Il giornalista venne rapito sotto la sua abitazione nel capoluogo siciliano il 16 settembre 1970. Il procuratore generale Luigi Patronaggio aveva chiesto l’ergastolo. Secondo l'accusa il reporter fu ucciso perché aveva saputo del golpe Borghese e del coinvolgimento nel piano di Cosa nostra
Non è stato Totò Riina a volere il rapimento e l’omicidio del giornalista de L’Ora, Mauro De Mauro. Questa la sentenza della corte d’Appello di Palermo, che conferma l’assoluzione del capo dei capi avvenuta in primo grado. De Mauro venne rapito sotto la sua abitazione nel capoluogo siciliano il 16 settembre 1970. Il pg Luigi Patronaggio aveva chiesto l’ergastolo per il boss mafioso.
Il procuratore generale Luigi Patronaggio aveva chiesto la condanna all’ergastolo per Riina. Il giornalista era scomparso a Palermo il 16 settembre 1980. Al termine della sua lunga requisitoria, Patronaggio aveva indicato nella scoperta da parte del reporter del progetto di golpe del principe Valerio Borghese e del coinvolgimento nel piano di Cosa nostra la causa del delitto.
Secondo il pentito Francesco Di Carlo, che lo scorso 25 giugno, depose al processo il giornalista stato ucciso proprio perché era venuto a conoscenza del golpe. Di Carlo aveva raccontato di avere accompagnato Riina nell’abitazione del capomafia Giuseppe Giacomo Gambino per un summit tra boss qualche settimana prima del rapimento di De Mauro. Sia Riina sia il mafioso Stefano Bontande gli avrebbero raccontato che proprio nel corso di quella riunione, alla quale lui non avrebbe partecipato, sarebbe stato deliberato il delitto.
Di Carlo aveva anche precisato che in Cosa nostra non si parlava mai espressamente di omicidi. ”Dicevamo: – ha spiegato – risolviamo il problema, andiamo a parlarci e si capiva cosa intendevamo”. Il teste aveva invece smentito l’esistenza di un collegamento tra il delitto dell’ex presidente dell’Eni Enrico Mattei e il sequestro De Mauro, ma aveva precisato che ”all’attentato costato la vita a Mattei ci avevano pensato i catanesi”.