Giuliano Grizi se n’è andato in punta di piedi, a 85 anni. È uscito di scena in silenzio, dopo una vita vissuta in silenzio. Chi oggi ricorda il suo nome? Chi sa chi è stato, che cosa ha fatto? Eppure Grizi è stato il pretore che ha cambiato la storia d’Italia, aprendo la strada alla “libertà d’antenna”, come si diceva allora, cioè alla fine del monopolio televisivo della Rai e alla nascita delle tv private.

Veniva dalle Marche, uomo riservato di cultura liberale, ed era arrivato a fare il pretore a Biella. La sorte volle che proprio a Biella nascesse la prima televisione via cavo in Italia, impiantata da quel pazzo di Peppo Sacchi, che oltre all’avventura televisiva cominciò nel 1972 anche una guerra giudiziaria per affermare il suo diritto a trasmettere.

La sua tv si chiamava Telebiella ed era nata in anni in cui era impensabile scalfire il monopolio Rai. Nel 1960 la Corte costituzionale aveva ribadito la legittimità del monopolio pubblico, sostenendo che dare ad altri la possibilità di trasmettere programmi televisivi, dato che le frequenze erano limitate, avrebbe prodotto il rischio di un accentramento monopolistico della tv in mani private. Visto come sono andate le cose, la Consulta ci aveva preso. Ma non era la strada obbligata.

Comunque in quegli anni Silvio Berlusconi faceva ancora il palazzinaro, mentre Peppo Sacchi voleva fare la tv. La legge dice che trasmettere nell’etere è riservato solo al monopolio pubblico? E io trasmetto via cavo, risponde Sacchi, mettendo su la sua Telebiella.

La Rai protesta, la politica s’allarma, un provvidenziale esposto arriva sulla scrivania del pretore di Biella: Giuliano Grizi, appunto. L’uomo di legge consulta il codice postale, varato nel 1936, che effettivamente proibiva ai privati l’utilizzo del cavo per diversi tipi di trasmissioni, telefonia in primis. Nell’elenco delle cose proibite, però, la tv non c’era, anche perché nel 1936 non era ancora stata inventata.

Grizi la risolve così: in una norma penale non è ammessa l’analogia, dunque se la tv non è citata, non è neppure proibita. Quindi è lecita. Telebiella può trasmettere.

Apriti cielo. Il partito trasversale del monopolio insorge. Il governo vara un testo unico che risolve il problema imponendo un’autorizzazione per qualunque forma di trasmissione. La polizia postale denuncia allora Sacchi, contro il quale si apre un procedimento penale davanti al pretore Grizi. Telebiella gioca la carta della libertà e organizza una seratona televisiva con ospite d’onore Enzo Tortora. La mattina dopo, la polizia postale va a sigillare gli impianti.

Ma al processo, l’avvocato Alberto Dall’Ora solleva un’eccezione di incostituzionalità. E il pretore, invece di cestinarla, la ritiene ammissibile e la presenta alla Consulta. Nel 1974, la Corte si pronuncia: la scarsità delle frequenze via etere non può essere invocata per giustificare il divieto di trasmettere via cavo. Telebiella ha vinto e, in giro per l’Italia, molti provano a seguire il suo esempio. È il primo colpo al monopolio televisivo dei partiti di governo. Poi la storia si complicherà, la battaglia si allargherà anche alle trasmissioni via etere. Arriverà Berlusconi, che si offre a Bettino Craxi come colui che può scardinare definitivamente non solo il monopolio democristiano, ma anche la lottizzazione contingentata della Rai. Intanto Silvio offre a se stesso il monopolio della tv commerciale e della pubblicità televisiva, che dopo la fine di Carosello esplode.

Ma questa è un’altra storia, che non può essere imputata al silenzioso pretore di Biella che ha aperto la strada, se non al pluralismo, almeno alla modernizzazione del sistema.

@gbarbacetto

Il Fatto Quotidiano, 30 Gennaio 2014

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