La giustizia dà i numeri. L’anno giudiziario è iniziato ed ogni presidente di corte d’appello ha illustrato la propria relazione. La Guardasigilli on. Cancellieri, tra una telefona e l’altra, ha fornito i numeri dei processi pendenti: circa 9 milioni, di cui oltre 5 milioni solo nel processo civile.
Ci son stati interventi condivisibili, come quello del dott. Giovanni Canzio a Milano, rigoroso e concreto, prono a richiamare il rapporto tra etica e legalità, nonché il prezioso ed irrinunciabile principio di autonomia della magistratura. Sino ad interventi autocelebrativi della magistratura (dalla Cancellieri sino allo stesso Canzio in qualche passaggio) volti a ricordare i magistrati italiani “primi in Europa per produttività”. Poi però ci si rende conto (come ha ben osservato Italia Oggi il 23.1.14 a firma di Tino Oldani) che non è proprio così, anzi risultando una sproporzione tra quanto guadagnano (questo sì tra i primi posti in Europa) e quanto rendono (4,2 ore al giorno pari a 1560 ore l’anno di media, con una chiusura media di 500/600 fascicoli, 16 udienze all’anno in corte d’appello; sospensione dei termini feriali processuali esagerata, pari a 45 giorni).
Non sarà mica un caso che Anm difenda strenuamente nel proprio dossier il diritto a non avere orari perché i magistrati “sono obbligati a fornire una ‘obbligazione di risultato’”. Forse dinanzi a risultati non soddisfacenti sarà però il caso di rivedere tale posizione.
Mi pare però che nessuno abbia voglia di esaminare realmente quali siano le cause di tale abnorme carico giudiziario che impedisce all’Italia di presentarsi come credibile, nel quale riporre fiducia e che paralizza il sistema di legalità e l’economia. Facciamolo. Anticipo che non individuerò una causa principale ma tante cause, con ciò però negando l’assioma tutti responsabili=nessun responsabile, tanto diffuso in Italia.
Ipotizziamo un sistema nel quale avessimo: 1) fonti del diritto scritte in modo chiaro, semplice, trasparente (in ogni campo, fiscale in particolare); 2) giudici che sono la bocca della legge, di stampo illuminista; 3) un sistema giustizia efficiente (ben organizzato, informatizzato, composto dai più meritevoli, aggiornati, indipendenti); 4) un sistema processuale chiaro, snello, accessibile, idoneo a garantire la difesa (e non l’abuso della difesa); 5) un sistema di esecuzione della “pena” (civile, penale, amministrativa) certo e celere; 6) un sistema di controllo della legalità (forze dell’ordine etc.) altrettanto efficiente; 7) un sistema della difesa dei diritti (avvocatura) organizzato selezionando i più meritevoli e con un controllo deontologico rigoroso; 8) una cultura della legalità (e non della prevaricazione, dell’arroganza e della furbizia) diffuso e impartito dal latte materno (dalle famiglie e poi dalla scuola, società, mass media); 9) non ultimo, una classe dirigente fondata sul merito, responsabile ma anche sognatrice. La risposta è dunque scontata: se avessimo tutto ciò non avremmo 9 milioni di processi pendenti.
E’ tautologico pertanto giungere alle conclusioni. La prima causa della conflittualità la si deve paradossalmente al legislatore che scrive fonti che alimentano di continuo i contenziosi, con una profusione abnorme di leggi, decreti e codicilli mal scritti che ingenerano confusione, dubbi e alimentano di continuo (al pari del doping) una giurisprudenza creativa che oscilla tra discrezionalità e arbitrarietà, in un sussulto costante di incertezza.
La seconda è certamente l’alto tasso di conflittualità, però non casuale ma esistente in un Paese nel quale tutto è incerto, tutto è opaco e nel quale la legalità è un disvalore a cominciare dalle stesse istituzioni (cito tra le migliaia di casi di mostruosa arroganza e disprezzo delle regole la vicenda dell’ostinatissimo sindaco di Salerno, che vuole mantenere poltrone illegittime per legge, oppure il finanziamento dei partiti abrogato per referendum e reintrodotto). Che, mi si creda, non è certo prodotto dall’avvocatura, non essendo parte processuale. Avvocatura, invece principale responsabile del proprio degrado, tutta prona al riguardo ad individuare solo responsabilità altrui.
Invero, in questi anni invece di intervenire sulle cause dello sfascio si sta smantellando la giustizia (pubblica), realizzando un sistema di giustizia alternativo (privato) affidato a soggetti di dubbia capacità, alimentando un business, indebolendo il diritto costituzionale di difesa, consentendone l’esercizio solo ai soggetti più abbienti. Un pericoloso disegno di ingegneria sociale, notato da pochi.
Marcello Adriano Mazzola
Avvocato e scrittore
Giustizia & Impunità - 26 Gennaio 2014
Anno giudiziario, nove milioni di processi pendenti: di chi è la colpa?
La giustizia dà i numeri. L’anno giudiziario è iniziato ed ogni presidente di corte d’appello ha illustrato la propria relazione. La Guardasigilli on. Cancellieri, tra una telefona e l’altra, ha fornito i numeri dei processi pendenti: circa 9 milioni, di cui oltre 5 milioni solo nel processo civile.
Ci son stati interventi condivisibili, come quello del dott. Giovanni Canzio a Milano, rigoroso e concreto, prono a richiamare il rapporto tra etica e legalità, nonché il prezioso ed irrinunciabile principio di autonomia della magistratura. Sino ad interventi autocelebrativi della magistratura (dalla Cancellieri sino allo stesso Canzio in qualche passaggio) volti a ricordare i magistrati italiani “primi in Europa per produttività”. Poi però ci si rende conto (come ha ben osservato Italia Oggi il 23.1.14 a firma di Tino Oldani) che non è proprio così, anzi risultando una sproporzione tra quanto guadagnano (questo sì tra i primi posti in Europa) e quanto rendono (4,2 ore al giorno pari a 1560 ore l’anno di media, con una chiusura media di 500/600 fascicoli, 16 udienze all’anno in corte d’appello; sospensione dei termini feriali processuali esagerata, pari a 45 giorni).
Non sarà mica un caso che Anm difenda strenuamente nel proprio dossier il diritto a non avere orari perché i magistrati “sono obbligati a fornire una ‘obbligazione di risultato’”. Forse dinanzi a risultati non soddisfacenti sarà però il caso di rivedere tale posizione.
Mi pare però che nessuno abbia voglia di esaminare realmente quali siano le cause di tale abnorme carico giudiziario che impedisce all’Italia di presentarsi come credibile, nel quale riporre fiducia e che paralizza il sistema di legalità e l’economia. Facciamolo. Anticipo che non individuerò una causa principale ma tante cause, con ciò però negando l’assioma tutti responsabili=nessun responsabile, tanto diffuso in Italia.
Ipotizziamo un sistema nel quale avessimo: 1) fonti del diritto scritte in modo chiaro, semplice, trasparente (in ogni campo, fiscale in particolare); 2) giudici che sono la bocca della legge, di stampo illuminista; 3) un sistema giustizia efficiente (ben organizzato, informatizzato, composto dai più meritevoli, aggiornati, indipendenti); 4) un sistema processuale chiaro, snello, accessibile, idoneo a garantire la difesa (e non l’abuso della difesa); 5) un sistema di esecuzione della “pena” (civile, penale, amministrativa) certo e celere; 6) un sistema di controllo della legalità (forze dell’ordine etc.) altrettanto efficiente; 7) un sistema della difesa dei diritti (avvocatura) organizzato selezionando i più meritevoli e con un controllo deontologico rigoroso; 8) una cultura della legalità (e non della prevaricazione, dell’arroganza e della furbizia) diffuso e impartito dal latte materno (dalle famiglie e poi dalla scuola, società, mass media); 9) non ultimo, una classe dirigente fondata sul merito, responsabile ma anche sognatrice. La risposta è dunque scontata: se avessimo tutto ciò non avremmo 9 milioni di processi pendenti.
E’ tautologico pertanto giungere alle conclusioni. La prima causa della conflittualità la si deve paradossalmente al legislatore che scrive fonti che alimentano di continuo i contenziosi, con una profusione abnorme di leggi, decreti e codicilli mal scritti che ingenerano confusione, dubbi e alimentano di continuo (al pari del doping) una giurisprudenza creativa che oscilla tra discrezionalità e arbitrarietà, in un sussulto costante di incertezza.
La seconda è certamente l’alto tasso di conflittualità, però non casuale ma esistente in un Paese nel quale tutto è incerto, tutto è opaco e nel quale la legalità è un disvalore a cominciare dalle stesse istituzioni (cito tra le migliaia di casi di mostruosa arroganza e disprezzo delle regole la vicenda dell’ostinatissimo sindaco di Salerno, che vuole mantenere poltrone illegittime per legge, oppure il finanziamento dei partiti abrogato per referendum e reintrodotto). Che, mi si creda, non è certo prodotto dall’avvocatura, non essendo parte processuale. Avvocatura, invece principale responsabile del proprio degrado, tutta prona al riguardo ad individuare solo responsabilità altrui.
Invero, in questi anni invece di intervenire sulle cause dello sfascio si sta smantellando la giustizia (pubblica), realizzando un sistema di giustizia alternativo (privato) affidato a soggetti di dubbia capacità, alimentando un business, indebolendo il diritto costituzionale di difesa, consentendone l’esercizio solo ai soggetti più abbienti. Un pericoloso disegno di ingegneria sociale, notato da pochi.
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“Più efficienza bellica in tempi di pace per inevitabili guerre”: così il Manifesto parla dell’Ue di oggi
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "La balla della privacy con cui la maggioranza e il governo giustificano la loro lotta senza quartiere alle intercettazioni, oltre ad essere una motivazione del tutto falsa e smentita dai fatti, ormai non regge più nemmeno rispetto alle azioni dello stesso centrodestra. Infatti, mentre alla Camera demoliscono le intercettazioni, al Senato portano avanti l'articolo 31 del Ddl Sicurezza che consentirà ai Servizi segreti la schedatura di massa dei cittadini". Lo afferma la deputata M5S Valentina D'Orso, capogruppo in commissione Giustizia.
"Non sono più credibili nemmeno quando accampano motivazioni di comodo, si smentiscono con i loro stessi provvedimenti che in realtà rispondono a un disegno ormai chiaro: indebolire gli strumenti di indagine della magistratura che possono dar fastidio ai colletti bianchi e allo stesso tempo creare un brutale sistema di repressione del dissenso e controllo sui cittadini comuni".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - La Camera è riunita in seduta notturna per finire l'esame degli emendamenti al ddl intercettazioni, quindi le dichiarazioni di voto e il voto finale che dovrebbe arrivare nella serata. I lavori sono previsti fino alle 24.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "L'Italia ha ribadito che continueremo a sostenere l'Ucraina anche nel documento approvato oggi alla Camera e ieri al Senato. E' un impegno che noi manteniamo, continueremo a fare la nostra parte. Noi non siamo mai stati in guerra con la Russia e non abbiamo mai autorizzato l'uso di nostre armi da parte degli ucraini in territorio russo". Lo ha detto Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Mi pare che la telefonata Trump-Putin sia un segnale positivo così come quella tra Trump e Zelensky. Noi abbiamo chiesto che l'Ucraina fosse coinvolta e questo è accaduto. Noi incoraggiamo tutte le iniziative che portano alla pace. Non è facile ma qualche speranza c'è". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Si tratta di garantire la sicurezza dell'intera Unione europea. C'è bisogno di rafforzare la sicurezza europea ma questo non significa essere guerrafondai. Per garantire la pace serve un equilibrio delle forze in campo per garantire la sicurezza dell'Europa e dell'Italia. Stiamo lavorando in questa direzione come un buon padre di famiglia che mette le finestre blindate perchè la sua famiglia sia al sicuro". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno. "Bisogna avere il coraggio di andare avanti: l'Europa è l'unico modo per essere sicuri".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Meloni non ha attaccato Altiero Spinelli. Mi sembra una tempesta in un bicchier d'acqua. Spinelli è un personaggio illustre della storia europea, lo rispetto e la presidente Meloni non lo ha mai offeso". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - Sarà una 'magia comunicativa' delle sue, come dicono in Transatlantico dalle parti della maggioranza, quella di Giorgia Meloni che con l'attacco oggi in aula al Manifesto di Ventotene ha sviato l'attenzione dalle tensioni del centrodestra. Ma lo stesso effetto, la premier lo ha provocato anche nel campo avversario: le opposizioni divise, che si sono presentate in aula con 6 risoluzioni diverse, sono tornate a parlare con una sola voce nella difesa del Manifesto antifascista di Ventotene, testo fondante dell'Unione europea, sul quale la presidente del Consiglio ha detto di non riconoscersi: "Quella non è la mia Europa".
Duro il commento di Elly Schlein: "Giorgia Meloni ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia". Scrive Matteo Renzi sui social. "La Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi su da che parte stare".
L'effetto delle parole della premier si è visto anche nel voto delle risoluzioni. Dopo le divisioni nel Pd sul piano ReArm Eu, composte in una lunga mediazione, si temevano comunque 'scarti' rispetto alle indicazioni di voto. Non si sono verificati. "Tutto il gruppo ha votato compatto", si fa sapere. E i tabulati lo confermano. Unica eccezione Lorenzo Guerini, che oltre alla risoluzione del Pd, ha votato a favore anche a quelle di Azione e Più Europa, meno critiche rispetto al testo dem sul piano ReArm Eu.
Nel dettaglio, il Pd ha votato ovviamente la sua risoluzione, bocciato quella della maggioranza, dato voto favorevole al punto del testo Avs in cui si dice no all'espulsione dei palestinesi da Gaza e contro, invece, alla richiesta sempre di Alleanza Verdi e Sinistra di interrompere l'invio di forniture militari a Kiev. Su quest'ultimo punto ci sarebbe stata qualche non partecipazione al voto tra i dem. Insomma, un risultato 'ordinato' dopo giorni di tensione nel Pd.
Altro punto che è stato rimarcato da tutte le opposizioni è stata l'assenza in aula, al momento delle dichiarazioni di voto, della premier Meloni. Dopo l'attacco al Manifesto di Ventotene, in aula si è accesa la polemica. Tra gli interventi è già virale sui social quello appassionato del dem Federico Fornaro. "Non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini, lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli", ha gridato commuovendosi in aula.
Dopo le tensioni, il timing dell'aula è slittato di diverse ore, quando ormai Meloni era già in partenza per il Consiglio europeo a Bruxelles. Di fronte alle proteste per l'assenza della presidente del Consiglio è intervenuto in aula il sottosegretario Alfredo Mantovano: "I governo ha massimo rispetto nei confronti del Parlamento, e in particolare la presidenza del consiglio e la presidente del consiglio, che però aveva presente il programma originario dell'Aula che avrebbe concluso i lavori nel primo pomeriggio e in questo momento è già in volo per Bruxelles".
Una precisazione che non ha convinto le opposizioni. "Giorgia Meloni -attacca Elly Schlein- è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". E poi Giuseppe Conte: "Avete cambiato idea su Ventotene, ma sfiorate l'irriconoscenza. Presidente Meloni adesso è volata a Bruxelles, non vedeva l'ora, eppure poteva rimanere". Quindi Angelo Bonelli: "Questo è il manifesto di Ventotene, glielo avrei regalato alla presidente ma lei fugge dal dibattito parlamentare, anche perché ha un problema con la Lega".
Al netto delle posizioni diverse all'interno del campo delle opposizioni, tutti i gruppi di minoranza evidenziano di contro quelle presenti nelle maggioranza. E stamattina il capogruppo leghista Riccardo Molinari ha servito un assist su questo parlando in tv. Lo rilancia Schlein: "La Lega ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". La segretaria Pd insiste nelle divisioni della maggioranza: "Nella vostra risoluzione, per non dividervi in tre posizioni diverse, avete fato sparire la difesa comune e il piano di riamo di Ursula von der Leyen, l'avete scritta con l'inchiostro simpatico. Facile far sparire le proposte divisive, ci credo che siete compatti, non avete scritto nulla".
Rimarca Maria Elena Boschi: "La Lega ha linea chiara, e l'ha detto: lei non ha mandato per andare al Consiglio Ue". E poi Riccardo Magi: "Meloni è scaltra e furba. Vuole farci parlare delle sue oscene parole e della sua esegesi sbagliata e truffaldina del Manifesto di Ventotene per nascondere che non ha una linea di politica estera e non ha una maggioranza in politica estera. Non lo dico io ma lo ha detto il capogruppo della Lega, Molinari". Ed ancora Bonelli: Meloni "oggi ha fatto scientemente quest'operazione" su Ventotene "perché Molinari lo ha detto chiaramente che non ha il mandato per dire sì a Rearm Europe". Infine Matteo Richetti di Azione: "Mentre discutevamo è uscita una dichiarazione di Molinari in cui dice che Meloni non ha il mandato per trattare: con tanti saluti per la risoluzione di maggioranza...".