Si è tenuto a Mestre l'incontro tra le parti sociali e l'azienda svedese di elettrodomestici che prevede la riduzione dei salari da 1.400 a 700 euro. I sindacati annunciano: "Andremo da Letta. Piano irricevibile, sarà lotta dura". La presidente del Friuli Serracchiani: "Soluzione è una: mantenere i 4 siti aperti"
Potrebbe finire male il caso Electrolux. Drastici tagli lineari sul costo del lavoro per tutti, e piano industriale solo per tre insediamenti, con il quarto quindi, Porcia, a rischio chiusura. Per non parlare degli stipendi, che da 1.400 euro al mese scenderebbero a 7-800, allineati a quelli polacchi. E’ l’amaro calice che il gruppo – nell’incontro di oggi a Mestre – ha proposto ai sindacati e alle Rsu dei 4 stabilimenti italiani per mantenere la produzione nel Paese. Per martedì 28 gennaio sono già convocate le assemblee in fabbrica che sfoceranno assai probabilmente in uno sciopero immediato, mentre i sindacati si preparano a chiedere un incontro con il premier Enrico Letta.
La vittima predestinata è lo stabilimento di Porcia (Pordenone), dove oltre al taglio più pesante sul fronte salariale non è previsto alcun piano industriale; questo perché le lavatrici prodotte nella fabbrica friulana costano, a pezzo, 30 euro di troppo, e sono vittima della concorrenza dei marchi Far Est, Samsung ed Lg. Per gli altri tre stabilimenti, ci sono comunque dei tagli lineari ma vi sarebbero come contropartita – se il piano passasse – investimenti di 40 milioni di euro per Solaro, 28 per Forlì e 22 per Susegana.
Per il sito friulano solo una vaga via d’uscita: l’attesa di “ulteriori potenziali proposte da parte di tutti gli attori coinvolti, che consentano alla fabbrica di colmare i gap ancora presenti” ha detto il manager di Electrolux Italia Marco Mondini, secondo il quale la decisione sul futuro di Porcia arriverà “non oltre la fine di aprile”. “Il problema è che i prodotti italiani in tutto il campo dell’elettrodomestico sono di notevole qualità ma risentono di costi produttivi superiori a quelli dei nostri concorrenti”m ha affermato il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato. Al ministro ha risposto prontamente la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani: “Letta e Zanonato – ha detto – ci convochino immediatamente per valutare assieme le proposte da rilanciare alla multinazionale: il governo non faccia il notaio della volontà svedese”. Per Serracchiani “è inaccettabile che l’esecutivo assista inerte mentre accade quello che si temeva e che abbiamo denunciato. Per il Friuli Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione”.
Il piano che oggi Electrolux ha presentato ai sindacati nella riunione a Mestre prevede un drastico taglio dei salari che porterebbe gli stipendi, oggi calcolati in 1.400 euro al mese, a circa 700-800 euro. La ‘soluzione’ svedese contempla un taglio dell’80% dei 2.700 euro di premi aziendali, la riduzione delle ore lavorate a 6, il blocco dei pagamenti delle festività, la riduzione di pause, permessi sindacali (-50%) e lo stop agli scatti di anzianità. Un’operazione che di fronte all’attuale costo del lavoro di 24 euro/ora, rispetto ai 7 euro/ora degli stabilimenti in Polonia e Ungheria, porterebbe a tagliare a Forlì 3 euro l’ora, a Solaro 3,20 euro, a Susegana 5,20 euro e a Porcia 7,50 euro.
“Se non succede un miracolo entro aprile – ha commentato un’anziano sindacalista della Fim Cisl di Susegana – Porcia è persa e a cascata, in due anni, sarà la volta degli altri stabilimenti”. “La nostra è una flotta con la portaerei e le navi di appoggio – ha proseguito in metafora il sindacalista – se si affonda la portaerei, Porcia, basta un sommergibile per far fuori tutto il resto”. “Ora andremo a parlare della nostra vicenda che è paradigmatica per l’intero Paese con il premier Enrico Letta” hanno detto i delegati delle Rsu e sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil. “Abbiamo atteso invano un confronto con il ministro Zanonato che non c’è mai stato – hanno aggiunto – ora andiamo direttamente da Letta perché Electrolux per sbarcare in Italia ha usato soldi degli italiani. Ora per guardare ad Est utilizza fondi Ue che in parte sono sempre nostri”.