Martina, 27 anni, si è trasferita a Istanbul. E' specializzata in tecnica vocale e improvvisazione. "Se fossi rimasta in Italia, avrei continuato a fare l'insegnante di canto senza prospettive di carriera, per trovarmi fra vent'anni allo stesso punto"
“I miei genitori mi hanno portata al primo corso di musica quando avevo tre anni. Ora ne ho 27, e non ho mai smesso”. Martina Pavone, milanese ad Istanbul, è una professionista poliedrica: musicista, insegnante, cantante, compositrice, performer, talent scout. Si è inventata una professionalità, su cui tutta la sua famiglia ha investito energie: “L’Italia non offre un percorso per i musicisti, o più in generale per gli artisti. Si va avanti a suon di scuole private. Mio padre, tassista, ha lavorato la notte per dieci anni per permettermelo”. Sono stati anni di sacrifici che hanno portato buoni risultati: “A sedici anni ho iniziato a lavorare come assistente nella scuola di musica in cui studiavo. Finito il liceo avevo già le mie classi. Nel frattempo ho studiato danza, teatro, musical e jazz, tutto quello che poteva essermi utile per diventare un’artista completa”.
Martina si è dedicata al suo investimento anima e corpo: “Ho scelto di non iscrivermi all’università solo perché farla era di moda. Per piacere personale avrei studiato filosofia, ma ho preferito puntare su questa strada. In Italia risulto fra i fortunati che vivono di cultura, ma brava o non brava di certo sono una gran lavoratrice. Ora sono performer e insegnante specializzata in tecnica vocale e improvvisazione, e posso fare spettacoli ed organizzare eventi. Visto che non arriva il discografico di turno a crearti una carriera, negli anni ho capito che dovevo farlo io, diventando manager di me stessa”.
A maggio 2013 Martina va ad Istanbul quasi per caso, chiamata con il suo gruppo teatrale ad un festival internazionale. “Non volevo neppure andarci, ero piena di pregiudizi e pensavo che andare in Turchia non mi sarebbe servito. Arrivata lì mi sono completamente innamorata di questa città, come se ci avessero separate alla nascita. La sua umanità e bellezza, i suoi profumi e suoni mi hanno folgorata”.
A giugno Martina fa i bagagli e si trasferisce. Nel giro di pochi mesi, con il suo entusiasmo, riesce a crearsi degli agganci, dei primi lavori: “Ho iniziato ad insegnare nel teatro che aveva ospitato il mio gruppo al festival. Ora lavoro anche con il Circolo Roma di Istanbul, l’associazione della comunità italiana della città. Mi hanno chiesto di dirigere il coro e aiutare con la promozione di eventi. Sono talent scout per Musicraiser, un crowdfunding italiano che stiamo pensando di aprire anche in Turchia, faccio spettacoli e concerti, curo il mio blog e aiuto un teatro di improvvisazione a farsi strada”.
Martina è un vulcano in piena che non lesina il suo contributo anche in Italia. A Milano torna periodicamente per seguire i progetti di “Quindiquando”, associazione di cui è presidente. “Ora siamo in scena in un teatro di Milano con lo spettacolo ‘Cats e gli altri gatti pratici dei Navigli‘. Ho scelto di continuare a lavorarci anche da Istanbul, è un gruppo che ho visto nascere e a cui sono estremamente affezionata”. Nonostante la nostalgia per la famiglia, Martina ama pensare ad un futuro in Turchia: “É un miscuglio cosmopolita affascinante. Amano la musica, e la coltivano fin da piccoli. Le mie lezioni sono apprezzate perché la musica turca è molto diversa da quella occidentale: non ha scale e tonalità. Come insegnante sono rispettata, e quando dico che insegno canto nessuno mi chiede quale sia il mio ‘vero’ lavoro oltre a questo, come succede invece in Italia. Certo, la Turchia non è solo Istanbul, non ha sentieri lastricati d’oro e non è tutto facile. Però c’è speranza, e la speranza ti dà futuro. Ci sono investimenti e amore per la cultura”.
Eppure Martina non è andata via perché non trovava lavoro in Italia, era anzi inserita in una realtà professionale. “Non è facile andare via, ma a 27 anni hai il diritto di guardare al futuro, di voler essere serena, di desiderare una famiglia. Da noi c’è una concorrenza brutale per prendere quattro soldi a serata, e solo a Milano negli ultimi tre anni hanno chiuso più di cento realtà dove si fa musica dal vivo. Se restassi, continuerei a fare l’insegnante di canto senza prospettive di carriera, per trovarmi fra vent’anni allo stesso punto. Allora so che dipende da me. Ho trovato una città che mi regala più stimoli, ed ho scelto. Ognuno cerca il suo spazio nel mondo, per essere felice a modo suo”.