La Banca centrale tedesca consiglia di mettere mano ai capitali privati, mentre Argentina e Usa travolgono i mercati finanziari d'Europa. Moody's: "La svalutazione del peso non basta, Buenos Aires deve ridurre il deficit di bilancio". Piazza Affari paga anche i problemi locali del Banco Popolare e di Bpm
Torna lo spettro del prelievo forzoso. “In caso di bancarotta i Paesi europei devono prendere in considerazione l’imposizione di un prelievo una tantum sui capitali nazionali piuttosto che chiedere aiuti all’estero”, propone la Bundesbank nell’ultimo bollettino mensile. Secondo la Banca centrale tedesca, che nel corso della crisi del debito ha più volte sostenuto la linea dura contro l’acquisto di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea, non deriverebbero “rischi significativi” da una patrimoniale sui cittadini, che anzi difenderebbe il principio della responsabilità nazionale e permetterebbe la gestione più ordinata di eventuali casi di insolvenza. Il coinvolgimento dei contribuenti con un prelievo straordinario sui capitali privati, sottolinea l’istituto, è quindi “preferibile ai salvataggi”, anche se questo tipo di misura “non è priva di rischi e dovrebbe essere adottata solo in ultima istanza”.
La proposta choc della Bundesbank arriva in un momento particolarmente delicato per i mercati finanziari, con la tempesta argentina e i possibili riflessi delle politiche della Federal Reserve statunitense sui cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che travolgono le borse del Vecchio Continente. La valuta di Buenos Aires venerdì 24 è arrivata a perdere il 25% sul dollaro e secondo Moody’s la svalutazione parziale del peso decisa dal governo argentino per frenare la caduta delle riserve della banca centrale, non rappresenta “una panacea” e “non ridurrà la pressione” se non “accompagnata da “credibili e sostenuti sforzi per ridurre il deficit di bilancio” e l’inflazione. L’agenzia di rating rileva anche la mancanza di chiarezza su come il governo riuscirà a ristabilire la fiducia degli investitori, frenare la fuga dei capitali e tenere sotto controllo l’inflazione. Degli Stati Uniti invece preoccupa il graduale ritiro del programma di quantitave easing della Fed, che dal 2009 ha riversato sui mercati oltre 4.000 miliardi di dollari sui mercati e che potrebbe causare lo scoppio di bolle speculative nei Paesi emergenti.
E così la giornata sui mercati finanziari europei si è tinta di rosso. A Londra il Ftse100 di Londra ha terminato in rosso dell’1,7% a 6.550,66 punti, l’Ibex di Madrid è sceso dell’1,12% a 9.758,4 e il Dax di Francoforte ha perso poco meno di mezzo punto percentuale (-0,46%) a 4.144,56. Limita le perdite anche il Cac40 di Parigi che ha lasciato sul parterre lo 0,41% chiudendo a 4.144,56. Finale in calo per la Borsa di Milano (-0,44%), dove dominano le vendite sulle popolari, con un tonfo del 14,92% per il Banco Popolare, dopo che venerdì ha annunciato a sorpresa il varo di un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro, mentre Bpm (-5,6%) paga l’uscita definitiva dal capitale, anch’essa a sorpresa benché prevedibile, da parte del fondo Investindustrial di Andrea Bonomi. Tra le banche, poi, Intesa guadagna lo 0,78%, Unicredit cede lo 0,45%, mentre Mps lascia il 4,28%. Il Credito Valtellinese perde il 9,47%. Il Credem si muove in controtendenza e sale del 5,16%. Infine Luxottica dopo uno sprint sopra i due punti percentuali riduce i guadagni nel finale e chiude in rialzo dello 0,18 per cento.