Nelle sue intenzioni dovrebbe risolvere il problema della medicina difensiva e di un uso del contenzioso contro i medici spesso spregiudicato, che negli anni ha portato a premi assicurativi molto onerosi, strutture sanitarie che non si assicurano, e un numero ingente di cause che il più delle volte si concludono con l’assoluzione dei professionisti. Di fatto però il disegno di legge sulla responsabilità medica e sanitaria, da poco presentato dai senatori del Pd (primo firmatario Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli ordini dei medici) sarebbe troppo sbilanciato a favore dei medici, privando della tutela della salute e dei diritti il paziente danneggiato. Questo il parere di associazioni dei pazienti e giuristi che lo bocciano senza appello.
Il disegno di legge. Il testo presentato al Senato e assegnato alle commissioni Giustizia e Sanità, prevede l’istituzione di unità di prevenzione e gestione del rischio clinico, la responsabilità civile del medico solo per i casi di dolo e colpa grave (escludendo quindi la colpa lieve), e riduce da 10 a 2 anni il termine per esercitare l’azione di risarcimento. La responsabilità penale c’è solo in caso di dolo o colpa (quando cioè l’operatore, inosservante delle buone pratiche, con la sua condotta ha creato un rischio irragionevole ed inescusabile per la salute del paziente, causandone la morte o una lesione). Il cittadino può fare causa solo alla struttura sanitaria e non al medico, che però ha il diritto di poter intervenire in ogni momento del processo. La decisione del giudizio non fa stato nel procedimento disciplinare, mentre la struttura sanitaria può rivalersi sul medico al massimo per tre annualità della retribuzione, e ha l’obbligo o di assicurarsi contro la responsabilità civile o di costituire un fondo di garanzia su base regionale.
Le cifre del problema. Secondo il rapporto Ania 2013 le denunce contro medici e strutture nel 2011 sono state 31.400, in crescita del 200 per cento rispetto al 1994. Si stima che nel 2011 le assicurazioni abbiano incassato un miliardo dai premi, il 5,5 per cento in più rispetto al 2010. Inoltre, come spiega Cimo-Asmd (Coordinamento Medici Ospedalieri), oltre l’80 per cento dei medici, con più di 20 anni di servizio, ha avuto almeno una richiesta di risarcimento a fronte del 90 per cento di procedimenti conclusi senza rinvio a giudizio o con un’assoluzione.
L’accusa. Giuristi e associazioni sono piuttosto critici sul ddl. “Non condividiamo il termine di 2 anni per esercitare l’azione – commenta Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale dei diritti del malato – molto più breve dell’attuale di 10 anni, che garantisce di più i cittadini. Chi subisce un danno deve gestirlo e ha bisogno di tempo. Inoltre non crediamo che si debbano rivedere i profili della responsabilità penale e civile, già ampiamenti delineati dalla giurisprudenza”. Per Ersilio Secchi, esperto di responsabilità medica e consigliere della Corte d’Appello di Milano, si tratta di una “norma spiazzante, in odore di incostituzionalità, che fa compiere un salto indietro di 30 anni nella tutela del cittadino e della sua salute”. Impedire al paziente di portare in giudizio il medico, ma consentire a quest’ultimo di intervenire in qualsiasi momento “è molto parziale e lede il diritto alla difesa. Il cittadino deve poter agire in giudizio, sarà poi il giudice nel processo civile a far emergere l’eventuale speculazione”. Inoltre, con il termine di 2 anni, secondo Secchi, “si introduce una legislazione speciale per i medici, che però vorranno tutti i professionisti. Con questo testo si deresponsabilizza il medico e si lede il prestigio dell’attività medica, che tra l’altro è anche di routine, e non sempre ad alto rischio”.
La difesa. Amedeo Bianco ribatte alle accuse: “Il termine di due anni è stato previsto per garantire più celerità, e quindi maggior tutela al paziente. Definiamo meglio i comportamenti colposi sanzionabili. Non stabiliamo un diritto diverso per il medico, ma vogliamo che si tenga conto della natura altamente rischiosa della sua attività”. Quando al fatto che il medico risponde solo per la colpa grave, “sarà il giudice a stabilire se l’errore integra una colpa lieve o grave, stante comunque il riconoscimento del danno al paziente. Non vogliamo l’impunità, ma un clima diverso in cui lavorare”.