Nonostante l’appassionata perorazione di Scacciavillani in risposta al mio blog in argomento, questo capitalismo continua a non convincermi affatto, anzi mi sembra sempre più meritevole di essere buttato nella pattumiera della storia.

Facile ma fragile  l’argomento secondo il quale nell’Occidente stiamo meglio che altrove. Infatti questo “stare meglio”, che andrebbe più attentamente analizzato, va rapportato alle realtà dell’evoluzione storica. Ora, è indubbio che lo stare meglio dell’Occidente deriva dalla sua posizione di sfruttamento parassitario acquisita nel corso dei secoli mediante colonialismo e imperialismo. Faccenduole che gli ideologi della globalizzazione neoliberale, che vivono nell’eterno presente e ignorano quanto è successo negli ultimi due secoli, tendono com’è noto a cancellare. Peraltro, chi vive in Italia o in altri Paesi europei, ma anche negli Stati Uniti o in Giappone, sa molto bene come questo “stare meglio” sia oggi sempre più a rischio, per via dei colpi della crisi e dell’assoluta mancanza di prospettive, per i giovani e i meno giovani.

Il vero tema è quindi come costruire, per la prima volta nella storia dell’umanità, un benessere davvero condiviso. E il capitalismo, specie questo capitalismo, caratterizzato dalla prevalenza della sfera finanziaria, non solo non costituisce uno strumento idoneo a tale fine, ma rappresenta il maggiore ostacolo su questa strada.

Alcune necessarie notazioni su alcuni dei nefasti effetti di questo capitalismo reale. In primo luogo l’impoverimento crescente delle persone, anche nel ricco Occidente. Con caratteristiche nuove rispetto al passato. Come ha notato Paolo Picone almeno nel passato i poveri apparivano sul mercato come venditori della forza lavoro, oggi sopravvivono facendo debiti. L’emarginazione sociale di centinaia e centinaia di milioni di persone è il risultato della finalizzazione della persona all’accumulazione del capitale. Chi non è funzionale a questo processo non serve e quindi non deve vivere, tutt’al più dovrà arrangiarsi.

In secondo luogo la forte nocività per la democrazia. La concentrazione crescente del potere in capo a pochi soggetti sta distruggendo ogni democrazia e ogni libertà, a partire da quella di informazione.  Come sottolinea il recente rapporto “Working for the few”, curato da Oxfam International, l’1% della società mondiale ha in mano la metà delle risorse esistenti, il residuo 99% si divide l’altra metà. Illusorio pensare che ciò non abbia precise conseguenze sulla democrazia. E infatti non mancano gli esempi. Il Financial Times lancia appelli al rovesciamento del governo argentino e in molti Paesi del mondo, compreso il nostro, la democrazia svanisce, come denunciato da Noam Chomsky ieri a Roma. Fenomeni come lo scellerato patto fra Berlusconi e Renzi per la soppressione delle minoranze politiche non nascono dal nulla ma trovano spazio all’interno di questo quadro di degenerazione complessiva. 

In terzo luogo, l’incapacità del sistema a far fronte alle sfide epocali dei problemi globali, innanzitutto quelli ambientali, intrecciati del resto strettamente a quelli sociali.

In quarto luogo, il fatto che questo capitalismo finanziario distrugge anche la libertà d’impresa, assoggettando, immiserendo e annientando i piccoli imprenditori che costituiscono la vera e propria spina dorsale della nostra e di altre economie. Di qui fenomeni come la rivolta dei forconi, che vanno capiti e orientati.

In quinto luogo, il problema della corruzione e della collusione con la criminalità si presenta in termini nuovi rispetto al passato e molto più acuti ed inquietanti. Le mazzette, che pure continuano a dilagare, specie in Italia, sono solo un aspetto del problema.

Si potrebbe continuare e approfondire, ma per il momento basta così.

Quali alternative? Risposta: quelle che dobbiamo costruire, tenendo presente che il nostro punto di riferimento non possono essere i profitti delle aziende multinazionali, delle banche e delle società finanziarie, ma bisogni e diritti dell’umanità. Dalla Rivoluzione d’Ottobre ad oggi non è passato ancora neanche un secolo. Se quell’esperimento ha mostrato nel tempo gravi limiti, molti altri esperimenti dovremo compiere e compiremo. La storia non è finita. Non ci chiedano ad ogni modo di rassegnarci al ruolo ingrato e indegno di cagnolini da guardia e acritici esaltatori di un sistema che sempre più si rivela inadeguato e privo di futuro.

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