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Ligresti, Consob risveglia l’ex azionista Bolloré con multa da 3 milioni

Il finanziere bretone accusato di manipolazione dei mercati nell'operazione che ha contribuito al defenestramento di Alessandro Profumo da Unicredit

Vincent Bolloré rischia di pagar caro il tentativo di partecipare, nel 2010, al riassetto della Premafin dei Ligresti. La Consob ha infatti multato per tre milioni di euro il finanziere francese socio di Mediobanca ed ex vicepresidente delle Generali, accusandolo di aver fornito “indicazioni false e fuorvianti sul prezzo delle azioni” della holding e lo ha interdetto per 18 mesi dalle cariche nelle società quotate in Italia. Una stangata proprozionale alla delicatezza della vecchia partita per la finanziaria che controllava Fondiaria Sai, che del resto ha contribuito a scalzare dalla poltrona l’allora numero uno di Unicredit, Alessandro Profumo, definito da Jonella Ligresti, nelle carte dell’audizione Consob del giugno 2011, come “un amico” che “vedo spesso e regolarmente”.

Secondo la vigilanza dei mercati finanziari, però, i rapporti non sono proprio quelli di un’amicizia nel senso tradizionale del termine. La ricostruzione effettuata dagli ispettori di Giuseppe Vegas sui fatti dell’estate del 2010, vede l’attuale presidente del Monte dei Paschi di Siena rivestire un ruolo cruciale nel primo tentativo di salvataggio del gruppo Ligresti che con Unicredit aveva ben 400 milioni di debiti, su un totale superiore ai due miliardi. Il salvataggio francese nasce nell’incontro tra Bolloré e il banchiere genovese del 30 giugno 2010, “presso la sede di Unicredit spa nell’ambito del quale (Profumo) è stato avvisato dell’interesse di Groupama (la compagnia assicurativa francese, ndr) di investire in Premafin”, come si legge nella trascrizione dell’audizione Consob. Poche settimane dopo, il 5 agosto, sempre secondo gli ispettori della vigilanza, Profumo riferisce della proposta francese in un incontro in cui sono presenti Bolloré, Salvatore e Jonella Ligresti. Quest’ultima però non lo ricorda: “E’ capitato che adesso io non .. sinceramente non mi ricordo il 5 agosto… – spiega – e se ci fossimo sentiti prima, ma non mi sembra, è capitato spesso che ci sentissimo al telefono e … come sei messo? Ci vediamo e ci incontriamo molto spesso è capitato, quindi dirle che il 5 agosto ci eravamo sentiti per prendere un appuntamento o no, non mi ricordo”. (…) Ma l’ispettore insiste: “Alessandro Profumo dice che le ha riferito immediatamente…”. “Io non mi ricordo proprio, forse mi sbaglio ma non mi ricordo proprio forse mi ha detto ho incontrato Vincent”, è la risposta.

Del resto quelli erano giorni piuttosto convulsi per i Ligresti. L’eventualità di un fallimento del loro gruppo che iniziava a delinearsi, rischiava di mettere in difficoltà l’intero salotto buono della finanza italiana, visto che la galassia della famiglia siciliana deteneva partecipazioni di peso in tutto il sistema: si andava dallo 0,3% della stessa Unicredit fino a quote più rilevanti in Rcs, Pirelli, Generali, Mediobanca, Impregilo, gli Aeroporti di Roma, l’Alitalia e molte altre ancora. E’ in questo contesto che arriva l’offerta francese. Secondo la Consob, infatti, nella riunione del 30 giugno 2010 c’è già un documento “in italiano un pochino francesizzato (…) in cui ci sono già tutti gli elementi della successiva offerta di Groupama”, poi ufficializzata qualche mese dopo. “Eh…ci penso un attimo, non vorrei dire delle cose che non mi ricordo e non posso confermare … – dichiara Jonella a un anno di distanza – di documenti, di scritti, di studi interni ne abbiamo fatti una marea, una marea”. Questo però agli ispettori non sembra uno studio, ma una proposta vera e propria. “Cioè fra i tanti studi anche con Bolloré sono state analizzate diverse opzioni”, incalza la Consob nel verbale. “Eh no con Vincent cioè no lui come tutti le persone.. avevano letto le difficoltà del gruppo e.. niente cosa fai cosa non fai cioè non è che lo vedessi.. lo vedevo ogni tanto in Mediobanca”, prosegue Jonella aggiungendo che “Azema (numero uno di Groupama, ndr)  è una persona che (Bolloré) conosce molto bene e che stima”.

Se Jonella Ligresti non ricorda, altrettanto non si può dire per tutto l’ormai ex salotto buono che stava seguendo la partita con grande attenzione. Soprattutto le Fondazioni bancarie azioniste di Unicredit: la Cassa di risparmio di Torino, Carimonte holding spa e la Fondazione Cassa di risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, non vogliono certo che finiscano in mani sbagliate le partecipazioni strategiche della famiglia siciliana. A partire dalla quota in Mediobanca, cui la Fondiaria dei Ligresti doveva oltre 1 miliardi di euro e della quale Unicredit è il primo socio.  Lo stesso don Salvatore in qualche modo lo ammette nei verbali dell’interrogatorio in Consob. Parlando degli accordi e degli incontri che portano all’offerta di Groupama, spiega: “Non è per non rispondere…non esiste, non esiste cioé a dire tante volte passavo di là, come va, ciao e andavo! Non ero io l’attore”.

E in effetti l’alleato di Premafin-Fondiaria Sai non saranno nè Groupama, nè l’amico Bollorè. Il primo destinatario dell’offerta transalpina, Profumo, viene defenestrato da Piazza Cordusio il 21 settembre 2010 su indiscrezioni di uno scarso gradimento del rafforzamento dei soci libici nel capitale della banca, che resta senza guida per diverse settimane prima della nomina del successore Federico Ghizzoni. Nelle more di una soluzione più gradita per il caso Ligresti che ormai sta divampando, l’offerta dei francesi formalizzata in quei giorni, viene lasciata a bagno maria fino allo stop del nuovo presidente della Consob, il tremontiano Giuseppe Vegas. E’ soltanto con l’anno nuovo che quest’ultimo nega a Groupama l’esenzione da una costosa Opa che nel 2012 verrà invece concessa a Unipol. E’ quest’ultima, infatti, la prescelta dai vertici di Mediobanca capitanati da Alberto Nagel. Tanto più che la compagnia delle Coop con Fondiaria Sai ha in comune una partita debitoria aperta con Piazzetta Cuccia, a sua volta certamente sollevata di non veder passare in mano francese i suoi crediti subordinati. 

Nel mezzo la soluzione tampone sotto la regia del vicepresidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona: un aumento di capitale di FonSai da 450 milioni varato a marzo 2011, cui Unicredit aderirà per circa 170 milioni e in seguito al quale invierà un suo uomo alla direzione generale della compagnia, il figlio dell’attuale ministro Annamaria Cancellieri, Piergiorgio Peluso. Bollorè ha da tempo mollato la presa su questa partita ma non sulle poche altre che ancora rimangono aperte sullo scacchiere italiano. E, a differenza di Profumo, che uscendo da Unicredit aveva incassato 40 milioni di buonuscita togliendosi dalla scena, il finanziere bretone ora promette di dar battaglia. “La Financière de l’Odet (società con cui nel 2010 Bollorè comprò l’1% di Premafin investendo 20 milioni, ndr) desidera ricordare che le condizioni di incremento della partecipazione nel capitale di Premafin sono state in tutti i punti conformi alla legislazione in vigore”, riferisce una nota del gruppo francese che annuncia di fare appello contro la decisione della Consob al Tribunale di Milano.