Prima la mela sempreverde, adesso i pomodori viola. La novità dell’agricoltura bio-tech arriva dalla Gran Bretagna: i frutti geneticamente modificati al John Innes Centre and Sainsbury Laboratory vicino Norwich sono arricchiti di anti-ossidanti. Il pomodoro Ogm, in sostanza, si conserva meglio, ma non solo: contiene più antociani – i pigmenti presenti ad esempio in more e mirtilli, ottimi per combattere infiammazioni e tumori – rispetto all’omologo rosso. Pizze e salse sarebbero così ancora più salutari, dicono i ricercatori, oltre a durare di più e andare incontro alle esigenze commerciali. «Con questi pomodori è possibile assumere gli stessi pigmenti che sono presenti nei mirtilli e che sono responsabili dei benefici per la salute. In futuro, altri prodotti come questo, con alti livelli di proprietà utili per la salute umana, saranno disponibili su larga scala» ha spiegato Cathie Martin del John Innes Centre. Duemila litri di succo di pomodoro viola, ottenuto da 5mila metri quadrati di coltivazioni geneticamente modificate in Canada, sono dunque in arrivo in Gran Bretagna per verificarne le proprietà benefiche. Le prime sperimentazioni sono state fatte in Inghilterra ma poi è stata la canadese New Energy Farms, situata in Ontario, a sviluppare la produzione. Il Canada, infatti, ha regole meno restrittive sulla sperimentazione di Ogm. «La cosa più sorprendente» ha dichiarato Paul Carver, CEO di New Energy Farms «è la possibilità di fornire un elemento presente in natura in maniera più economica per i prodotti alimentari, i mangimi, i cosmetici, i coloranti alimentari e la farmaceutica». Il pomodoro viola è costato 900mila sterline, progetto finanziato dal 2002 principalmente con fondi europei per la ricerca. Il prodotto dovrebbe arrivare sul mercato statunitense entro due anni. Valicherà anche le frontiere dell’Europa? Di sicuro con tempi più lunghi. Sono sempre più forti infatti le manifestazioni contro le multinazionali titolari dei brevetti e le perplessità dei consumatori. La pummarola Ogm, ad esempio, non piacerebbe a 7 italiani su 10 che, secondo la Coldiretti, ritengono gli alimenti modificati meno sicuri di quelli tradizionali. A maggior ragione quando si tocca il prodotto simbolo della dieta mediterranea.