Quella portavoce, pagata più di un dirigente, non poteva ricevere quell’incarico. E conferirlo è stato “a dir poco colpa grave”, frutto di una “condotta debordata nell’arbitrio”. La Corte dei Conti bolla così, con una conseguente richiesta di risarcimento, la decisione del presidente della provincia di Ferrara Marcella Zappaterra (Pd) e della sua giunta, che il 9 luglio 2009 firmò – tra i primissimi atti della legislatura – la delibera 227. Con la quale Manuela Paltrinieri (già assessore Pd nella giunta precedente e presidente dell’Ato) venne nominata capo di gabinetto con uno stipendio “di gran lunga superiore a quello in ipotesi riconoscibile a un dipendente” della stessa categoria contrattuale.
La Paltrinieri, rileva il sostituto procuratore generale Marcello Iacubino, non aveva nemmeno le carte per aggiudicarsi un incarico di tale responsabilità, che prevedeva le funzioni di “sovrintendere all’attività di segreteria e di definizione dell’agenda della Presidente e curare la gestione della corrispondenza, di assistere la Presidente nell’esercizio delle funzioni proprie e supportarne l’attività istituzionale, di agevolare il collegamento della Presidente con gli enti esterni e i soggetti di volta in volta interessati, di svolgere attività di supporto alla Presidente su problematiche di carattere generale e non di specifica competenza settoriale, di curare le incombenze della Presidente come organo politico amministrativo”. Per quei ruoli, lo prevede il del CCNL Regione Enti Locali, è necessaria la laurea. Non basta il diploma di perito tecnico commerciale che poteva vantare la fortunata neo assunta.
Ma a far scrivere gran parte delle 63 pagine dell’atto di citazione con il quale la magistratura contabile chiama in giudizio gli amministratori è lo stipendio percepito dalla portavoce. La Paltrinieri, fino al 22 marzo 2013 (data in cui rassegnò le dimissioni) percepiva qualcosa come 57.513,26 euro lordi all’anno, di cui un trattamento fondamentale pari a circa 19.454,00 euro lordi, a cui si somma un unico emolumento pari a 38.059,26 euro lordi annui, oltre agli oneri previdenziali e assistenziali a carico della Provincia, quantificati in 9.250,30 euro (emolumento e oneri andavano a formare la ‘indennità di staff’, per un totale di 47.309,56 euro lordi). E il tutto al di fuori di ogni previsione normativa e contrattuale. Della mancanza del titolo di studi richiesto si è detto. Viene considerato illegittimo anche l’inquadramento (in categoria C), non corrispondente alle funzioni apicali cui in effetti il capo di gabinetto era chiamata.
Il caso venne sollevato in consiglio provinciale da Alessandro Rorato, dell’Italia dei Valori. Nella sua interpellanza Rorato chiedeva di ridurre il maxi stipendio. Proposta solennemente bocciata dalla maggioranza di centrosinistra in consiglio. Una settimana dopo, il 29 febbraio 2012, il caso è finito sotto l’occhio della Corte dei Conti, che parla di una “a dir poco colpa grave” in capo agli amministratori. Chiamati in causa, oltre alla presidente Zappaterra, ci sono gli assessori che firmarono la delibera (Giorgio Bellini, Davide Bellotti, Caterina Ferri, Davide Nardini del Pd; Massimiliano Fiorillo dell’Idv e Tonino Zanni – questi ultimi due non più in giunta), la dirigente di allora delle risorse umane Maria Grazia Adorni (in pensione dal 2010) e il segretario generale Angelo Nardella. I rilievi in capo ai presunti responsabili di danno erariale fanno ritenere l’atto illegittimo, frutto di “un modello di ‘dirigenza’ del tutto originale che sfuggiva non solo a ogni regola contrattuale ma anche all’assetto organizzativo interno”.
Oltre a non essere in possesso del titolo di laurea, la Paltrinieri, alla quale “veniva addirittura attribuita un’ indennità di staff in misura superiore a quella prevista per i dirigenti”, era destinataria di “un emolumento unico spropositato, al di fuori di ogni parametro normativo o contrattuale e di gran lunga superiore a quello in ipotesi riconoscibile ad un dipendente di categoria C”. Logica conseguenza è stato l’esborso da parte della Provincia di 226.070,99 euro dal 6 luglio 2009 al 22 marzo 2013 (84.813,07 euro di trattamento fondamentale e 141.257,92 di emolumento unico). Con un danno “costituito dall’ intera somma percepita da soggetto assunto in assenza del prescritto titolo di studio e retribuito secondo modalità non ancorate ai parametri normativi e perciò palesemente contra legem”. Sotto il profilo restitutorio, “l’insussistenza della preparazione culturale rende la prestazione lavorativa inadeguata rispetto alle esigenze dell’amministrazione e del tutto ingiustificata la relativa retribuzione”. Sul profilo soggettivo il procuratore non ha dubbi: se i comportamenti degli assessori sono “connotati a dir poco da colpa grave”, quello della presidente Zappaterra integra addirittura una “condotta debordata nell’arbitrio”. Ecco allora che alla luce del danno erariale, la magistratura contabile chiede di condannarli al risarcimento del danno patrimoniale di 226.070,99 euro, oltre a rivalutazione, interessi e spese di giudizio. La suddivisione della richiesta di risarcimento viene imputata nella misura del 40% alla Zappaterra, di un altro 40% agli assessori, del 10% a testa ad Adorni e Nardella. L’udienza è stata fissata per il 26 marzo.
Cronaca
Ferrara, incarico da dirigente ma è senza laurea. A giudizio vertici della Provincia
Manuela Paltrinieri venne nominata capo di gabinetto con uno stipendio da oltre 57mila euro lordi l'anno. La Procura regionale della Corte dei conti ha citato in giudizio la presidente dell'ente locale, Marcella Zappaterra e alcuni componenti della Giunta, chiedendo che vengano condannati a pagare 226.070 euro
Quella portavoce, pagata più di un dirigente, non poteva ricevere quell’incarico. E conferirlo è stato “a dir poco colpa grave”, frutto di una “condotta debordata nell’arbitrio”. La Corte dei Conti bolla così, con una conseguente richiesta di risarcimento, la decisione del presidente della provincia di Ferrara Marcella Zappaterra (Pd) e della sua giunta, che il 9 luglio 2009 firmò – tra i primissimi atti della legislatura – la delibera 227. Con la quale Manuela Paltrinieri (già assessore Pd nella giunta precedente e presidente dell’Ato) venne nominata capo di gabinetto con uno stipendio “di gran lunga superiore a quello in ipotesi riconoscibile a un dipendente” della stessa categoria contrattuale.
La Paltrinieri, rileva il sostituto procuratore generale Marcello Iacubino, non aveva nemmeno le carte per aggiudicarsi un incarico di tale responsabilità, che prevedeva le funzioni di “sovrintendere all’attività di segreteria e di definizione dell’agenda della Presidente e curare la gestione della corrispondenza, di assistere la Presidente nell’esercizio delle funzioni proprie e supportarne l’attività istituzionale, di agevolare il collegamento della Presidente con gli enti esterni e i soggetti di volta in volta interessati, di svolgere attività di supporto alla Presidente su problematiche di carattere generale e non di specifica competenza settoriale, di curare le incombenze della Presidente come organo politico amministrativo”. Per quei ruoli, lo prevede il del CCNL Regione Enti Locali, è necessaria la laurea. Non basta il diploma di perito tecnico commerciale che poteva vantare la fortunata neo assunta.
Ma a far scrivere gran parte delle 63 pagine dell’atto di citazione con il quale la magistratura contabile chiama in giudizio gli amministratori è lo stipendio percepito dalla portavoce. La Paltrinieri, fino al 22 marzo 2013 (data in cui rassegnò le dimissioni) percepiva qualcosa come 57.513,26 euro lordi all’anno, di cui un trattamento fondamentale pari a circa 19.454,00 euro lordi, a cui si somma un unico emolumento pari a 38.059,26 euro lordi annui, oltre agli oneri previdenziali e assistenziali a carico della Provincia, quantificati in 9.250,30 euro (emolumento e oneri andavano a formare la ‘indennità di staff’, per un totale di 47.309,56 euro lordi). E il tutto al di fuori di ogni previsione normativa e contrattuale. Della mancanza del titolo di studi richiesto si è detto. Viene considerato illegittimo anche l’inquadramento (in categoria C), non corrispondente alle funzioni apicali cui in effetti il capo di gabinetto era chiamata.
Il caso venne sollevato in consiglio provinciale da Alessandro Rorato, dell’Italia dei Valori. Nella sua interpellanza Rorato chiedeva di ridurre il maxi stipendio. Proposta solennemente bocciata dalla maggioranza di centrosinistra in consiglio. Una settimana dopo, il 29 febbraio 2012, il caso è finito sotto l’occhio della Corte dei Conti, che parla di una “a dir poco colpa grave” in capo agli amministratori. Chiamati in causa, oltre alla presidente Zappaterra, ci sono gli assessori che firmarono la delibera (Giorgio Bellini, Davide Bellotti, Caterina Ferri, Davide Nardini del Pd; Massimiliano Fiorillo dell’Idv e Tonino Zanni – questi ultimi due non più in giunta), la dirigente di allora delle risorse umane Maria Grazia Adorni (in pensione dal 2010) e il segretario generale Angelo Nardella. I rilievi in capo ai presunti responsabili di danno erariale fanno ritenere l’atto illegittimo, frutto di “un modello di ‘dirigenza’ del tutto originale che sfuggiva non solo a ogni regola contrattuale ma anche all’assetto organizzativo interno”.
Oltre a non essere in possesso del titolo di laurea, la Paltrinieri, alla quale “veniva addirittura attribuita un’ indennità di staff in misura superiore a quella prevista per i dirigenti”, era destinataria di “un emolumento unico spropositato, al di fuori di ogni parametro normativo o contrattuale e di gran lunga superiore a quello in ipotesi riconoscibile ad un dipendente di categoria C”. Logica conseguenza è stato l’esborso da parte della Provincia di 226.070,99 euro dal 6 luglio 2009 al 22 marzo 2013 (84.813,07 euro di trattamento fondamentale e 141.257,92 di emolumento unico). Con un danno “costituito dall’ intera somma percepita da soggetto assunto in assenza del prescritto titolo di studio e retribuito secondo modalità non ancorate ai parametri normativi e perciò palesemente contra legem”. Sotto il profilo restitutorio, “l’insussistenza della preparazione culturale rende la prestazione lavorativa inadeguata rispetto alle esigenze dell’amministrazione e del tutto ingiustificata la relativa retribuzione”. Sul profilo soggettivo il procuratore non ha dubbi: se i comportamenti degli assessori sono “connotati a dir poco da colpa grave”, quello della presidente Zappaterra integra addirittura una “condotta debordata nell’arbitrio”. Ecco allora che alla luce del danno erariale, la magistratura contabile chiede di condannarli al risarcimento del danno patrimoniale di 226.070,99 euro, oltre a rivalutazione, interessi e spese di giudizio. La suddivisione della richiesta di risarcimento viene imputata nella misura del 40% alla Zappaterra, di un altro 40% agli assessori, del 10% a testa ad Adorni e Nardella. L’udienza è stata fissata per il 26 marzo.
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Migranti e Paesi sicuri, la Cassazione ha smontato le tesi del Governo Meloni: “Il potere di accertamento del giudice non può essere limitato” – la sentenza
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Putin: “Obiettivi vicini. Zelensky illegittimo, dovevo attaccare prima”. Il presidente ucraino: “Garanzie Ue insufficienti, Trump uomo forte”
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "La Corte di Cassazione ha stabilito in maniera chiara e netta che la competenza di decidere se un Paese è o meno sicuro spetta al governo. Quindi non i singoli giudici. La conferma che il governo Meloni aveva ragione e che le sentenze con cui i giudici hanno annullato i trasferimenti in Albania dei migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste erano sbagliate. Cosa diranno adesso Schlein e gli altri esponenti delle opposizioni, insieme alla grancassa dei loro house organ, dinanzi a questa sentenza che decreta il loro ennesimo fallimento? Per quanto ci riguarda continuiamo ad andare avanti, consapevoli che tutta l’Europa guarda all’Italia come un modello nel contrasto all’immigrazione illegale”. Lo dichiara il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Hai fatto la cosa giusta". Così, su Twitter, Elon Musk replica al commento che Matteo Salvini aveva fatto al post del patron di Tesla sul caso Open arms.
Roma 19 dic (Adnkronos) - "I delinquenti sono quelli che vogliono Salvini in galera". Lo scrive sui social Francesco Storace.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Sono contento che abbiano assolto Renzi, che non finisca in galera. Io voglio vincere le elezioni perchè la gente ci dà fiducia, non perchè arrestano tutti gli altri". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social.
Roma 19 dic (Adnkronos) - - "Se mi dichiareranno innocente sarò felice per i miei figli e perchè ho fatto il mio lavoro. Se mi dichiareranno colpevole sarò felice lo stesso, non mi pento assolutamente di nulla, ho difeso da immigrati clandestini e trafficanti il mio Paese. Sarebbe un problema per l'Italia e gli italiani, con un ministro che bloccava gli sbarchi condannato immaginate voi trafficanti, scafisti e delinquenti dove verrebbero e porterebbero questi disperati". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza del processo Open Arms.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Chi non rischia, chi non va oltre l'ostacolo, non va da nessuna parte. Io, da 51enne, comunque vada sarò orgoglioso di quello che ho fatto". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza su Open Arms.
"Se mi assolvono ho fatto il mio dovere e bye bye sinistra. In in caso di condanna ricorreremo in appello, la riterrei una profonda ingiustizia e un danno non a me ma al Paese", ha spiegato il ministro dei Trasporti proseguendo: "Mi stanno arrivando migliaia di messaggi, ho preso l'aereo e tanti ragazzi mi hanno detto non mollare, bravo. Sono felice".
"Paura zero, mi sento come la canzone di Venditti 'Notte prima degli esami', mi sento orgoglioso e felice di quello che ho fatto. Domani è la sentenza di primo grado, poi c'è l'appello e la Cassazione. Tolgo qualche gioia a chi mi augura il male, se mi condannano farò ricorso e continuerò a fare il mio lavoro", ha proseguito Salvini.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "A me pare di poter dire, non temendo di essere smentita, che senza Nino Andreatta i cattolici democratici, dopo il terremoto della Prima Repubblica e il tracollo della Dc, probabilmente non avrebbero maturato la scelta del centrosinistra. E soprattutto che senza di lui non avrebbe visto la luce l’Ulivo, che io considero davvero una grande 'invenzione' politica". Lo ha detto Anna Ascani, cicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo alla presentazione del numero della rivista 'Arel' su Nino Andreatta.
"E non parlo di forma, di contenitore, ma di idealità, della possibilità che Andreatta e altri videro e perseguirono, di unire le culture popolari e riformiste di centro e di sinistra chiudendo la lunga stagione che le aveva viste contrapposte e, ancora più importante, di consentire attraverso la 'contaminazione' tra cultura cattolico-democratica, socialista, laica, ambientalista la nascita del Partito democratico. Non sarei qui oggi, non saremmo qui in tanti, senza la visione di Nino Andreatta e di chi allora credette in quella scommessa", ha aggiunto.