Tecnologia

Corte Ue: craccare console e videogiochi non è reato

Eludere o, se si preferisce, craccare il sistema di protezione di una console per videogiochi è legale, a certe condizioni.

Lo stabilisce la Corte di giustizia Ue in una sentenza emessa in risposta al Tribunale di Milano che l’aveva investita della causa che vede contrapposti il colosso giapponese Nintendo e l’italiana Pc Box, piccola azienda fiorentina, diventata ora Recoverybios.

Una vicenda lunga e complessa che giunge ad un significativo approdo, destinato a ridisegnare il mercato multimediale, eliminando molte barriere d’accesso. Partendo dal caso di specie, giudici europei hanno stabilito che il produttore delle console “è protetto contro l’elusione (dei suoi sistemi di protezione, ndr), solo qualora le misure di protezione siano dirette ad impedire l’utilizzazione di videogiochi contraffatti”.

La Corte del Lussemburgo sottolinea come la normativa in vigore preveda che i blocchi imposti sui dispositivi siano destinati a “impedire o eliminare gli atti non autorizzati di riproduzione, di comunicazione, di messa a disposizione del pubblico o di distribuzione delle opere per i quali è richiesta l’autorizzazione del titolare di un diritto d’autore. Tale protezione – si legge ancora – deve rispettare il principio di proporzionalità, senza vietare i dispositivi o le attività che hanno, sul piano commerciale, una finalità o un’utilizzazione diversa dall’elusione della protezione tecnologica per fini illeciti”.

Proteggere sì, ma senza esagerare, garantendo l’interoperabilità dei sistemi. Nintendo commercializza le sue console con un sistema di protezione che impedisce l’utilizzo di copie illegali di videogiochi, attraverso la scambio di comunicazioni cifrate tra macchina e videogioco. Misure che, allo stesso tempo finiscono per inibire l’utilizzo di qualsiasi altro programma, gioco o contenuto multimediale che non sia Nintendo, anche se perfettamente legale.

PC Box, invece, ha messo a punto un modchip, un dispositivo che rende le console interoperabili anche con videogiochi (legali) prodotti da terzi. Si tratta di un software aggiuntivo con applicazioni sviluppate da produttori indipendenti, gli homebrews, che fanno comunque “girare” le console, anche quelle DS o Wii targate Nintendo. Questa sostiene che i “sistemi” PC Box sono diretti ad aggirare le misure di protezione delle proprie consolle e dei giochi, violando così i diritti di proprietà intellettuale che fanno capo al colosso giapponese.

Per PC Box, al contrario, si tratta di dispositivi legittimi, mentre sarebbe Nintendo a ostacolare l’utilizzo di software indipendenti per la lettura di film, di video e file Mp3 sulle console, anche quando tali software non sono copie illegali.

Nel 2008, il Tribunale di Milano riconosceva le ragioni della Nintendo, emettendo un provvedimento cautelare. In seguito, con rinvio pregiudiziale, investiva la Corte di Giustizia Ue sulla corretta interpretazione giuridica da assegnare al caso, alla luce della direttiva sul diritto d’autore. Sulla scorta di quanto sottolineato anche dall’Avvocato Generale Ue Eleonor Sharpston – i giudici del Lussemburgo hanno affermato che la protezione giuridica deve (ovviamente) essere accordata al diritto d’autore, senza, però, precludere all’utente di installare altri software, come possono essere quelli homebrew.

La Corte di Giustizia ha ritenuto applicabili, dunque, i considerando della  direttiva 2001/29 sul diritto d’autore che incoraggiano “la compatibilità e l’interoperabilità dei diversi sistemi”. Un pronunciamento che impatta fortemente sull’uso delle tecnologie di protezione, sui diritti dei consumatori, aprendo una nuova stagione del mercato per tutti quegli operatori indipendenti che non potranno più essere considerati, sic e simpliciter, “pirati”.

Ritorna in mente, la nota sentenza d’appello emessa dal giudice Claudio Gottardi del Tribunale di Bolzano nell’ambito della vicenda  Sony – Hs Distruzione che, per prima, tracciò un’importante distinzione giuridica, suscitando un ampio dibattito. La Corte ha sottolineato, inoltre, che non si deve valutare la portata della protezione giuridica delle misure tecnologiche in funzione dell’utilizzazione delle console definita dal titolare dei diritti d’autore, ma che piuttosto occorre esaminare i dispositivi previsti per l’elusione delle misure di protezione, tenuto conto dell’uso che i terzi effettivamente ne fanno.

La palla ora ripassa al giudice del rinvio (il Tribunale di Milano, cioè) cui spetta il compito di verificare se altre efficaci misure di protezione possano causare minori interferenze con le attività di terzi o minori limitazioni di tali attività. Il giudice milanese dovrà tenere conto, tra l’altro, dei diversi tipi di misure tecnologiche, degli aspetti tecnici e pratici della loro attuazione, della comparazione della rispettiva efficacia per quanto riguarda la protezione dei diritti del titolare, potendo inoltre esaminare se i dispositivi Pc Box siano frequentemente utilizzati per la lettura di copie non autorizzate di giochi Nintendo su console Nintendo o se, al contrario, siano utilizzati per finalità che non violano il diritto d’autore.