L'allarme arriva dagli abitanti della zona già colpita dal sisma 2012 e dall'esondazione del Secchia: "La costruzione dell'autostrada regionale di 67 chilometri potrebbe rendere ancora più tragica la situazione in caso di piena". Interrogazione in Regione
I rischi non riguardano solo eventuali terremoti dopo quelli del 2012. Se ci fosse stata l’autostrada Cispadana già costruita, in caso di alluvione in provincia di Modena come quella delle scorse settimane, la situazione sarebbe potuta essere ancora più drammatica. A dirlo sono gli stessi cittadini dei paesi della Bassa che potrebbero presto vedersi costruire davanti alle loro case la lingua di asfalto di 67 chilometri fortemente voluta dalla giunta regionale di Vasco Errani. Ma la notizia è un’altra: l’allarme non arriva oggi, dopo le piene, ma era stato lanciato settimane prima dell’inondazione che ha messo in ginocchio quelle zone. Basta andare a spulciare tra le decine di lettere inviate al ministero dell’ambiente per leggere il presagio del disastro di gennaio.
Questo infatti fino allo scorso 11 gennaio 2014 aveva ricevuto le osservazioni di cittadini e associazioni, rivolte come previsto dalla legge, alla commissione per la Via, la Valutazione di impatto ambientale. Prendiamo alcuni stralci. Un cittadino di Cento in provincia di Ferrara, lo scorso 17 dicembre 2013 scriveva: “In caso di forti e persistenti precipitazioni e a causa della sua sopraelevazione, l’autostrada potrebbe produrre un ‘effetto barriera o diga’ per gran parte dei quasi sei chilometri di tracciato a ridosso del Po e incrociando tutti i fiumi affluenti (come il Panaro e il Secchia, protagonisti delle inondazioni di gennaio, ndr) che scendono dall’Appennino soggetti a piene disastrose ed esondazioni. Aumenterà il rischio alluvione su vasti territori e lo stesso dissesto idrogeologico”. Luigi Donini, un agronomo consulente dell’università di Bologna, in una lettera inviata al ministero il 27 dicembre 2013, contesta che gli studi effettuati da Arc (il consorzio concessionario dell’opera, formato da Autobrennero, dalla cooperativa rossa Coopsette e dall’impresa Pizzarotti di Parma), sono stati effettuati prendendo come buoni i dati di un anno siccitoso: “Del resto tutta l’area ricca di canali artificiali, alcuni vecchi di secoli, è sempre stata oggetto di variazioni climatiche che hanno arrecato frequenti alluvioni ed esondazioni con allagamenti estesi”. Poi l’agronomo Donini scrive: “Basta vedere sulla media dei 50 anni quale è il rischio esondazione dei fiumi Reno, Panaro e Secchia”.
Quindi lo studioso lancia un avvertimento: “Per una migliore valutazione di impatto dell’opera sarebbe utile allegare studi meteorologici di lungo periodo”. Il 6 dicembre 2013, Nelson Zagni uno degli animatori del comitato No Cispadana, aveva anch’egli inviato al ministero dell’ambiente una lettera con allegato un articolo di giornale che ricordava la piena a Finale Emilia nel 1982: “Il nostro territorio – scrive Zagni alla commissione Via – è percorso dai fiumi Panaro e Reno, che negli ultimi decenni hanno avuto varie esondazioni. (…) Il progetto della Cispadana prevede che l’autostrada sia realizzata a un’altezza di 2,5 metri dal piano campagna e ciò creerebbe un argine di contenimento delle acque nelle zone allagate in precedenza”. La stessa associazione Legambiente, nei suoi pareri inviati alla commissione Via nel marzo 2013 ha segnalato gli studi mancanti sul tema delle eventuali alluvioni: “Il progetto non prende in considerazione l’effetto dell’asse autostradale sul regime superficiale di deflusso delle acque, soprattutto nei casi estremi di esondazione. (…) La realizzazione prevista in rilevato aggrava la situazione di drenaggio naturale e soprattutto nei casi specifici di eventi estremi introducendo un pericoloso effetto diga”. Presto si saprà se la commissione Via (la stessa finita al centro di una inchiesta con coinvolto anche la procedura della Cispadana) darà l’ok e l’iter della Grande opera potrà proseguire.
Intanto, sul fronte politico, Andrea Defranceschi, consigliere regionale del Movimento 5 stelle, sul legame tra le grandi opere – presenti (come la linea del Tav o il metanodotto) e future (come la Cispadana) – e le alluvioni nella zona della Bassa, ha presentato una interrogazione in consiglio regionale: “Gli accertamenti prima di far partire un progetto devono tenere conto delle situazioni di emergenza e delle conseguenze di eventuali e probabili calamità naturali sul territorio di cui si vanno ad alterare gli equilibri”.