Figli di papà – o meglio, di mamma – che scalano in tempi record i vertici della sanità pubblica. Casi d’incompatibilità, amici ripescati, ex che ritornano, persino condannati dalla Corte dei Conti: c’è un po’ di tutto nel pool dei manager nominati da Nicola Zingaretti. Sono pronti 12 incarichi su un totale di 21 direttori generali: siamo alla prima infornata. Ma è necessario fare un passo indietro. Dieci mesi fa, appena eletto, Zingaretti – “in nome della trasparenza e della competenza” – decide di bandire un concorso per la selezione dei futuri manager del Lazio. Affida all’Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) il compito d’indicare i migliori in tutta Italia: un’apposita commissione esterna, formata da soggetti indipendenti, selezionerà una short list di 50 nomi. Precisando che, anche gli idonei, seppur non ricompresi nella short list, possono essere nominati. Si arriva così alla prima rosa dei nuovi manager. A fine ottobre viene pubblicato l’elenco degli idonei, sono 581, mentre a gennaio – qualche giorno prima degli incarichi – viene resa pubblica anche la lista ristretta. Ma i consiglieri regionali del Movimento cinque stelle e Fabrizio Santori del gruppo misto, su alcune nomi denunciano delle irregolarità. “Ho agito nel segno dell’innovazione – ribatte Zingaretti attraverso il suo ufficio stampa – e le critiche mosse dai consiglieri del M5S e da Santori sono assolutamente strumentali. Verifichiremo comunque tutto con la massima attenzione: se vi sono irregolarità valuteremo”. Analizziamole caso per caso.
Parentela sospetta
Partiamo dal caso di Fabrizio D’Alba. È stato proposto da Zingaretti per dirigere la Asl Roma H (Castelli romani). Per i consiglieri regionali del Movimento cinque stelle e Fabrizio Santori del gruppo misto, D’alba non possiede i requisiti. E potrebbe trattarsi di una possibile parentopoli. I consiglieri riscontrano l’irregolarità partendo proprio dalla normativa regionale, targata Zingaretti, che prevede – come requisito fondamentale – l’esperienza quinquennale nella direzione d’una struttura ospedaliera complessa. “Il Dottor D’Alba – segnalano i consiglieri – nel suo curriculum ne dichiara solo due”. Ilfattoquotidiano.it ha verificato che nel curriculum di Fabrizio D’alba appaiono diverse esperienze in strutture ospedaliere come dirigente amministrativo. E soltanto dal 2012 a oggi risulta aver ricoperto l’incarico di direttore amministrativo del San Camillo Forlanini di Roma. D’altronde D’Alba – classe 1973 – è il più giovane direttore generale tra quelli proposti dal Governatore. Ed è figlio di Elda Melaragno che, per oltre un decennio, è stata al vertice del Dipartimento Sanità della Regione Lazio.
Madre e figlio sono citati in una memoria di Anna Iannuzzi, nota come “Lady Asl”, che nel 2006 alla procura che indagava sullo scandalo Sanità, scrive: “Ricordo anche che la Paccapelo mi consigliò di affidare una consulenza informatica al figlio della Melaragno, Fabrizio D’Alba (…). Poiché tale richiesta mi veniva da persona molto influente, quale è la Paccapelo, ho ceduto a questa richiesta e ho versato al figlio della Melaragno 10 milioni (così nel testo originale, ndr) al mese da agosto a novembre 2005 (…) anche se, di fatto, il lavoro dallo stesso effettuato non veniva da noi utilizzato”. Sulla vicenda Lady Asl, però, né Elda Melaragno né Fabrizio D’Alba risultano coinvolti.
I manager incompatibili
Tra i casi più discussi c’è quello di Isabella Mastrobuono, direttore sanitario della Fondazione Tor Vergata, il cui presidente è proprio Zingaretti. È stata proposta come direttore generale per l’Asl di Frosinone. Secondo i consiglieri della Pisana non potrebbe ricoprire l’incarico per due ragioni. La prima: la sua nomina sarebbe in contrasto con la legge che nega a chi nei due anni precedenti “abbia ricoperto cariche in enti di diritto privato, regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale”, la possibilità di diventare direttore generale. E la fondazione policlinico Tor vergata è un ente di diritto privato. La seconda: è stata Sub Commissario del Molise e quindi risulterebbe incompatibile con la nomina che non può essere conferita “a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano esercitato la funzione di Presidente del Consiglio dei Ministri o di Ministro, Viceministro o sottosegretario nel ministero della salute o in altra amministrazione dello Stato”.
Infine un particolare: la Mastrobuono è stata assolta recentemente dal processo che la vedeva accusata di abuso d’ufficio per essersi aumentata il proprio stipendio oltre i limiti previsti dalla legge. Per questo reato, dopo il rinvio a giudizio, aveva chiesto il patteggiamento. In base alle stesse norme, peraltro, Zingaretti ha bloccato la nomina di Luigi Macchitella per la direzione della Asl di Viterbo. Il motivo: avrebbe avuto, fino al 31 marzo 2013, un rapporto di lavoro con l’Icot (Istituto chirurgico ortopedico traumatologico) di Latina che, a tutti gli effetti, risulta una struttura privata convenzionata con la Regione Lazio. Il suo caso – denuncia Santori in un’interrogazione – rientrerebbe in una fattispecie simile al caso Mastrobuono.
L’amico ripescato
Vitaliano De Salazar sarà il manager dell’Asl Roma B. Un passato da direttore generale dell’Ospedale Spallanzani, del Sant’Andrea e dell’Ares 118, è l’unico dei nominati non presenti nella short list. È stato ripescato dall’elenco dei 581 risultati idonei. In questo caso non c’è alcuna violazione, perché la legge regionale dà ampio potere discrezionale al Presidente del Lazio, che può scegliere anche chi non è nel “listino”. Ma i Cinque stelle domandano: “A cosa è servito affidare la selezione ad un’Agenzia esterna se poi si devono indicare persone che si desidera come De Salazar?”. “L’Agenas – replica l’ufficio di stampa di Zingaretti – ha soltanto il compito di suggerire dei nomi. Le nomine spettano solo al presidente della Regione Lazio”.
Il manager che non voleva tagli
La sedia più alta dell’azienda Roma G è stata assegnata a Giuseppe Caroli, di Modena, fino al 31 maggio direttore generale dell’Asl cittadina. Di lui i consiglieri pentastellati raccolgono un aneddoto interessante: la sua strenua opposizione all’iniziativa della giunta Errani che voleva ridurre il premio di produttività di tutti i direttori generali della sanità emiliano romagnola dal 17 al 15 per cento. “Si è ribellato perché voleva il premio per intero”.
Due pesi e due misure
“Zingaretti ha parlato di merito, di nomine integerrime e ci ritroviamo tra i nominati anche Ilde Coiro che è stata condannata in via definitiva dalla Corte dei conti per danno erariale?”. I consiglieri attaccano anche questa nomina. Fu nominata – da Pietro Marrazzo – direttore generale dell’Asl di Latina dal 2007 al 2010. Dopo un passaggio come direttore amministrativo all’Asl Roma C, ora si prepara per guidare il San Giovanni, uno degli ospedali strategici della Capitale. Nel documento dei cinque stelle, la Coiro viene descritta come una donna molto vicina al vecchio Pd romano. Rinviata, invece, la decisione sull’incarico di Luigi Macchitella all’Asl di Viterbo. Anch’egli vicino al Pd, è stato condannato in primo grado dalla Corte dei conti a pagare 75mila euro per danno nei confronti dell’Usl di Foligno che ha diretto fino al 2003.
Galassia Pd
E intorno al Pd, secondo i consiglieri del M5S, orbitano anche altri neo manager della sanità laziale. Tra questi – si legge nel documento dei consiglieri – anche “Carlo Saitto, nominato all’Asl Roma C, direttore amministrativo nell’era Marrazzo sotto la direzione di Ilde Coiro nell’azienda sanitaria pontina; Vincenzo Panella alla Asl D, Giuseppe Quintavalle a Civitavecchia, vicino all’ex sindaco Pietro Tidei. Michele Caporossi, marchigiano con un passato da assessore al comune di Ancona in una giunta di centrosinistra, scelto per la Asl di Latina”. E infine ritorna Vitaliano De Salazar che “ha accompagnato Michele Baldi della Lista Civica Zingaretti in tutta la sua campagna elettorale”.