“Abbiamo il paese ciliegiaro, questo senatore, il senatore che abbiamo, che abbiamo alla Camera, il paese di lui era mandamento nostro…’’. Passeggiando nel carcere di Opera con il detenuto pugliese Alberto Lorusso, il 18 novembre 2013, Totò Riina rievoca con nostalgia i fasti del mandamento di Corleone. Poi, tra i territori compresi in quello che fu il suo vecchio fortino, ricorda il paese delle ciliegie, Chiusa Sclafani e, senza mai farne il nome, cita il senatore che da quel paese proviene, Renato Schifani: è “il senatore che abbiamo – dice Riina, equivocando il ramo del Parlamento – che abbiamo alla Camera”. Lorusso, che sta ad ascoltare, non comprende il riferimento e replica: “Sciascia”. E Riina prosegue, facendo il Risiko dei paesi del Palermitano compresi nel “suo” mandamento: “Chiusa, Chiusa, Chiusa, Giuliano, tutti quei paesi là, Mezzojuso, Bisacquino. Uno, uno dei mandamenti più grossi era, non ce n’erano così grossi, troppo, 13 paesi, 13 e Corleone 14”.
Nelle intercettazioni depositate a Palermo, Riina torna a citare Schifani, come già aveva fatto sei anni fa, nel colloquio intercettato nella sala colloqui di Opera il 10 giugno 2008 quando, parlando con i suoi familiari, il boss si riferì in termini entusiastici all’ex presidente del Senato (“Schifani è una mente”) proprio nell’ambito di una conversazione su Chiusa Sclafani e le sue ciliegie d’oro, come lo stesso Riina le definiva. Diceva il capo dei capi di Cosa Nostra in quel colloquio con la moglie Ninetta Bagarella e la figlia Lucia: “Il paese di un senatore siciliano, il paese… di… uno di Chiusa Sclafani… un senatore… Forza Italia!. Il paese Chiusa Sclafani è del senatore Schifani”. Le due donne gli chiedevano: “Chiusa Sclafani?”. E Riina: “Sì, il paese del senatore”. Che a Palermo è indagato per mafia.
Proprio due giorni fa sono scaduti i 60 giorni di proroga concessi il 26 novembre scorso dal gip Piergiorgio Morosini, che aveva detto no all’archiviazione chiesta dalla procura per Schifani, da tre anni sotto indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. Così, dopo aver approfondito le sue presunte “amicizie pericolose” con i picciotti di Villabate e di Brancaccio, i pm Nino Di Matteo e Paolo Guido devono decidere in questi giorni se chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione del senatore che a novembre scorso ha battezzato a Palermo il Ncd siciliano, tra gli applausi di 400 alfaniani. Nato a Palermo, oggi presidente del Ncd, Schifani ha radici familiari a Chiusa Sclafani, dove ogni anno a giugno si tiene la sagra delle ciliegie e dove è nato suo padre Antonino, recentemente scomparso: ed è rimasto molto legato a quel luogo, tanto che il 21 aprile 2012, da presidente del Senato, inaugurò la caserma dei carabinieri a Chiusa Sclafani, ricordando pubblicamente i numerosi “colloqui intercorsi con il paese che ha dato i natali a mio padre”. L’ex presidente del Senato ha sempre negato le accuse di sette pentiti, che hanno raccontato i suoi presunti rapporti con la famiglia mafiosa di Brancaccio e con i boss del clan Mandalà di Villabate, a cavallo delle stragi del ’92, ma a luglio scorso, quando il gip rifiutò di archiviare l’indagine, non la prese bene: “Dopo tre anni – dichiarò – pensavo che il gip accogliesse la richiesta di archiviazione”. Morosini, invece, ritrasmise gli atti in Procura indicando come particolarmente rilevante, per provare eventuali rapporti di Schifani con la mafia di Villabate, l’audizione di Nino Giuffrè, capo del mandamento di Caccamo (Palermo), e quella di Giovanni Drago e Tullio Cannella, entrambi pentiti di Brancaccio, sulla presunta frequentazione tra Schifani e il boss Filippo Graviano.
Morosini aveva chiesto di approfondire ancora le dichiarazioni di Spatuzza che ha rivelato di aver visto Schifani, avvocato dell’imprenditore Pippo Cosenza, recarsi a piedi nel capannone di quest’ultimo, un fabbricato nel cuore di Brancaccio frequentato anche da Graviano. E infine, la procura aveva in programma di interrogare anche Giovanni Costa, un faccendiere palermitano arrestato a settembre a Santo Domingo: “Prima o poi – ha detto Costa – la verità su Schifani dovrò raccontarla tutta”.
Schifani ieri sera ha replicato alle agenzie: “Non ho mai fatto politica prima del 1996 e Riina mi risulta essere stato arrestato nel gennaio del 1993. Inoltre, è noto a tutti che sono nato a Palermo, dove ho studiato ed esercitato la mia professione. Questi sono i fatti. Purtroppo, come sempre accade in questo Paese c’è sempre qualcuno che tenta di intorbidire le acque”.+
Da Il Fatto Quotidiano del 28 gennaio 2014