No, in Italia l’obiettivo è andare a votare. Ai tempi della Democrazia cristiana i governi che si sono succeduti cambiavano ogni otto mesi e dal berlusconismo in poi la media è arrivata a sfiorare i 14. Un Paese dove la campagna elettorale è uno stato essenziale per la sopravvivenza. Siamo in un polmone d’acciaio, la disoccupazione giovanile ha sforato il 40 per cento, le imprese chiudono o delocalizzano. Può essere che per programmi a lunga scadenza, anche economici, serva un governo solido. Ma se il primo partito – secondo i sondaggi – è instabile per manifesto, possibile che lo sia un governo del Pd? Difficile. Altro punto: questa legge elettorale punta a ridisegnare un parlamento fondato sul bipolarismo, senza contare che i poli, allo stato attuale, sono tre. Possibile farne fuori uno dalla sera alla mattina, con un incontro tra Berlusconi, Gianni Letta e Renzi?
Un polo (l’obiettivo dell’intesa Renzi e Berlusconi si chiama Beppe Grillo) verrà spazzato via, sempre che la legge elettorale superi l’ostacolo del Parlamento, e non è scontato. Per niente. Dopo andremo alle elezioni, realisticamente tra un anno. Dunque altri mesi di campagna elettorale, ancora larghissime intese, menage a trois Letta (scegliete voi chi dei due, fa lo stesso), Renzi e Berlusconi. Alfano escludiamolo, è in una sorta di vicolo cieco dove se le dice e se le suona da solo senza incidere, anche perché non ha un partito, solo un manipolo di parlamentari pronti a fargli fare la fine della carogna. Prima della lista Nunzia De Girolamo che ha già annunciato il suo ritorno ad Arcore.
Questa è la radiografia di giorni più che confusi. Alla fine un accordo sulla legge elettorale ci sarà. Ci sarà anche un rimpasto per il governo, visto che qualche mese deve sopravvivere. Ma poca cosa, un governo di gestione. Il resto saranno campagne elettorali giocate lontano da Roma, tra le parti di Arcore (ufficio di Berlusconi e, da ieri, di Toti), Firenze e Genova, da dove non si schiodano né Renzi né Grillo e una truppa di parlamentari al lavoro per essere di nuovo candidati. Insomma, non proprio quello che la gente sogna.