoro”. Tanto più che i rappresentati della redazione sono preoccupate per “la mancanza di un criterio di responsabilità manageriale nella valutazione dei risultati economici del Gruppo, purtroppo pesantemente, costantemente negativi e non allineati a quelli dei principali player di riferimento”. E che non solo “bocciano la gestione della concessionaria della pubblicità, ma travolgono l’insieme delle scelte di amministrazione adottate negli ultimi cinque anni”.